venerdì 24 ottobre 2008

PENSAVANO DI AVERCI TRASFORMATI TUTTI IN ASPIRANTI VALLETTE E TRONISTI.

Il titolo riproduce uno dei tanti striscioni portati in giro dagli studenti che in questi giorni stanno riempiendo con la loro proteste le città ed i media.

Lo si riprende dall’odierna edizione on-line della Stampa di Torino.

E’ emblematico perché svela l’imbuto culturale in cui per anni, ma forse non sarebbe azzardato dire: per un paio di decenni, si è tentato di canalizzare l’idea di un progetto di futuro per se stessi dei giovani, che in mancanza d’altro stavano davanti ad uno schermo televisivo.
Uno stile di vita, dominato dall’edonismo e dall’arrivismo.

I dati ufficiali, che lo stesso giornale definisce palesemente inadeguati, parlano di trecento manifestazioni organizzate, di 150 scuole e 20 facoltà occupate in tutta Italia.

Queste migliaia di studenti che stanno diventando i protagonisti di una nuova stagione di speranze,
iniziano a riprendersi in mano il loro futuro, cominciano a raccontare al pubblico più vasto la realtà di un paese che deve ritrovarsi e ripartire.

Lo fanno attraverso parole semplici, discorsi diretti non mediati da opportunismi politici o altro:

"Sai cosa c'è? Alla fine uno si rompe le balle di avere paura. Ho 22 anni e vivo ogni giorno a sotto ricatto. Paura di non farcela a riscattare tutti i crediti, del contratto da precario in scadenza, di non poter più pagare l'affitto e le bollette e dover tornare dai miei, di non trovare un vero lavoro dopo la laurea.

Campo a testa china e tiro avanti sperando che domani sia migliore. . Non mi spaventa nulla, sono stufo.
Dice un altro: ” Insomma, qui non c'entra la politica, c'entra la vita. Il mio futuro, quello di Francesco, Vanessa, Ilaria...".

"La mia vita attuale è questa. Studio come un pazzo per finire in fretta e bene, lavoro in un call center, dormo in una camera a 500 euro al mese. E sopporto pure che un Padoa- Schioppa o un Brunetta o una Gelmini mi diano del bamboccione o del fannullone.

Ma non che taglino i fondi all'università per fare affari con l'Alitalia etc…..la crisi io non la pago. Questa settimana di proteste è stata la più bella esperienza di questi anni. Si respira, si parla, si discute dei sogni, del futuro. Penso sia un mio diritto.

…lavoro in un call center dove il mio vicino di scrivania cambia sempre, a ogni turno, senza contare che abbiamo tutti le cuffie e non c'è neppure la pausa caffè. In questi giorni ho alzato la testa, mi sono guardato intorno, ho conosciuto studenti da tutta Italia, mi sento vivo".

Scrive Curzio Maltese di Repubblica:
“E' un rivolta di bravi ragazzi, della nostra meglio gioventù. Non è una rivolta contro i padri….. ma di giovani che prendono sul serio le parole dei padri. Vogliono studiare, uscire di casa, fare carriera per meriti e non per conoscenze, crescere insomma e scoprono che in Italia non è possibile. Non è possibile per un giovane essere "normale".

Da qui la rabbia di questi ragazzi miti. Anche un po' secchioni. Luca e altri, con Francesco e Vanessa, ieri ospiti di Santoro, hanno tirato l'alba a studiare la legge Gelmini nei minimi particolari.

"La legge …. , mi spiegano, "taglia i fondi per la ricerca, che in Italia è l'uno per cento del Pil contro il tre della media europea e del trattato di Lisbona. Riduce il numero dei ricercatori che da noi sono tre ogni mille abitanti, contro l'obiettivo di otto. Non taglia le sedi universitarie, che in Italia sono 115, più di una per provincia, con decine di corsi frequentati da un solo studente. Soltanto Roma ha sedi decentrate a Civitavecchia, Rieti, Pomezia: Ma quelle rispondono a interessi clientelari".

Dice Ilaria:
"Non che m'interessi più di tanto, perché fra un anno vado in Inghilterra. Però mi sembra giusto dirlo, protestare finché si può".


Ed il giornalista aggiunge che il Dipartimento di Fisica, quello di Fermi e Amaldi, è il fiore all'occhiello della gloriosa e ormai sfasciata Sapienza. E' quarta nelle classifiche europee, fra le prime dieci del mondo, dentro un'università che non compare neppure fra le prime cento. La fuga dei cervelli all'estero è la norma e cresce di anno in anno.

Un docente:

“Qui stanno dismettendo l'istruzione pubblica, un pezzo per volta. E' una cosa mai successa in nessuna parte del mondo civile. Negli Stati Uniti, il paese più malato di iper capitalismo, l'università pubblica rimane ancora fortissima. Uno studente di Fisica può scegliere di pagare quattromila dollari a Berkeley o quarantamila a Stanford, ma la qualità è la stessa, alla fine si spartiscono lo stesso numero di premi Nobel. Per non parlare dell'Europa. Qui invece fra pochi anni l'istruzione pubblica, di questo passo, sarà relegata alla marginalità, alla serie B.

Fonte: i siti di La Repubblica e La Stampa di oggi

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