venerdì 6 giugno 2008

IL NOSTRO BLOG

Oggi 6 giugno, a quasi cinque mesi dal suo inizio, chiude questa prima fase sperimentale del blog del centro Mori.

Iniziato ai primi di gennaio con l’idea di un ‘luogo di discussione’ il blog è proseguito in direzione diversa aprendo a riflessioni e finestre su realtà ed esperienze, magari lontane da qui, ma vicine e da un punto di vista culturale e da quello delle finalità della nostra associazione.

Le letture dei contributi pubblicati sono state monitorate costantemente e si è rilevato un numero regolare ed accettabile delle ‘visite’.

Si apre ora una fase di riflessione sia per chi scrive, sia per chi ha letto quanto si è ritenuto di pubblicare.

Se non ci saranno disposizioni diverse, l’intenzione è quella di riprendere a settembre. Nel frattempo si continuerà ad inserire materiale e nello ‘spazio giovani’ e nel link degli ‘approfondimenti’.

Con l’occasione si ringraziano tutti coloro che hanno contribuito attivamente a sostenere questa esperienza e si chiede ai ‘lettori’ di mandare, se lo ritengono, una loro valutazione, la più critica possibile, del blog all’indirizzo giaanbi@tiscali.it

Per questo contributo un grazie anticipato.

giovedì 5 giugno 2008

GIOVANI E CASA

Farsi una casa per un giovane sembra con gli stipendi attuali poco meno di un’utopia.
Cifre di 250.000 -280.000 E. per appartamenti di 120 m.q. appaiono irraggiungibili per chi prende 1000/1200 E. al mese.

Una Ong che da vent’anni costruisce scuole, ospedali e case nei paesi poveri del mondo lancia ora la proposta del ‘fai da te’.

Chi volesse, per un paio di anni, rinunciare ai sabati, alle domeniche ed alle vacanze impegnandosi in lavori di muratura, falegnameria,carpenteria e condutture elettriche può giungere ad ottenere la tanto desiderata dimora.

La parola d’ordine è ‘autocostruzione’.

La Ong si chiama ‘Alisei’ ed Ottavio Tozzo, che ne è architetto e presidente, spiega che
«In paesi come l’Olanda, la Svezia, la Danimarca, la Germania, la Gran Bretagna, l’ Irlanda, nasce così il 25% dell’edilizia popolare, da noi tranne alcune esperienze isolate, non ha ancora preso piede».

La proposta vale soprattutto per quei nuclei familiari che hanno redditi medio-bassi, in altre parole sono abbastanza abbienti da essere esclusi dalla possibilità di ottenere alloggi popolari, ma contemporaneamente non giungono a un reddito che consenta loro di pagarsi la casa a prezzi di mercato.

Come si procede?

L’idea è semplice: raggruppare un certo numero di famiglie in cooperative, trovare un terreno e ottenere il permesso di costruire, sbloccare piccoli prestiti bancari a tasso fisso e il lavoro manuale lo fanno i futuri proprietari.

La Ong fornisce il progetto e mette a disposizione ingegneri, architetti e geometri che formeranno i muratori della domenica con un corso preparatorio e seguiranno il lavoro in tutte le sue fasi.

Il compito della cooperativa consiste nel convincere i comuni a destinare al progetto una parte delle aree destinate ad edilizia popolare.

Un regolamento prevede che può partecipare alla cooperativa chi un reddito tra i 18.000 e i 30.000 euro, nessun appartamento già in proprietà, e sia disponibile a dedicare almeno venti ore alla settimana al lavoro.

I Comuni non hanno nessun onere: le risorse vengono da mutui ipotecari erogati da banche che condividono il progetto, Banca Etica in prima fila, con la quale Alisei ha stipulato una convenzione nazionale. Nessun anticipo, i proprietari delle case cominceranno a pagare le rate del mutuo, circa 450 euro, pari a un medio affitto, solo una volta entrati

Le prime case autocostruite sono nate in Umbria, nel marzo del 2004, grazie a una collaborazione con la Regione, nei comuni di Perugia, Terni e Marciano. L’esperimento si è presto esteso a Veneto, Friuli, Toscana, Lombardia ed Emilia Romagna.

Tra alloggi costruiti e in via di costruzione, sono 600 le case fai da te nate in due anni. Costo finale attorno ai 75.000 E.

Interessante una condizione che la Ong pone; il gruppo deve essere misto, metà italiani e metà stranieri immigrati.

Il Presidente spiega che “l’autocostruzione ha il vantaggio di essere anche un efficace strumento di integrazione sociale, nei due anni di lavoro comune, il gruppo impara a convivere, anche a litigare naturalmente, come in tutte le famiglie”.

Italiani, senegalesi, iracheni, albanesi, peruviani, uniti dal comune sogno della casa, imparano a rispettarsi e a conoscersi.

Da L’Unità del 4.6.08

mercoledì 4 giugno 2008

PAGARE L'AFFITTO

Carmagnola è un comune della provincia di Torino.
A fine maggio sono scaduti i termini per la presentazione delle domande del contributo per sostenere le spese di affitto, che la regione Piemonte assegna alle famiglie bisognose.

La sorpresa è venuto dal numero delle richieste che passa da 343 a 509 con un aumento quindi di quasi il 50 per cento.

Fabrizio Ottenga, assessore alle politiche sociali afferma che i” dati sono preoccupanti. Non parliamo di un aumento delle richieste che prosegue lineare di anno in anno, ma di un boom improvviso che pochi avrebbero potuto prevedere”.

A far maggiormente riflettere su questi dati è il fatto che per aver diritto di presentare domanda bisogna avere un reddito inferiore a 11.117 E. annui per una persona, oppure 18.515 per nuclei di due persone e 22.588 per tre.

Se ne evince che non è solo il costo dei beni di prima necessità, di cui tutti ci stiamo purtroppo accorgendo, ad impoverire molte famiglie.

E’ pure in aumento il numero di quelle che non riescono ad avere introiti minimi annuali medio bassi e devono pertanto aggrapparsi a qualsiasi sostegno possibile per tirare avanti.

In altre parole nuclei in cui qualcuno ha perso il posto di lavoro o qualcun altro non lo trova.

Quale il significato del dato sul piano regionale o nazionale.?

Per l’assessore, che afferma di non voler apparire pessimista, è facile pensare, in attesa dei prossimi riscontri, che” ci siano situazioni analoghe, se non addirittura peggiori un po’ per tutta l’area torinese”.

F. Ottenga tiene a specificare ancora che non sta parlando “di problemi locali, ma di un disagio avvertito a livello nazionale”.

La preoccupazione dell’amministratore va alla capacità della regione di finanziare in modo adeguato le richieste presentate.

Non viene esclusa la possibilità che il Comune possa intervenire con contributi propri.

La conclusione che si trae dalla lettura di questi dati è che la realtà economico-sociale di quello che viene chiamato ‘il ricco Nord’ o quanto meno una delle regioni più sviluppate del nostro paese sta prendendo l’aspetto di un progressivo deterioramento.

Questo forse aiuta a capire di più le cause di un’esasperazione esistenziale che poi può facilmente sfociare in episodi di intolleranza.
Da La Stampa del 3.6.08


















Carmagnola è un comune della provincia di Torino.
A fine maggio sono scaduti i termini per la presentazione delle domande del contributo per sostenere le spese di affitto, che la regione Piemonte assegna alle famiglie bisognose.

La sorpresa è venuto dal numero delle richieste che passa da 343 a 509 con un aumento quindi di quasi il 50 per cento.

Fabrizio Ottenga, assessore alle politiche sociali afferma che i” dati sono preoccupanti. Non parliamo di un aumento delle richieste che prosegue lineare di anno in anno, ma di un boom improvviso che pochi avrebbero potuto prevedere”.

A far maggiormente riflettere su questi dati è il fatto che per aver diritto di presentare domanda bisogna avere un reddito inferiore a 11.117 E. annui per una persona, oppure 18.515 per nuclei di due persone e 22.588 per tre.

Se ne evince che non è solo il costo dei beni di prima necessità, di cui tutti ci stiamo purtroppo accorgendo, ad impoverire molte famiglie.

E’ pure in aumento il numero di quelle che non riescono ad avere introiti minimi annuali medio bassi e devono pertanto aggrapparsi a qualsiasi sostegno possibile per tirare avanti.

In altre parole nuclei in cui qualcuno ha perso il posto di lavoro o qualcun altro non lo trova.

Quale il significato del dato sul piano regionale o nazionale.?

Per l’assessore, che afferma di non voler apparire pessimista, è facile pensare, in attesa dei prossimi riscontri, che” ci siano situazioni analoghe, se non addirittura peggiori un po’ per tutta l’area torinese”.

F. Ottenga tiene a specificare ancora che non sta parlando “di problemi locali, ma di un disagio avvertito a livello nazionale”.

La preoccupazione dell’amministratore va alla capacità della regione di finanziare in modo adeguato le richieste presentate.

Non viene esclusa la possibilità che il Comune possa intervenire con contributi propri.

La conclusione che si trae dalla lettura di questi dati è che la realtà economico-sociale di quello che viene chiamato ‘il ricco Nord’ o quanto meno una delle regioni più sviluppate del nostro paese sta prendendo l’aspetto di un progressivo deterioramento.

Questo forse aiuta a capire di più le cause di un’esasperazione esistenziale che poi può facilmente sfociare in episodi di intolleranza.
Da La Stampa del 3.6.08




Carmagnola è un comune della provincia di Torino.
A fine maggio sono scaduti i termini per la presentazione delle domande del contributo per sostenere le spese di affitto, che la regione Piemonte assegna alle famiglie bisognose.

La sorpresa è venuto dal numero delle richieste che passa da 343 a 509 con un aumento quindi di quasi il 50 per cento.

Fabrizio Ottenga, assessore alle politiche sociali afferma che i” dati sono preoccupanti. Non parliamo di un aumento delle richieste che prosegue lineare di anno in anno, ma di un boom improvviso che pochi avrebbero potuto prevedere”.

A far maggiormente riflettere su questi dati è il fatto che per aver diritto di presentare domanda bisogna avere un reddito inferiore a 11.117 E. annui per una persona, oppure 18.515 per nuclei di due persone e 22.588 per tre.

Se ne evince che non è solo il costo dei beni di prima necessità, di cui tutti ci stiamo purtroppo accorgendo, ad impoverire molte famiglie.

E’ pure in aumento il numero di quelle che non riescono ad avere introiti minimi annuali medio bassi e devono pertanto aggrapparsi a qualsiasi sostegno possibile per tirare avanti.

In altre parole nuclei in cui qualcuno ha perso il posto di lavoro o qualcun altro non lo trova.

Quale il significato del dato sul piano regionale o nazionale.?

Per l’assessore, che afferma di non voler apparire pessimista, è facile pensare, in attesa dei prossimi riscontri, che” ci siano situazioni analoghe, se non addirittura peggiori un po’ per tutta l’area torinese”.

F. Ottenga tiene a specificare ancora che non sta parlando “di problemi locali, ma di un disagio avvertito a livello nazionale”.

La preoccupazione dell’amministratore va alla capacità della regione di finanziare in modo adeguato le richieste presentate.

Non viene esclusa la possibilità che il Comune possa intervenire con contributi propri.

La conclusione che si trae dalla lettura di questi dati è che la realtà economico-sociale di quello che viene chiamato ‘il ricco Nord’ o quanto meno una delle regioni più sviluppate del nostro paese sta prendendo l’aspetto di un progressivo deterioramento.

Questo forse aiuta a capire di più le cause di un’esasperazione esistenziale che poi può facilmente sfociare in episodi di intolleranza.
Da La Stampa del 3.6.08

martedì 3 giugno 2008

DISAGIO

Mentre dall’ Onu e dal Vaticano arrivano segnali alle autorità italiane sull’allarme suscitato nelle sedi internazionali dai recenti provvedimenti antiimmigrati ed in particolare dalla norma sulla punibilità dell’immigrazione clandestina, giunge da Mestre una notizia che rimbalza sui quotidiani nazionali:

un’azione dimostrativa della lega Nord e di non ben specificati comitati di cittadini contro la costruzione di un campo nomadi nella terraferma veneziana.

Anche se la notizia si inquadra perfettamente nel clima culturale che si vive in questo momento nel Belpaese, resta comunque dell’imbarazzo a prenderne atto.

Avevano destato sensazione i roghi dei campi rom a Napoli. Ma l’orrore era, come dire, ‘distante’.

Non solo da un punto di vista geografico, ma anche economico-sociale. Il degrado delle periferie della città partenopea non è qualcosa che ha paragoni con il nostro territorio.

Lo stesso dicasi per il problema dei rifiuti.

Gente che fa parte di popolazioni che subiscono insulti quotidiani come la camorra, la monnezza, la disoccupazione non è certo legittimata ad azioni xenofobe, ma se da fuoco a dei campi nomadi vuoti, può venir in qualche modo ‘capita’ anche se non giustificata.

Ma qui a Mestre, dimostrare contro la costruzione di un campo affermando che la spesa toglie risorse agli indigenti locali, lascia di stucco.

Si può capire l’azione politica di chi la pensa in un modo diverso dal centro-sinistra al governo in città.

Ma questo modo di fare opposizione dovrebbe trovare appigli o spunti ben più solidi, che non mancano sicuramente nella terraferma veneziana:

basti pensare alla qualità dell’aria che si respira o alle prospettive per i giovani.

Invece viene contestata la costruzione di una struttura che ha lo scopo di dare uno spazio dignitoso a questi nomadi, di evitare che vadano a disturbare, con il loro sostare qua e là, la quotidianità delle persone.

Con l’assegnazione di uno spazio attrezzato si dà loro un segnale di disponibilità e di apertura che diventa un messaggio di comprensione reciproca, un invito ad una presenza sul territorio che sia compatibile con quella degli autoctoni.

Tutto ciò inoltre non impedisce alle autorità di fare controlli o verifiche e di intervenire in caso di reati.

Ma a chi organizza azioni come quella di Mestre evidentemente tutto questo non sembra interessare.

Pare importante per loro che questi rom non debbano essere presenti in città o nella periferia.

Viene da chiedersi: e dopo? Quando non ci saranno più i nomadi con chi se la prenderanno?

La caccia al diverso di Verona è là ad indicare il punto di non ritorno.

Il disagio culturale che si prova è grande e diventa prioritario cominciare a trovare il modo di rispondere a queste manifestazioni di intolleranza non giustificata che iniziano anche qui.

lunedì 2 giugno 2008

RICORDANDO NICOLA

Nello spazio approfondimenti abbiamo dedicato a Nicola Tommasoli, ucciso a Verona il 1.5. u.s. quattro contributi di analisi dell'accaduto.

Il primo è di Claudio Lazzaro, regista del film 'Nazirock', che affronta il fatto parlando del contesto che lui ha conosciuto.

Il secondo è di una giornalista del Manifesto Paola Bonatellli. Vi viene tracciato l'identikit dei 'bravi ragazzi' che davano la caccia al 'diverso'.

Il terzo, scritto da Gianfranco Bettin, analizza il valore che assume per certa gioventù il rito della violenza, basata sul concetto della forza. Un 'valore' che viene celebrato e messo in pratica.

L'ultimo, di Nicola Tranfaglia, prende in considerazione il contesto giudiziario in cui matura il delitto. Se non si indaga a fondo la politica della violenza colpisce.