martedì 30 settembre 2008

MATHIS WACKERNAGEL

Wackernagel è uno studioso che ha inventato il concetto di IMPRONTA ECOLOGICA: un indice statistico che calcola la quantità annua dei consumi di un paese e cerca di capire quanto tempo necessiti al pianeta per produrre le risorse che verranno divorate da quello stato.

Legata al concetto di impronta ecologica c’è una data: il 23 Settembre 2008. Giorno denominato
EARTH OVERSHOOT DAY, cioè il giorno in cui il pianeta ha consumato le risorse che produce in un anno. Con tre mesi e sette giorni di anticipo!

In altre parole serve una terra virgola quattro per soddisfare i bisogni attuali delle persone che ci vivono.

Nel 1962 il rapporto tra risorse rigenerabili e consumo era del 50% .

L’aumento delle energie disponibili bruciate è stato dunque, nel secondo dopoguerra, praticamente esponenziale.

I dettagli che propone lo studioso sono abbastanza ovvii ma sorprendenti per le loro dimensioni:

Se la Svizzera consuma tre volte quello che il suo ecosistema riesce a produrre, avendo ovviamente i soldi per comprarsi fuori confine quello che in casa non ha, l’Italia la supera con buon margine, perché qui da noi il consumo è quadruplo rispetto alla capacità di rigenerare il prodotto necessario.

Per uscire da questa situazione che sembra senza sbocchi, Wackernagel propone una strategia che si basa sulla scelta delle infrastrutture: assorbono risorse enormi e rimangono per tantissimi anni.

Ecco allora la programmazione e la lungimiranza dell’investimento di qualità come prima via d’uscita. Per es. : costruire una casa con pochi consumi consentirà risparmi che si protrarranno per decenni.

Un’altra è l’innovazione intelligente che si basa sull’utilizzo di energia solare e sulla trasformazione dei rifiuti da problema in risorsa perché nei rifiuti sono contenute molte delle cose di cui abbiamo quotidianamente bisogno: carta, metalli etc.
Fonte www.beppegrillo.it

lunedì 29 settembre 2008

ESTATE 2008: LA CACCIA

LUI:
Il fisico è quello di uno che fin bambino è stato nutrito con le giuste dosi di proteine carboidrati e grassi: corpo ben proporzionato con solidi bicipiciti e quadricipiti allenati dagli sport praticati o da una sana condotta di vita.

L’espressione del volto è quella di una persona che non ha avuto tante difficoltà nell’esistenza, o quanto meno alla sua età, apparentemente 23-25 anni, i problemi, che più o meno toccano tutti, non sono ancora iniziati.

Per di più il modo di comportarsi parla chiaro: crede in quello che sta facendo.

Occhiali da sole all’ultima moda, veste una maglietta bianca e pantaloncini azzurri. Scarpe da ginnastica di buona marca.
Alla cintura il borsello portadocumenti, un walkie-talkie ed un altro oggetto.

LORO

Piuttosto piccole di statura, corpi che non possono neanche comparire tra quelli che ambiscono partecipare alle selezioni delle aspiranti veline perché troppo sgraziati e nelle proporzioni e nel movimento.

In testa un grande cappello di paglia. Indossano una semplice maglietta, sicuramente non firmata ed una gonna abbastanza lunga. Scalze.
In mano un foglio di carta dentro una busta di plastica trasparente
I volti, di carnagione chiara sono piuttosto bruttini, mostrano paura, incertezza, stanchezza.

LA SCENA

La si vede su una spiaggia affollata dal pienone d’Agosto. Tante voci di bambini, il rumore del mare, il parlottio di chi conversa con il vicino di ombrellone stando attento a non disturbare la quiete altrui.

D’improvviso si scorge, non lontano, la corsa trafelata ed agitata delle due donne. Una perde il cappello, ma non si ferma a raccoglierlo. Continuano a correre voltandosi ogni tanto indietro per controllare la situazione.

Ad un tratto una delle due si infila tra gli ombrelloni, l’altra continua sul bagnasciuga.
Dietro appare il giovane veneto in maglietta e pantaloncini.
E’ veloce
: mentre con il walkie talkie comunica a qualcuno la posizione, si avvicina sempre di più alla ragazza che molla anche la busta di plastica e vistasi perduta si butta, vestita, in acqua ed inizia a nuotare lontano dalla riva.

Il giovane si ferma, parla al radioricevitore, attende istruzioni? Poi si infila rapido tra gli ombrelloni e sparisce.
La giovane donna nel frattempo è scomparsa: è una testa tra le tante che stanno nuotando e giocando in acqua.

La gente osserva in un silenzio difficile da interpretare: c’è sicuramente indifferenza ma c’è anche sorpresa e verrebbe voglia di dire: costernazione. Ma è difficile esserne sicuri.

Un signore raccoglie il cappello e la busta di plastica dove su un foglio sono scritti in lingue diverse i servizi di massaggio che la signorina sa fare. Li mette tra gli scogli in modo che il vento non li porti via e possano esser ritrovati dalla proprietaria.

I tanti occhi presenti guardano, non si sentono commenti.

La spiaggia della scena è quella di Carole, il giovane: un vigile, forse stagionale. L’oggetto alla sua cintura: un distanziometro o distanziapersone. Si chiamano così ora quei bastoni bianchi di 40 50 cm in plastica dura che in tempi meno ipocriti dei nostri erano noti come manganelli.

Che dire ancora? Tanti anni di scuola, di crescita economica, di pace e discussioni sulla qualità del progresso portano a questo?

Che pericolo possono costituire due cinesi, probabilmente clandestine per le migliaia di bagnanti?

E se anche non avere il permesso di soggiorno è un reato: è la pubblica caccia il corretto modo di perseguirlo?

sabato 27 settembre 2008

LA PRIMA FESTA NAZIONALE DEI BLOG

Il premio più importante, quello per il miglior blog 2008, è andato però – manco a dirlo – a Beppe Grillo (www.beppegrillo.it).

Il sito del comico genovese, che non era presente alla cerimonia, è risultato il più votato dagli oltre 4000 internauti che nelle ultime settimane hanno espresso la loro preferenza per i blog awards.

Ben quattro premi, invece, per «Voglio scendere», il blog di Marco Travaglio e Peter Gomez: miglior blog di opinione, miglior blog giornalistico, miglior blog collettivo e miglior blog di un vip.

Il blogger dell’anno è invece «Leonardo». Tra gli altri premi, il miglior cattivo della blogosfera: Filippo Facci; il miglior blog tecnico-divulgativo: il Disinformatico; il miglior blog letterario: «E io che mi pensavo».

Il premio per il miglior blog «andato a puttane» se lo è guadagnato invece Selvaggia Lucarelli, che ha presentato la serata assieme a Gianluca Neri (anima della Blogfest).

Ma durante quella che è stata ribattezzata la Woodstock dei blogger ...si è soprattutto discusso: di Internet e di blog, ma anche di tv, giornalismo, moda, cucina e letteratura.

Due i dibattiti del sabato: «Frontiere della televisione: mouse contro telecomando» e «L’informazione in formazione».

E poi una fitta serie di barcamp, «non conferenze» aperte durante le quali gli interventi sono stati proposti e condotti dagli stessi partecipanti.

Tanti gli spunti e le domande, come quella iniziale posta da Claudio Sabelli Fioretti durante l’incontro dedicato al rapporto tra il web e le notizie: «Cosa succede quando un giornalista scopre Internet? Fa ancora giornalismo? E cosa succede quando la gente scopre Internet? Può fare davvero giornalismo?».

Oppure il quesito di Paolo Tacconi (executive producer di Msn.it), a proposito della commistione tra informazione e intrattenimento: «Siamo sicuri che ciò che la gente clicca è ciò che la gente vuole davvero?»

Dal Corriere della sera del 13.9.09.
Articolo di Germano Antonucci

venerdì 26 settembre 2008

IL ‘COLPO’ DELLA ‘POLVERE’

E’ abbastanza intuibile che la polvere del titolo è quella bianca che si trova al mercato proibito delle droghe.

Forse meno noto è il fatto che il costo delle dosi di cocaina è in costante diminuzione per motivi, pare di capire, di sovraproduzione e di ascesa del mercato europeo rispetto a quello americano.

Un anno fa uno studio condotto da una ASL rese pubblico un dato sorprendente sull’elevata percentuale della sostanza in oggetto nelle acque dell’Arno, in cui sembra debbano finire gli scarichi urinari fiorentini.

La notizia ebbe spazio nella stampa e lo stesso Benigni, qualche tempo dopo, nella sua ultima apparizione televisiva , trovò il modo, il suo ‘modo particolare’, di denunciare la gravità dello stato delle cose, che testimoniava l’elevato uso della sostanza nella città medicea.

Dall’inserto milanese del quotidiano ‘La Repubblica’ si ricavano i prezzi attuali sul mercato.

“…1500 dollari quando la si compra in Colombia, ma sulla piazza europea vale dai 20 ai 23mila euro, e cioè venticinque volte di più.
La dose minima, una volta, costava non meno di 70 o 60 euro, cifre basse, ma non bassissime".

Costava, dice il giornale, perché ora gli spacciatori e chi sta alle loro spalle hanno deciso di incrementare le vendite, visto che in Europa i compratori sono in aumento.

Come? Semplice. Inventando la minidose. Costo? Tra i 10 e 15 E.

Il giornale è preciso: le alternative sono
aperitivo alcolico. Costo tra 6 e 8 E.
hashish: costa 8,5 E.
ecstasy è fuori moda. “Roba da sudamericani.”

Con la minidose si fa una sniffata ed il gioco: il colpo, cioè la botta al cervello della cocaina che "sale" è fatto.
Si è pronti per una serata alla grande.

E’ facile capire come i destinatari della minidose siano gli adolescenti che possono abbordare quei prezzi ed è altrettanto intuibile quanto si stia allargando il mercato.

Secondo L’Asl milanese
Intorno al vecchio Duomo "sulla popolazione tra i 15 e i 19 anni (pari a 161.580 ragazzi) i consumatori sono 7mila circa", aumentano sempre, sono sempre più giovani”.

“Riccardo Gatti (www. droga. net). Ha organizzato un "prevo. lab", una sorta di "stanza delle previsioni", che se sbaglia, sinora ha sbagliato per difetto.

Dice Gatti: "La percezione della droga come pericolo e trasgressione è stata progressivamente sostituita" dall'idea che sia un "semplice prodotto - potenzialmente innocuo e controllabile - da assumere liberamente, in qualunque momento e in qualunque luogo", per "una vita diversa per qualche ora". Un sogno chimico a cottimo.

"… i nostri lavori del 2006 e del 2007 indicano che ogni giorno a Milano si consumano circa diecimila dosi di cocaina. E nel week end salgono a quindicimila. Abbiamo fatto analoghe analisi a Lugano e Londra. Bene, Milano è la città dove, in percentuale al numero degli abitanti, il consumo è il più alto".

L’ultima notizia del quotidiano è che la scoperta del traffico milanese la dobbiamo ad un magistrato, spesso criticato, di Cosenza, il PM Woodcock.

Fonte: Repubblica 14.9.08

giovedì 25 settembre 2008

LA SCUOLA CHE FORMA OPINIONE

Traendo spunto da un fatto quotidiano, viene da dire quasi banale: una locandina del Gazzettino, si è tentato ieri di proporre un minimo di analisi del ruolo dei giornali nella formazione di un’opinione pubblica.

Nel caso specifico il quotidiano locale si serviva del suo abituale manifesto pubblicitario, che viene esposto in modo evidente in tutte le edicole, per richiamare l’attenzione dei passanti mediante l’utilizzo di un verbo eclatante, un pò forcaiolo.

Alla gente che, passando per andare al lavoro o dalla macchina ferma al semaforo, frettolosamente scorre i titoli non serviva, in quel caso, comprare il giornale e leggere l’articolo per farsi un parere, visto che questo era già là: grande gratuito e ben confezionato.

A maggior ragione il messaggio funziona anche per chi ancora è meno vaccinato e più influenzabile cioè i giovani che non leggono i giornali ma che le locandine le guardano bene e poi ne parlano.

Si chiudeva l’intervento con un interrogativo sul ruolo della stampa nella formazione di una pubblica opinione.

Forte era stata la tentazione di allargare il discorso alla televisione dove la manipolazione delle menti è talvolta grossolana ma spesso è molto sottile e preparata da navigati professionisti.

Un compito un po’ arduo dunque, ma il caso ha voluto che una professionista della critica alla televisione che produce oppio: la giornalista del Manifesto N. Rangeri avesse appena pubblicato un articolo.

Qui spiegava come in TV possa succedere che non siano le parole a formare
l’opinione, bensì le immagini che una telecamera sapientemente guidata mette davanti agli occhi di milioni di telespettatori.

E’ parso quindi opportuno riproporre qui sotto parte dell’articolo evidenziando in grassetto i passaggi che parevano più significativi.

Il sovrano alla corte di «Porta a Porta»

Norma Rangeri

Con Silvio Berlusconi nel salotto di Porta a Porta e l'ex parlamentare
Vladimir Luxuria sulla spiaggia dell' Isola dei famosi , il servizio
pubblico ha inaugurato il vero anno scolastico, l'unica pedagogia
nazionale di massa
in grado di trasmettere simboli, valori, modelli al
popolo impaurito dalla crisi
.

Partecipando alla brillante kermesse del
talk-show e all'esotico festival del doppio senso
, nella stessa serata
sugli schermi della Rai, il leader del centrodestra e il transgender
dell'estrema sinistra diventano i poteri forti di un immaginario che
alimenta e sponsorizza un'idea unica della politica.

Trionfa l'immagine di una conversazione pubblica fondata sulla
volgarità
, sull'ostracismo di ogni critica avanzata fuori dal perimetro
della rappresentazione.

La trasgressione di Lux (così la Ventura chiama
l'ex parlamentare di Rifondazione) accetta la telecamera tra le mutande,
le battutacce, il senso comune di una sessuofobia con il belletto
dell'emancipazione
.

Allo stesso modo, ubbidendo alla medesima
grammatica, il governo del paese appare tra le gambe di miss Italia e i
baci toccanti della campionessa olimpica
.

Il presidente del consiglio è
sembrato persino stupito dall'eccesso di adorazione degli ospiti. Come
se il suo corpo sovrano, così desiderato, lo mettesse nella condizione
di dover contenere l'onda populista.

È lui che deve frenare Vespa-Fede
che lo incita ad apprezzare le forme della giovane miss, è sempre lui
che si schermisce di fronte alle avance della regina del fioretto.

Del resto sa bene qual è la regola: non spetta a lui dover sottolineare
l'evidenza, basta il lavoro delle telecamere che sanno dove guardare,
cosa suggerire, come commentare. La televisione è una buona maestra
.

Capace di prolungare la luna di miele del governo, offrendo gli
ingredienti necessari ai sondaggi che continuano a beneficarlo.

mercoledì 24 settembre 2008

ADESSO DEVONO MARCIRE IN CARCERE

Nei primi due interventi del blog si è parlato del clima xenofobo che si respira attualmente in Italia e dei risultati che questa atmosfera di intolleranza produce.

Si è anche accennato al ruolo che i media svolgono in tutto questo. Se i giornali soffiano nelle vele dell’intolleranza, il risultato sarà la formazione di un’opinione pubblica poco disponibile a capire comportamenti ed atteggiamenti dissimili da quelli abituali.

Se i quotidiani invitano alla calma, alla riflessione, ad una discussione su questo o quel problema, le pulsioni giustizialiste di concittadini che magari hanno subito qualche torto da parte di persone provenienti da altri paesi, saranno sicuramente più contenute, le loro opinioni più ponderate.

I quotidiani, sia nazionali che locali, contano molto nella formazione del senso comune e possono fare in modo di spingerlo sia in una direzione che in un’altra.

Ora, se si guarda al fatto di cronaca che più o meno un anno fa ha fatto inorridire la nostra regione e l’intera nazione: il delitto di Gorgo al Monticano, dove due anziani coniugi, custodi di una villa, furono orribilmente torturati prima di venire uccisi da degli immigrati albanesi che avevano anche sniffato coca, non c’è alcun dubbio che la ricerca e la punizione dei colpevoli fosse un imperativo primario per tutti.

Gli autori di quel crimine vennero infatti presto trovati, arrestati e rinchiusi in carcere. Il più feroce tra loro, stando alle cronache, si impiccò in prigione dopo qualche tempo.

A distanza di alcuni mesi si è chiuso, con una sentenza di condanna all’ergastolo, il processo contro gli altri due che parteciparono al misfatto.

Per una volta l’azione di polizia e magistratura è stata rapida e precisa. La sentenza ha trovato il consenso del figlio delle vittime.

I cittadini hanno avuto giustizia ed i delinquenti la pena meritata.

Che bisogno aveva quindi Il Gazzettino di ieri di diffondere locandine recanti la scritta a caratteri cubitali: ORA DEVONO MARCIRE IN CARCERE?

Sicuramente a qualcuno e anche a chi lavora in quel giornale è venuto in mente che dopo qualche anno di buona condotta è possibile ottenere uno sconto di pena ed i risultati negativi di tante scarcerazioni avvenute nel passato hanno di sicuro avuto un ruolo.

Ma viene il forte dubbio che si sia calcata la mano: ‘marcire’ poteva essere sostituito con ‘restare’ oppure ci poteva stare un: ‘Scontino tutta la loro pena’ o qualcosa di simile.

L’uso del verbo ‘marcire’ ha in sé qualcosa di sadico, come se si volesse infliggere agli autori del delitto una sofferenza maggiore di quella che hanno causato.

Qualche secolo di civiltà dovrebbe aver insegnato che anni e anni di carcere senza prospettive sono già una punizione terribile.

Che bisogno c’è di infierire? Che significato assume il far partecipare i passanti a questo istinto persecutorio?

Compito della stampa e delle sue locandine dovrebbe essere quello di educare al pensiero, non quello di far leva sulle pulsioni più basse per eccitare animi che magari non aspettano altro.

Può essere che il nostro territorio abbia bisogno anche di giornali che lo aiutino a crescere culturalmente, senza per questo rinunciare ad alcuno dei suoi diritti.

martedì 23 settembre 2008

PER ABDOUL

Avere 19 anni, vivere in una ricca città del nord, Milano, quella che tanti anni fa veniva chiamata la capitale morale d’Italia, un sogno per un giovane nato in un paese poverissimo: il Burkina Faso.

Forse il suo sogno si era stato realizzato nell’aver avuto la cittadinanza italiana.

Un ragazzo fortunato rispetto alle migliaia di persone di colore che, pagando fior di tangenti, possono attraversare i deserti nordafricani per arrivare sulle coste libiche e di qui, dopo aver ancora pagato ancora una volta i traghettatori o essere stati più semplicemente derubati di quel poco che era loro rimasto, si imbarcano per raggiungere le coste delle isole più meridionali del nostro paese.

Non tutti ci riescono, molti muoiono annegati nel grande cimitero liquido del ‘mare nostrum’.

Nessuno ha calcolato quanti in questa estate che è appena finita. Sicuramente moltissimi.

Per Abba, così gli amici chiamavano Abdoul, tutto ciò non era avvenuto. Aveva trovato il modo di vivere e lavorare nella
grande città lombarda.
Chissa quanti, connazionali e non, invidiavano quel ragazzo di pelle nera, già italiano a 19 anni.

Eppure la sua fortuna è durata poco. Il clima di intolleranza razziale che pervade la penisola ha fatto sì che, per un episodio banale, pare dei biscotti ritenuti rubati, si scatenasse la violenza repressa, il malumore ma sarebbe forse più esatto dire l’odio di due italiani, padre e figlio, che a sprangate hanno posto termine alla sua breve vita.

Il circolo Arci di Milano lo ha ricordato ieri nella scuola don Milani di Cernusco sul Naviglio un gesto di vicinanza alla famiglia, per chi non potrà essere presente al funerale, e un estremo omaggio a un ragazzo che voleva vivere come i suoi coetanei, da nero italiano hanno detto gli organizzatori.

Abdoul verrà sepolto in Burkina Faso e chi volesse far pervenire un messaggio di solidarietà alla famiglia può inviarlo a: milano@arci.it

Ieri c’erano centinaia di persone a slutarlo.

Sabato settemila hanno sfilato in corteo per protestare ma i media hanno molto parlato delle violenze del corteo. Cassonetti delle pulizie spostati e qualcosa di analogo. Il sospetto che le parole di Marco Travaglio, che riportiamo qui sotto, non siano esagerate è molto forte.

"Buongiorno a tutti.
Questo "Passaparola" è dedicato ad Abdul, aveva 19 anni, era cittadino italiano ma era nato nel Burkina Faso.
Era a Milano con la sua famiglia. L'hanno massacrato di botte gridandogli "muori sporco negro" alcuni italioti padani, due giorni fa, sospettandolo di aver rubato alcuni biscotti in un bar.
Non mi pare di aver sentito nessuno invocare sicurezza: di solito quando si verifica un delitto a parti invertite si invoca sicurezza, tolleranza zero, rastrellamenti in certi ambienti. Ecco, qui bisognerebbe fare rastrellamenti in certi ambienti italioti di razza ariana, di pelle bianca, ma evidentemente la sindaca Moratti è una donna fortunata. Pensate se le fosse accaduto il contrario, se fosse accaduto che un cittadino di pelle nera anche se italiano anzichè essere ammazzato avesse ammazzato lui. A quest'ora avremmo le televisioni e i giornali che strepitano all'unanimità sul problema sicurezza, invece della sicurezza di Abdul che ha avuto la sicurezza di morire ammazzato al grido di "sporco negro" non ci sono esternazioni né da destra né da sinistra.

lunedì 22 settembre 2008

ESTATE 2008

L’estate è iniziata con gli incendi dei campi abbandonati dai rom nei dintorni di Napoli ed è finita con l’assassinio a colpi di spranga di un ragazzo di colore a Milano ad opera di due italiani, padre e figlio.

Un filo comune pare unire questi due fatti di cronaca: il perdurare e, pare, il consolidarsi di un sentimento xenofobo diffuso tra la popolazione del nostro paese senza vistose differenze tra le varie aree geografiche.

I tanti stranieri che vivono nel nostro paese e forniscono manodopera essenziale all’industria e servizi altrettanto importanti a famiglie che hanno genitori anziani o disabili vengono percepiti come un pericolo o visti come intrusi.

Di qui, tacendo di tanti altri episodi, le reazioni violente (Milano) o quelle ‘democratiche’ come si è verificato a Mestre dove sono stati organizzati dei presidi contro la costruzione di un villaggio per i rom che nelle intenzioni dell’amministrazione comunale voleva essere un esempio di integrazione dei nomadi nel territorio.

Il peggio del caso di Mestre è rappresentato dal perdurare della protesta nel tempo e dal sua ampliarsi, se è vero che sono ben 13.000 le firme raccolte (fonte: Il Gazzettino) per protestare contro il progetto del comune.

Certo non tutti i rom sono bravi e buoni e non tutti gli stranieri sono pacifici lavoratori, ma queste distinzioni non sembrano più proponibili ad una popolazione che appare sempre più disorientata da problemi economici immediati e da inquietudini sul proprio futuro che non sembra più garantire il benessere degli ultime due tre decenni.

Di qui, forse, le scorciatoie del pensare comune che non si indigna più di tanto per il delitto di Milano e sembra sottovalutare i segnali inquietanti che arrivano da Castelvolturno (Caserta) dove sei immigrati di colore ed un connazionale vengono uccisi, pare, dalla camorra.

Poco più di un anno suscitò molto clamore la strage di Duisburg in Germania che evidenziava il radicarsi della mafia di casa nostra anche all’estero.

Ora ci si trova davanti ad uno scenario che fa venire in mente addirittura situazioni viste a Mogadiscio e si pensa di ovviare con l’invio dei militari.

Della ricostruzione di un modo di pensare comune che articoli la complessità del vivere contemporaneo nessuno sembra curarsene.

Dal festival del cinema di Locarno Nanni Moretti ha lanciato una denuncia precisa e incisiva: L’ASSENZA IN ITALIA DI UN’OPINIONE PUBBLICA.

I grandi media, i giornali soprattutto hanno dato qualche rilievo all’intervento che li vedeva sul banco degli accusati e poi hanno tirato dritto più o meno come se nessuno avesse parlato.

Eppure e di questo che forse si ha più bisogno: di vedere intellettuali controcorrente rischiare l’impopolarità e dire quel che va detto. Oppure vedere le ‘grandi’ firme dei direttori dei quotidiani schierarsi contro l’escalation del degrado della convivenza sociale.

Questo però non succede. Le ‘grandi’ firme rilasciano dichiarazioni che non lasciano segno ed il lavoro che un tempo era di Pasolini, Moravia ed altri sembra non trovare eredi.

Ha buon gioco Beppe Grillo nel rispondere a Moretti che l’opinione pubblica è quella della rete, dei blog e delle persone che affollano le piazze dei Vaffa da lui organizzate.

Resta il fatto che tale opinione pubblica non è sufficiente, almeno per ora, ad orientare il pensiero comune in direzione diversa da quella che ha imboccato.

Per chiudere due notizie: al primo festival dei blogger tenutosi nei giorni scorsi a Riva del Garda (sponsor Telecom Italia!) il blog di B. Grillo è stato premiato come il migliore del paese.

L’altra è una riflessione che Marco Travaglio ha scritto in occasione dell’uccisione del ragazzo
di colore a Milano, che domani pubblichiamo integralmente.

giovedì 18 settembre 2008

RIPARTIRE

Si ricomincia Lunedì 22 settembre