venerdì 31 ottobre 2008

WEEK END

Si chiude con oggi una settimana segnata dalle tante e grandi manifestazioni di civile dissenso che hanno tentato di fermare la ormai famosa legge Gelmini.

Chi ha qualche anno di più ha seriamente temuto che, in una situazione di mobilitazione generale di giovani, giovanissimi adulti e famiglie intere, scattasse una qualche provocazione con gravi conseguenze per le persone che vi si sarebbero state coinvolte.

Per fortuna, ma forse sarebbe meglio anche pensare, per l’intelligenza dei tanti soggetti in gioco, in primo luogo le migliaia di studenti, non è successo niente di irreparabile e le giornate resteranno un esempio di modo di un modo gioioso, fantasioso (lezioni all’aperto – abile uso dei media e della rete) e, se si vuole, anche irriverente di esprimere la propria indignazione per una legge inaccettabile.

Unico, pare fino ad oggi, episodio inquietante, l’aggressione di Piazza Navona. Qui, secondo quanto riferisce Curzio Maltese su Repubblica di ieri e in base a quello che un’insegnante ha raccontato alla 7 ieri sera a Lilli Gruber, un gruppo di estrema destra ha assalito ragazzini delle medie e superiori scatenando la paura prima, la reazione e gli scontri dopo.

L’immagine che resta di queste giornate di straordinaria partecipazione è quella di un paese che tenta di reagire, di uscire dall’angolo costituito dal senso d’impotenza generato dal clima cultural-politico dominante e di riprendere in mano le redini del suo futuro.

Una reazione molto forte, lo si vede dalle prime pagine on-line di tanti quotidiani che mettono in secondo piano la giornata di ieri preferendo aprire sui ribassi delle borse asiatiche.

Significa che la reazione è stata quella giusta e sta mettendo in difficoltà i tanti che avevano cercato di svilirla parlando di minoranze e di altro ancora.

Attorno a queste giornate di scuola di democrazia, trainate dall’entusiasmo dei giovani studenti, si può riprendere a lavorare con più lena per far sì che tutto questo clima positivo non venga spento dai troppi problemi piccoli e grandi che incombono.

Nella pagina locale del Gazzettino di oggi, si fanno le prime anticipazioni sulle scuole che per la legge Gelmini dovranno essere chiuse nel Portogruarese.

In un territorio che vede, oltre la crisi generale, anche quella del linificio con tanti capi-famiglia che rischiano il posto, si aggiunge un problema ulteriore per i nuclei familiari: quello di sopportare costi più alti per far arrivare i figli ai plessi scolastici più grandi. (Si tralascia oggi di parlare di possibili ricadute della didattica.)

Qualcosa si stia muovendo anche a livello locale. Dopo lo sciopero di ieri, Lunedì ci sarà una lezione all’aperto in Piazza Martiri.

giovedì 30 ottobre 2008

MINORANZE

12.13 In 25mila a Roma dalla Toscana - Sono 25 mila i toscani arrivati a Roma, con 236 pullman, un treno da Pisa, auto e treni 'normali', per la giornata di mobilitazione in difesa della scuola pubblica. Lavoratori della scuola, dell'universita' e della ricerca, giovani studenti, genitori che hanno accompagnato i figli minorenni le cui prenotazioni non venivano accettate. I pullman - e' detto in una nota della Cgil Toscana - sono confluiti all'Anagnina, non arriveranno mai a Piazza del Popolo, e nei parcheggi e' in corso un'altra manifestazione. Coloro che sono arrivati a Termini si sono divisi fra il corteo principale e un secondo corteo lungo via Nazionale resosi necessario perche' il primo non poteva contenere tutti i partecipanti.

12.12 A Roma troppa gente: il corteo si diveide in tre - Si è dovuto fare letteralmente in tre il corteo di studenti, professori, genitori organizzato a Roma dai sindacati in occasione dello sciopero generale della scuola. Gli organizzatori dal palco hanno spiegato che "per ragioni di spazio", a causa dell'enorme afflusso di persone, il corteo unitario si è diviso in tre spezzoni: il primo, quello dei sindacati, già giunto a piazza del Popolo, il secondo degli universitari che sta sfilando in via Cavour verso via dei Fori Imperiali e un terzo alla Magliana, perché non riesce a filtrare nel centro della capitale.

12.07 Pullman bloccati, si manifesta su raccordo anulare - Ventitrè bus provenienti dalla sola città di Siena sono fermi sul Raccordo anulare e hanno deciso di inscenare una protesta sul luogo, vista l'impossibiità di arrivare a piazza del Popolo. A darne notizia gli organizzatori della manifestazione.

12.06 Venezia, macchinisti dei treni salutano corteo - I macchinisti dei treni che giungono a Venezia lungo la ferrovia sul ponte della Libertà salutano con le loro trombe il corteo di studenti che sta manifestando contro i tagli alla scuola . I giovani, che secondo la Questura nel frattempo sono saliti a 5.000, lanciano slogan urlando "non facciamoci tagliare la testa" e "il futuro siamo noi".

11.52 In "30mila" in corteo a Bologna - Migliaia di persone - circa 8mila per la questura e 30mila per gli organizzatori - sono in corteo a Bologna per manifestare contro i provvedimenti del ministro Gelmini sull'istruzione pubblica

11.50 Cortei in tutta la Calabria - Cortei e manifestazioni di studenti si sono registrati questa mattina in diversi centri della Calabria, in concomitanza con il raduno nazionale di Roma contro la riforma della pubblica istruzione, alla quale hanno partecipato, secondo stime sindacali, almeno 2.000 persone provenienti dalla regione. A Catanzaro, come era gia' avvenuto ieri, i dimostranti hanno bloccato viale De Filippis, principale via d'accesso al centro del capoluogo regionale, provocando disagi enormi alla circolazione. Manifestazioni analoghe anche nei capoluoghi di provincia ed in alcuni centri minori, come Soverato, nel catanzarese, e Belvedere Marittimo, nel cosentino.

11.39 A Torino musiche di Rossini e Verdi - Anche le musiche di Verdi e Rossini suonate dall'orchestra del Teatro Regio, oggi, alla manifestazione del mondo della scuola torinese. I lavoratori dell'Ente lirico subalpino hanno voluto in questo modo testimoniare la vicinanza agli studenti, agli insegnanti e ai genitori, almeno 50mila secondo gli organizzatori, che stanno confluendo nella centralissima piazza Castello

11.35 Studenti verso il ministero dell'Istruzione - I collettivi universitari hanno deciso di deviare il percorso del loro corteo in piazza dei Cinquecento per dirigersi in Viale Trastevere, sotto al Ministero dell'Istruzione. I collettivi degli studenti si trovano ora in via Cavour. Diversi gli studenti, anche di scuole superiori romane, che hanno deciso di accodarsi al loro corteo.

11.32 Nascono i primi comitati per il referendum - Francesco Tanasi, segretario nazionale del Codacons, ha annunciato oggi la costituzione dei primi comitati di raccolta firme per l'abrogazione della legge Gelmini sulla riforma della scuola. "Sono nati a Roma, Milano, Palermo e Catania e presto verranno aperti anche nelle altre città, per permetere a tutti i cittadini traditi nelle loro aspettative di chiedere l'abrogazione di una legge appena nata, che gia' provoca enorme disapunto e scompiglio", si legge nella nota.

11.30 Cagliari, in migliaia a corteo - Sono almeno diecimila, secondo le prime stime degli organizzatori, i manifestanti che partecipano a Cagliari alla manifestazione. Nel capoluogo sono arrivati autobus da Oristano, dal Medio Campidano e dal Sulcis, ma non mancano gli apporti anche dal nord e centro Sardegna, con scuole del sassarese e del nuorese.

11.29 Cortei in tutta la Sicilia - Oltre a Palermo, dove per la Cgil sono scese in piazza 50 mila persone, manifestazioni contro la legge sulla scuola si stanno svolgendo nelle altre citta' della Sicilia. Sempre secondo la Cgil, 20 mila persone hanno protestato a Catania, 10 mila a Messina, 6 mila a Siracusa, 10 mila a Trapani, 5 mila a Caltanissetta. Iniziative anche in centri piu' piccoli, come Cefalu' (Palermo), dove tutte le scuole superiori sono rimaste chiuse e 1.500 persone hanno marciato in corteo.

11.18 Genova: in piazza "10mila persone" - "Noi la crisi non la paghiamo": è questa la scritta sullo striscione in testa alla manifestazione pacifica che sta attraversando il centro di Genova.

11.14 Testa del corteo entrato in piazza del Popolo - E' entrata in piazza del Popolo la testa del corteo dei lavoratori della scuola che da questa mattina stanno sfilando contro la riforma Gelmini. Secondo gli organizzatori sarebbero ancora trecentomila le persone ferme che non riescono ad unirsi al corteo. Ci sarebbero venti pullman della Uil Scuola di Napoli fermi all'Eur, trenta pullman dall'Umbria, ventuno dalla Basilicata.

10.41 10mila fra studenti, insegnanti e genitori in corteo a Messina - Anche Messina scende in piazza contro la legge Gelmini di riforma della scuola. Un corteo sta attraversando le principali vie cittadine, tra piazza Cairoli e piazza Unita' d'Italia dove ha sede la Prefettura.

10.30 In mille in corteo all'Aquila - Sono circa un migliaio gli studenti che stamani hanno preso parte, a L'Aquila, alla manifestazione di protesta contro il decreto Gelmini.

10.27 Striscioni nei balconi lungo il corteo a Roma - Un lungo striscione che va da finestra a finestra con la scritta "vita da precario" in uno dei palazzi di via Barberini saluta il passaggio dei corteo dei manifestanti. Tanti i cittadini alle finestre che salutano e partecipano alla manifestazione di oggi

10.23 Cortei a Napoli - Ancora manifestazioni a Napoli contro la riforma della scuola voluta dal ministro Mariastella Gelmini. Oltre alle 6.000 persone, tra personale docente e amministrativo, che secondo i sindacati anche autonomi si sono recate questa mattina a Roma per partecipare alla manifestazione nazionale, oltre agli studenti partiti alle 6.30 sempre per la capitale, cortei si registrano nel capoluogo campano e in provincia. Tre istituti superiori sfilano a Portici, uno ad Ischia, 1.000 studenti ad Arzano. A Napoli, l'appuntamento è fissato per le 14:00 a via Mezzocannone.

10.11 La coda del corteo ancora bloccato a piazza Esedra - Sono decine e decine di migliaia gli insegnanti, gli studenti e i bambini delle scuole elementari che hanno cominciato a sfilare per le vie di Roma per protesta contro la riforma della scuola approvata ieri al Senato. Preceduti da cinque cordoni di polizia, la manifestazione, cui si e' aggiunto all'inizio di via Barberini il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani, e' ormai in prossimita' di piazza Barberini. La stragrande maggioranza dei partecipanti è però ancora ferma dentro l'enorme catino di Piazza Esedra, che non riesce a contenere tutti manifestanti. Il corteo, che si snoderà verso le vie del centro storico della capitale fino ad arrivare a piazza del Popolo, è aperto da un camioncino da cui vengono lanciati slogan, vengono spiegati i contenuti della riforma e viene diffusa musica. Subito dietro le bandiere e i palloncini della Flc Cgil. Studenti e bambini issano striscioni contro il ministro dell'Istruzione e la riforma della scuola pubblica.

09. 50 Ingorgo alle porte di Roma dove centinaia di pullman diretti alla manifestazione sono bloccati per il traffico

09.41 Manifestazioni in tutta Italia - La Rete degli studenti riferisce che sono in corso manifestazioni anche in altre città: Torino, Padova, Caltanissetta, Siracusa, Cuneo, Alghero, Nuoro, Ragusa, Sassari, Modena, Bologna, Cosenza, Catania , Modica, Comiso, Trani, Palermo, Bergamo, Cremona

09.36 Due cortei a Palermo in Sicilia - Si prospetta molto elevata in Sicilia l'adesione dei docenti allo sciopero contro la legge di riforma della scuola indetto da Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda. Secondo la Flc Cgil molti istituti sono rimasti chiusi a Palermo e provincia. A Palermo due i cortei: uno di docenti, personale scolastico e genitori e l'altro di studenti delle superiori e dell'universita'. Le due sfilate si congiungeranno in piazza Politeama, nel centro della citta', per una manifestazione

09.30 A Milano migliaia di persone in largo Cairoli - Migliaia di persone si stanno radunando per l'inizio del corteo di protesta contro l'approvazione della legge Gelmini di riforma della scuola, in Largo Cairoli a Milano. Pronti a muoversi in testa al corteo ci sono i genitori e gli insegnanti di Rete Scuole. Piu' numerosi gli studenti delle scuole superiori di Milano e provincia.

Fonte: Tiscali Notizie di oggi

mercoledì 29 ottobre 2008

APARTHEID E INTEGRAZIONE

Nel giorno in cui il Decreto Gelmini diventa legge dello Stato nonostante le manifestazioni di dissenso di migliaia di studenti (alcuni di loro hanno passato la notte davanti al Senato), non appare fuori luogo rispolverare quanto scritto da un settimanle dieci giorni fa a proposito dell'ispirazione di fondo di questa nuova legge e di altri provvedimenti.


La Lega cavalca l’onda e va all’arrembaggio dell’immigrato "fantasia padana" non ha più limiti, né pudore prima le impronte ai rom, poi il permesso a punti e i 200 euro per il rinnovo, poi l’impedimento dei ricongiungimenti familiari, e ora una mozione, avanzata a sera tardi in Parlamento, per le classi differenziali, col pretesto di insegnare l’italiano agli stranieri.

Il problema dell’inserimento degli stranieri a scuola è reale, ma le risposte sono "criptorazziste", non di integrazione.

Chi pensa a uno "sviluppo separato" in Italia, sappia che quel concetto in altra lingua si chiama "apartheid", andata in scena in Sudafrica per molti anni: autobus, cinema e scuole separati.

L’onorevole Casini ha parlato di proposta vergognosa: «Di questo passo, andrà a finire che ai bambini delle classi separate cuciranno sul vestito la lettera "i" come immigrato».

E il Secolo d’Italia, quotidiano di An, nel tentativo di frenare la Lega, ha scritto: "Scordatevi l’apartheid".

La questione dell’italiano è solo una scusa. Tutti sanno che le cosiddette "classi di inserimento" non sono efficaci.

I risultati migliori si ottengono con classi ordinarie e con ore settimanali di insegnamento della lingua. In Italia questo, in parte, avviene.
Lo prevedono le "Linee guida" (2006) dell’allora ministro Moratti per l’accoglienza degli alunni immigrati, approvate anche dalla Lega.

C’è un progetto che prevede un finanziamento di 5 milioni di euro per insegnare tre diversi livelli di lingua italiana. Il Governo potrebbe rispolverarlo e far cadere (per amor di patria) la prima "mozione razziale" approvata dal Parlamento italiano.

Oppure, guardare a esperienze come a Firenze dove un pulmino passa a prendere i bambini stranieri a scuola, li porta ai corsi d’italiano e poi li riporta in classe.

La mozione, poi, va letta fino in fondo. Prevede che i bambini immigrati, oltre alla lingua italiana, debbano apprendere il «rispetto di tradizioni territoriali e regionali», della «diversità morale e della cultura religiosa del Paese accogliente», il «sostegno alla vita democratica» e la «comprensione dei diritti e dei doveri».
Qualcuno sa dire come spiegarlo a un bambino di 5-6 anni, che deve ancora apprendere l’italiano?

Se l’integrazione è un bene (tutti la vogliono), dev’essere interattiva.

E allora,perché non insegniamo agli alunni italiani il rispetto delle "tradizioni territoriali e regionali" degli immigrati? Ha detto bene il cardinale Scola:

«I buoni educatori devono saper favorire l’integrazione tra le culture, che è una ricchezza per tutti». Il rischio, altrimenti, è una società spaccata in due, di cui una con meno diritti dell’altra.

Alle difficoltà reali si risponde con proposte adeguate, come s’è fatto col maestro di sostegno.
In Italia non abbiamo più classi speciali per portatori di handicap, ci sono scuole dove sordi e muti stanno insieme a chi parla e sente.

La mozione approvata dal Parlamento fa scivolare pericolosamente la scuola verso la segregazione e la discriminazione. Si dice "classi ponte", ma si legge "classi ghetto".

Negli anni Sessanta, quando bambini napoletani, calabresi o siciliani andavano a scuola a Novara, nessuno s’è sognato di metterli in una "classe differenziale" perché imparassero italiano, usi e tradizioni del Nord, né di far loro dei test d’ingresso. Perché ora ci pensa il novarese Cota?

Da Famiglia Cristiana del 19.10.2008

martedì 28 ottobre 2008

DA STOCCOLMA A CARDIFF

In Italia si sono mobilitati in tanti per R. Saviano. Poco visibili le istituzioni, più presenti ed attivi alcuni quotidiani e gruppi di iniziativa civile.

Il modello più seguito è quello della lettura in pubblico di passi del suo libro ‘Gomorra’.
Sabato scorso a Napoli si sono alternati nella lettura attori, registi, intellettuali, il direttore del quotidiano ‘Il mattino’, il presidente dell’unione degli industriali della città e il presidente dell’ordine dei giornalisti campani.

Una sorta di rito civile durato alcune ore.

La notizia nuova però viene dalla lontana Svezia:

La giuria del premio Nobel per la letteratura lo ha invitato a tenere un discorso all’Accademia di Svezia a Stoccolma.

La data non è stata ancora fissata. Il tema dell’intervento del giovane scrittore italiano è

La libertà di espressione e la violenza senza legge.’

Dopo la calda accoglienza alla fiera del libro di Francoforte giunge così a Saviano un secondo riconoscimento internazionale.

Una solidarietà alta e solenne che segna in modo netto il divario di iniziativa tra le nostre istituzioni e quelle di altri paesi.

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Un giorno fui chiamata a rapporto a rapporto dal mio professore:
“Laura, ma cosa devo fare con te?”

Spaventata, azzardai una piccola protesta: “Ma che c’è Prof.? Cosa ho combinato? Ho sbagliato
qualche calcolo?”


“Niente di tutto questo” sorrise lui mesto “E’ che vai troppo veloce..”

Con un sospiro cominciò a scorrere l’elenco dei miei ultimi lavori.

“Tu sei troppo brava, Laura, e questo è un problema! Tra sei mesi si riunisce il consiglio di facoltà per decidere la nomina del nuovo associato alla cattedra….. Il posto tocca a Giovanni …. Sta in lista d’attesa da un sacco di tempo! Ora, se tu ti presenti con tutti questi lavori, mi metti in imbarazzo.. perchè a te non ti possiamo scegliere, sei troppo giovane…”

“E allora?”

“E allora devi rallentare! Prenditi una vacanza, stattene buona per un po’!...... Sei così giovane. Puoi aspettare!”

Mi guardai attorno. Spedii una mail a un’università inglese che aveva bandito un concorso per un posto da ricercatore nella mia materia.

Nel giro di 24 ore ricevetti una convocazione….. esaminarono il mio curriculum…. mi intervistarono per un paio di ore…… e mi chiesero di attendere. Un quarto d’ora dopo si presentò il Decano della facoltà con il contratto di assunzione.

Mi chiamo Laura G. Ho trent’anni. Insegno all’università di Cardiff.

Fonte: L’Unità del 25 X 2008

lunedì 27 ottobre 2008

11 Febbraio 1950

DISCORSO IPOTETICO

"Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza.
Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura.

Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno difetto di essere imparziali.

C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata.
Allora il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica,intendiamoci).

Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle.
Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private.

Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi.

Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole , perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato.

E magari si danno dei premi,come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private.
A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili,si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola previlegiata.........

Attenzione, questa è la ricetta.
Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina.

L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto:
rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà.

Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette.

Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico."

Discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III congresso dell’Associazione a Difesa della Scuola Nazionale, a Roma l’11 febbraio 1950

Fonte: Blog di B. Grillo 22.10.08

sabato 25 ottobre 2008

REAGIRE

Sabato scorso il titolo del blog era ‘sgomento’, lo stato d’animo che si provava collegando tutto quanto sta succedendo sia a livello nazionale sia a livello locale: dalle minacce a Saviano ai funerali di Haider, al dibattito nel centrodestra jesolano in merito alla partecipazione alle esequie del sindaco con tanto di stendardo del comune.

Si sono visti anche nelle piazze del nostro territorio gazebi della destra per una raccolta firme per la sicurezza e contro eventuali nuovi campi nomadi.

Tralasciando il neonato movimento degli studenti si sono registrate in Italia e questo sito le ha, nel suo piccolo, divulgate delle reazioni anche importanti al clima pesante che si respira: da Caserta al referendum di Vicenza.

Lo scorso fine settimana a Mestre è stata anche organizzata una festa interetnica per dare visibilità a tutte quelle persone che fanno funzionare le industrie del nordest e curano i tanti anziani soli.

Ecco forse il tessuto sociale del nostro territorio, quelle persone che credono in una democrazia fatta di diritti e di doveri, di partecipazione e tolleranza dovrebbe riuscire a reagire, ad uscire con un’iniziativa che dia spazio a queste energie presenti e faccia capire a tutti che le priorità per il nostro futuro non sono le facili strumentalizzazioni veicolate dagli slogan martellanti dei media ma altre:

la sicurezza certo ma quella messa in pericolo dalle infiltrazioni della mafia nel settore economico, il lavoro, la qualità dei servizi e molto altro ancora.

venerdì 24 ottobre 2008

PENSAVANO DI AVERCI TRASFORMATI TUTTI IN ASPIRANTI VALLETTE E TRONISTI.

Il titolo riproduce uno dei tanti striscioni portati in giro dagli studenti che in questi giorni stanno riempiendo con la loro proteste le città ed i media.

Lo si riprende dall’odierna edizione on-line della Stampa di Torino.

E’ emblematico perché svela l’imbuto culturale in cui per anni, ma forse non sarebbe azzardato dire: per un paio di decenni, si è tentato di canalizzare l’idea di un progetto di futuro per se stessi dei giovani, che in mancanza d’altro stavano davanti ad uno schermo televisivo.
Uno stile di vita, dominato dall’edonismo e dall’arrivismo.

I dati ufficiali, che lo stesso giornale definisce palesemente inadeguati, parlano di trecento manifestazioni organizzate, di 150 scuole e 20 facoltà occupate in tutta Italia.

Queste migliaia di studenti che stanno diventando i protagonisti di una nuova stagione di speranze,
iniziano a riprendersi in mano il loro futuro, cominciano a raccontare al pubblico più vasto la realtà di un paese che deve ritrovarsi e ripartire.

Lo fanno attraverso parole semplici, discorsi diretti non mediati da opportunismi politici o altro:

"Sai cosa c'è? Alla fine uno si rompe le balle di avere paura. Ho 22 anni e vivo ogni giorno a sotto ricatto. Paura di non farcela a riscattare tutti i crediti, del contratto da precario in scadenza, di non poter più pagare l'affitto e le bollette e dover tornare dai miei, di non trovare un vero lavoro dopo la laurea.

Campo a testa china e tiro avanti sperando che domani sia migliore. . Non mi spaventa nulla, sono stufo.
Dice un altro: ” Insomma, qui non c'entra la politica, c'entra la vita. Il mio futuro, quello di Francesco, Vanessa, Ilaria...".

"La mia vita attuale è questa. Studio come un pazzo per finire in fretta e bene, lavoro in un call center, dormo in una camera a 500 euro al mese. E sopporto pure che un Padoa- Schioppa o un Brunetta o una Gelmini mi diano del bamboccione o del fannullone.

Ma non che taglino i fondi all'università per fare affari con l'Alitalia etc…..la crisi io non la pago. Questa settimana di proteste è stata la più bella esperienza di questi anni. Si respira, si parla, si discute dei sogni, del futuro. Penso sia un mio diritto.

…lavoro in un call center dove il mio vicino di scrivania cambia sempre, a ogni turno, senza contare che abbiamo tutti le cuffie e non c'è neppure la pausa caffè. In questi giorni ho alzato la testa, mi sono guardato intorno, ho conosciuto studenti da tutta Italia, mi sento vivo".

Scrive Curzio Maltese di Repubblica:
“E' un rivolta di bravi ragazzi, della nostra meglio gioventù. Non è una rivolta contro i padri….. ma di giovani che prendono sul serio le parole dei padri. Vogliono studiare, uscire di casa, fare carriera per meriti e non per conoscenze, crescere insomma e scoprono che in Italia non è possibile. Non è possibile per un giovane essere "normale".

Da qui la rabbia di questi ragazzi miti. Anche un po' secchioni. Luca e altri, con Francesco e Vanessa, ieri ospiti di Santoro, hanno tirato l'alba a studiare la legge Gelmini nei minimi particolari.

"La legge …. , mi spiegano, "taglia i fondi per la ricerca, che in Italia è l'uno per cento del Pil contro il tre della media europea e del trattato di Lisbona. Riduce il numero dei ricercatori che da noi sono tre ogni mille abitanti, contro l'obiettivo di otto. Non taglia le sedi universitarie, che in Italia sono 115, più di una per provincia, con decine di corsi frequentati da un solo studente. Soltanto Roma ha sedi decentrate a Civitavecchia, Rieti, Pomezia: Ma quelle rispondono a interessi clientelari".

Dice Ilaria:
"Non che m'interessi più di tanto, perché fra un anno vado in Inghilterra. Però mi sembra giusto dirlo, protestare finché si può".


Ed il giornalista aggiunge che il Dipartimento di Fisica, quello di Fermi e Amaldi, è il fiore all'occhiello della gloriosa e ormai sfasciata Sapienza. E' quarta nelle classifiche europee, fra le prime dieci del mondo, dentro un'università che non compare neppure fra le prime cento. La fuga dei cervelli all'estero è la norma e cresce di anno in anno.

Un docente:

“Qui stanno dismettendo l'istruzione pubblica, un pezzo per volta. E' una cosa mai successa in nessuna parte del mondo civile. Negli Stati Uniti, il paese più malato di iper capitalismo, l'università pubblica rimane ancora fortissima. Uno studente di Fisica può scegliere di pagare quattromila dollari a Berkeley o quarantamila a Stanford, ma la qualità è la stessa, alla fine si spartiscono lo stesso numero di premi Nobel. Per non parlare dell'Europa. Qui invece fra pochi anni l'istruzione pubblica, di questo passo, sarà relegata alla marginalità, alla serie B.

Fonte: i siti di La Repubblica e La Stampa di oggi

giovedì 23 ottobre 2008

.....IL MIO DOLORE E' IL SUO DOLORE

Grazie a chi ha sentito che il mio dolore era il suo dolore e ha provato a immaginare i morsi della solitudine.

Grazie ai professori delle scuole che hanno parlato con i ragazzi, grazie a tutti coloro che hanno fatto leggere e commentare brani del mio libro in classe.

Grazie a tutte le città che mi hanno offerto la cittadinanza onoraria, a queste chiedo di avere altrettanta attenzione a chi concedono gli appalti e a non considerare estranei i loro imprenditori e i loro affari dagli intrecci della criminalità organizzata.

Le letture delle mie parole che sono state fatte in questi giorni nelle piazze mi hanno fatto un piacere immenso. Come avrei voluto essere lì…... a ringraziare ogni persona, a dirgli quanto era importante per me il suo gesto.

Perché ora quelle parole non sono più le mie parole. Hanno smesso di avere un autore, sono divenute la voce di tutti….. un libro che ha smesso di essere fatto di carta e di simboli stampati nero su bianco ed è divenuto voce e carne.

Grazie a tutti coloro che hanno ricordato le persone che vivono nella mia stessa condizione rendendole così un po' meno sole, un po' meno invisibili e dimenticate.

Grazie a tutti coloro che mi hanno difeso dalle accuse di aver offeso e diffamato la mia terra e a tutti coloro che mi hanno offerto una casa non facendomi sentire come uno che si è messo nei guai da solo e ora è giusto che si arrangi.

Grazie a chi mi ha difeso dall'accusa di essere un fenomeno mediatico, mostrando che i media possono essere utilizzati come strumento per mutare la consapevolezza delle persone e non solo per intrattenere telespettatori.

Grazie a chi, in questi giorni, dai quotidiani, alle agenzie stampa, alle testate online, ai blog, ha diffuso notizie e dato spazio a riflessioni e approfondimenti.

Da questo Sud spesso dimenticato si può vedere meglio che altrove quanto i media possano avere talora un ruolo davvero determinante……..

….. RACCONTARE SIGNIFICA RESISTERE e resistere significa preparare le condizioni per un cambiamento

Grazie alle radio che hanno aperto i loro microfoni a dibattiti e commenti,

grazie specialmente a Fahrenheit (Radio 3) che ha organizzato una maratona di letture di Gomorra
in cui si sono alternati personaggi della cultura, dell'informazione, dello spettacolo e della società civile.

Voci che si suturano ad altre voci.

E grazie al mio quotidiano e ai premi Nobel e ai colleghi scrittori di tante nazionalità che hanno scritto e firmato un appello in mio appoggio, scorgendo nella vicenda che mi ha riguardato qualcosa che travalica le problematiche di questo paese e facendomi sentire a pieno titolo un cittadino del mondo.

Eppure Cesare Pavese scrive che "un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via.

Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti".


Io spesso in questi anni ho pensato che la cosa più dura era che nessuno fosse lì ad aspettarmi.

Ora so, grazie alle firme di migliaia di cittadini, che non è più così, che qualcosa di mio è diventato qualcosa di nostro.

E che paese non è più - dopo questa esperienza - un'entità geografica, ma che il mio paese è quell'insieme di donne e uomini che hanno deciso di resistere, di mutare e di partecipare, ciascuno facendo bene le cose che sa fare. Grazie.

Dal sito di R. Saviano

mercoledì 22 ottobre 2008

L' ESEMPIO

«...Ai giovani direi: pensate alla politica che è un pezzo decisivo nella vita delle persone, ma non è tutto. Allora pensate anche ad altro, e soprattutto pensate agli altri. Pensare agli altri è già una prospettiva di vita».

Quella qui sopra riportata è una delle tante citazioni di Vittorio Foa, che si trovano nei media che ne ricordano la figura e l’opera.

Per un sito come questo che, senza la prospettiva di un lettore giovane non potrebbe continuare a vivere, la frase del vecchio antifascista prima e sindacalista poi sembra quella più adatta ad onorarne la memoria.

Molti giornali hanno ricordato la capacità di questo signore, che in età largamente avanzata, sapeva affascinare ancora i giovani, suscitarne l’interesse, stimolarne la curiosità e la voglia di capire.

Nella sua autobiografia si scopre che finì nelle carceri fasciste per aver scritto due articoli sui poteri economici del tempo. Aveva 25 anni.

Vi rimase a lungo tra quelle mura e da là dentro seppe capire il suo tempo: la guerra coloniale fascista in Etiopia, le leggi razziali, la guerra.

La sua giovinezza fu segnata dall’esperienza della detenzione e le lettere dal carcere, ne poteva scrivere una ogni quindici giorni, ne testimoniano la capacità di non abbandonare il proprio impegno, di restare coerente con se stesso e con le proprie idee, pur in condizioni di vita che non lasciavano spazio a molte speranze.

Dopo il carcere vennero la guerra di resistenza, l’assemblea costituente, il lavoro politico e sindacale.
Il tutto condotto con la stessa determinazione ed ottimismo della volontà che gli avevano consentito di resistere alla prigionia.

Da tante parti viene ricordata una delle sue lezioni: quella di educare al senso di responsabilità restando sempre se stessi.

Lui che fedele a se stesso seppe sempre rimanere venendo a costituire per tutti gli altri un esempio da tentare di imitare.

L’auspicio è che le migliaia di giovani adolescenti ed universitari, che in questi giorni stanno protestando contro i tagli alla scuola pubblica, sappiano impadronirsi di questo esempio.
Sappiano riconoscerne l’importanza in un momento in cui la prospettiva del loro futuro si sta incupendo

martedì 21 ottobre 2008

LA FIRMA CHE RENDE PARTECIPI

Roberto Saviano è minacciato di morte dalla camorra, per aver denunciato le sue azioni criminali in un libro - Gomorra - tradotto e letto in tutto il mondo.

È minacciata la sua libertà, la sua autonomia di scrittore, la possibilità di incontrare la sua famiglia, di avere una vita sociale, di prendere parte alla vita pubblica, di muoversi nel suo Paese.

Un giovane scrittore, colpevole di aver indagato il crimine organizzato svelando le sue tecniche e la sua struttura, è costretto a una vita clandestina, nascosta, mentre i capi della camorra dal carcere continuano a inviare messaggi di morte, intimandogli di non scrivere sul suo giornale, Repubblica, e di tacere.

Lo Stato deve fare ogni sforzo per proteggerlo e per sconfiggere la camorra. Ma il caso Saviano non è soltanto un problema di polizia. È un problema di democrazia. La libertà nella sicurezza di Saviano riguarda noi tutti, come cittadini.

Con questa firma vogliamo farcene carico, impegnando noi stessi mentre chiamiamo lo Stato alla sua responsabilità, perché è intollerabile che tutto questo possa accadere in Europa e nel 2008.


DARIO FO
MIKHAIL GORBACIOV
GUNTHER GRASS
RITA LEVI MONTALCINI
ORHAN PAMUK
DESMOND TUTU


Sei premi Nobel si mobilitano per Roberto Saviano e lanciano, dalle colonne del quotidiano La Repubblica, un appello per una raccolta di firme in sua solidarietà, presentata dal testo pubblicato qui sopra.

Per firmare andare su www.repubblica.it

La scorsa settimana a Francoforte sul Meno in Germania, in occasione della tradizionale fiera del libro, si è svolta una serata in un grande teatro cittadino.

Presente Saviano, che ha preso la parola per pochi minuti, il regista tedesco Volker Schlondorff
ha commentato la vicenda che vede il giovane scrittore italiano, oggetto di minacce e ricatti da parte dei boss della camorra, qualcuno di loro manda i messaggi pure dal carcere!!!

Il pubblico che gremiva il teatro si è alzato in piedi e gli ha dedicato un lungo applauso.

Gli ha dato quel rispetto per il suo lavoro di frontiera, quel calore, quell'affetto
che è raro ricevere specialmente da persone di nazionalità diversa dalla tua
.

Qualcuno ricorda di aver visto una qualche manifestazione di solidarietà di questo tipo qui da noi?

Eppure ci sono sempre qua e là occasioni culturali o di altro tipo in occasione delle quali si raccolgono centinaia o migliaia di persone.

Sembra di vivere in un paese di serie B. C'è solo da sperare che se non si è organizzata una manifestazione come quella di Francoforte sia stato solo per motivi di sicurezza.

lunedì 20 ottobre 2008

6604 13864 840

Venerdì 17 ottobre altri 8 lavoratori morti, di cui 6 operai, sdegno unanime di tutti, e poi domani si ricomincia come nulla fosse.

Adesso ci rifileranno i soliti discorsetti, manca la cultura della sicurezza sul lavoro, mancano i controlli, manca la formazione, ma nessuno che a livello politico e sindacale , faccia qualcosa di concreto per fermare queste stragi.

Oggi mi è capitato di leggere l'intervento del Presidente del Senato Renato Schifani a Cernobbio, davanti alla Coldiretti, riportato in una nota dell'Agenzia Stampa ASCA, da titolo "MORTI BIANCHE: SCHIFANI, VERIFICARE CONTROLLI ED EDUCARE CLASSE OPERAIA ", che dice:

"che le leggi ci sono....occorre verificare la qualita' e l'intensita' dei controlli e fare in modo che la stessa classe operaia venga formata ed educata al rispetto delle regole"

Vorrei dirle, che non è solo la classe operaia che deve essere educata e formata al rispetto delle regole, ma anche la classe imprenditoriale........


Sembra quasi che la colpa delle morti sul lavoro sia da imputare ai soli operai, quando tutti sanno benissimo che i primi a non rispettare le regole solo gli imprenditori………..

Questo suo intervento mi ha stupito, per non dire indignato.

Sono mesi che mi domando cosa deve ancora succedere, perchè si facciano fatti, e si smetta di fare solo parole. Cosa?

Perchè davvero non mi riesce di comprenderlo.
Se guardiamo i dati Inail, negli ultimi 5 anni, cioè

dal 2003 al 2007 compreso, sono morti ben 6604 lavoratori.

Se poi facciamo il raffronto agli ultimi 10 anni, cioè

dal 1998 al 2007 compreso, i lavoratori morti sono ben 13864.

Per l'anno in corso, siamo a 840 morti. Sono numeri da bollettino di guerra!!!

In un paese civile, non ci possono essere tutti questi morti sul lavoro.

E' una vergogna!!! Quello che si sta facendo per la sicurezza nei luoghi di lavoro è troppo poco.

E' l'ora di finirla con le parole, vogliamo i fatti!!!

E quando dico fatti, intendo cose molto chiare:

sblocco assunzione tecnici della prevenzione dell'Asl

insegnamento sicurezza nei luoghi di lavoro fin dalle scuole elementari

carcere per gli imprenditori responsabili di infortuni gravi o mortali, dato che non c'è ne finisce uno di loro in galera.

E' così difficile da capire?

Franca Rame dal suo blog www.francarame.it

sabato 18 ottobre 2008

SGOMENTO

In settimana Roberto Saviano ha saputo che stava per essere ucciso.

Sempre in settimana si è saputo del progetto di classi differenziate per i figli degli extracomunitari.

Ieri sono stati nove i morti sul lavoro. Una strage quotidiana che sta riprendendo intensità dopo il rallentamento degli incidenti, verificatosi per cause ovvie, durante l’estate.

Oggi 30.000 persone, una marea di gente, a Klagenfurt, a due passi da qui, ai funerali di Haider, leader austriaco di estrema destra.
Sembrava definitivamente destinato a recitare un ruolo solo a livello locale quando, grazie ad un, per molti, inatteso voto popolare era ritornato alla ribalta nazionale e quindi anche europea.

Giovedì venerdì e sabato sulle pagine locali del Gazzettino la cronaca articolata del dibattito all’interno dei partiti di centro-destra jesolani inerente la decisione del sindaco Calzavara di partecipare ai funerali del leader austriaco con il gonfalone della città.(contrari alla presenza del sindaco con la bandiera di Jesolo i ‘vecchi’ di AN!)

I governatori di Veneto e Friuli hanno partecipato ai funerali con il gonfalone della Regione. Non si ha notizia di un dibattito al proposito.

venerdì 17 ottobre 2008

IL 16 OTTOBRE DI 65 ANNI FA A ROMA

Il 18 ottobre del 1943 truppe tedesche circondarono un quartiere di Roma abitato da molti romani di religione ebraica e, aiutati da militari italiani, rastrellarono oltre mille persone.
I prigionieri vennero caricati in un treno e giunti ad Auschwitz 826 di loro furono subito eliminati. Gli altri destinati al lavoro.

Ecco parti di un racconto che sarà pubblicato a breve nel link approfondimenti.


Lo so, quella notte non ho fatto altro che strillare. Sempre. L'intera notte. Dicono che il pianto di un neonato, quando ti arriva come un'eco lontana da chissà dove, ti rallegra il cuore.

Sarà forse perché assomiglia tanto a quello di un agnellino e così riesce a chiudere in un cerchio l'intera natura.

Quella cantilena implorante riporta per incanto gli esseri umani al tempo in cui tutto era caldo e muschiato e la luna non si era ancora mai fatta nera. Questo però per voi non valeva. Non eravate al di là di una serie di muri in lontananza. Io ero lì davanti a voi in affannosa altalena tra una culla e le vostre braccia esauste. Eravate commoventi a vedervi nella vostra sfinitezza. Ma io urlavo lo stesso.

Non era colpa mia se eravate tanto giovani e incapaci. Diciassette anni è un'età che ha grandi margini, ma non va bene per diventare genitori. Tu Colomba, mia madre, ti portavi ancora dietro l'aria ribelle e un po' scompigliata da quella adolescente proterva che eri, e tu Angelo, mio padre, facevi un tale sforzo per apparire fiero e sicuro mentre l'infanzia ti trotterellava ancora dietro come un cagnolino indisciplinato! ......

Il vostro amore faceva davvero dolere l'aria. Era un giorno difficile, ma quasi per brindare al vostro matrimonio, là fuori nel mondo era successa una buona cosa. Il Regime, quello che con le sue Leggi aveva portato tanta sventura a noi ebrei (mi ci metto anch'io perché già da tempo ero in corsa verso la vita), il Regime fascista era stato rovesciato. Insomma, proprio in quel giorno di sole pieno era caduto, finito, spazzato via. .....

Certo, la guerra restava, ma chissà che presto finisse anche lei, dicevano,
......
Ma nel "dopo" le cose non sono andate bene come tanti speravano. Il regime fascista era caduto, però la guerra incertamente finita era tornata più crudele di prima.

Nelle vostre città ora comandavano le truppe tedesche, anche quelle che avevano come vessillo "morte a tutti gli ebrei". Così la mia giovane futura mamma ogni tanto tremava e ogni tanto sperava. E per il mio giovane futuro padre era suppergiù la medesima cosa......

Mia madre e mio padre quella notte si muovevano sempre più stanchi, incapaci di trovare qualcosa che riuscisse a farmi calmare.

... Colomba a un certo punto si è messa a gridare anche lei. «Non ce la faccio con questo bambino!» diceva piangendo, «io così divento pazza». Angelo cercava di placarla. «Dammi il bambino» sussurrava, «ci penso io a cullarlo, tu cerca di dormire un po'». Era una offerta dolce ma inverosimile, visto che non c'era un'altra stanza per rinchiudersi a riposare.

Poi Angelo ha provato a dire «Dagli ancora un po' di latte», ma Colomba ha risposto no, perché lo aveva già fatto troppe volte quella notte. Poi ha provato a proporre lei, con la sua voce supplichevole di bambina, «Chiamiamo il dottore?» e Angelo ha risposto che era impossibile perché il vecchio dottore "il bambino" lo aveva già visitato poche ore prima e lo aveva trovato sicuramente sano.

E così tu, Colomba, mia madre, e tu Angelo, mio padre, avete passato con me tutta quella notte senza poter trovare uno spiraglio per abbandonarsi a una briciola di sonno. Eravate così stanchi e sconfitti!

Mamma, papà, io vi chiedo scusa. Non è vero che urlavo per punirvi perché con la vostra impacciata giovinezza non eravate capaci di occuparvi di me. Non è stato questo il motivo. Ho urlato perché sapevo. Sapevo dei soldati della mattina dopo e sapevo del treno. Sapevo che su quel treno io avrei trovato il termine dei miei cinque giorni di vita nel vostro mondo. Di voi non riuscivo a percepire niente… l'onda non arrivava a farmi capire di più.

Ma eravate così giovani e forti! Pensavo che ce l'avreste fatta e forse, chissà, forse sarà andata davvero così.

Io ho urlato per voi. Volevo solo che non vi dimenticaste di me. Tutto qui. Scusatemi se vi ho così tanto disturbato. Non mi era venuto in mente null'altro.

Da regalarvi avevo solo il mio grido.

Tra i tanti episodi tragici legati al 16 ottobre del ’43, Lia Levi in questo racconto si ispira ad un bambino reale, venuto alla luce a Roma poco prima che la madre fosse deportata. Scrittrice e giornalista, Lia Levi è autrice di molti libri per adulti e ragazzi per i quali ha ricevuto diversi premi. Vive a Roma. Ha fondato e diretto per 30 anni ”Shalom”, il mensile della comunità ebraica.

Dal Messaggero del 17.10.08

giovedì 16 ottobre 2008

LE SANE IDEE DI UNA PARTE SANA

Nel panorama, spesso sconcertante, dei media radio-televisivi, si distinguono alcune trasmissioni che spiccano per autenticità, capacità di proporre temi e prolemi e perchè no, attenzione all'ascoltatore o telespettatore, quella che si chiama anche:
servizio pubblico.

Tra queste ieri pomeriggio, sul canale tre di radio rai, Marino Sinibaldi ha parlato, nel corso della trasmissione "Fahrenheit" con la scrittrice Dacia Maraini ed un altro interlocutore del problema relativo alle decisione della camorra di uccidere lo scrittore Roberto Saviano.

Ne è scaturita una trasmissione avvicente con un dibattito intenso sulla funzione dello scrittore nella società e molto altro.

E' stata Dacia Maraini a ricordare come fosse stato lo stesso J. P. Sartre a definire a cercare una definizione delle letteratura 'impegnata': vale a dire non troppo lontana dalla vita quotidiana delle persone nè troppo vicina alla stessa.

Un lavoro che permettesse contemporaneamente e la conoscenza dei fatti e l'emozione che c'è nel leggere un libro che non affondi nella cronaca.

Guardando nei dettagli il personaggio Saviano ne è uscita la tremenda solitudine in cui il suo libro denuncia l'ha condotto.

Una solitudine che il giovane uomo condivide con altri uomini, quelli della sua scorta.

Far sentire a Saviano che non è solo è allora un imperativo prioritario per tutti quelli che si interessano alla vicenda.

Il portargli solidarietà passa attraverso varie iniziative che si stanno organizzando e ieri Fahrenheit ne ha lanciato una, semplice e con grande successo.

Un numero verde cui chiunque, dai privati cittadini alle istituzioni, potevano farsi avanti ed avanzare proposte.

Da questo lavoro collettivo è nata l'iniziativa di una lettura pubblica (dal telefono alla radio) di un numero limitato di righe del libro dello scrittore campano.

Protagonisti sono diventati semplici cittadini o allievi di scuole che avevano aderito.

Un modo, che può esser replicato in ambiti anche locali, per creare attenzione, calore, indignazione, reazioni, far maturare opinioni diverse dai soliti luoghi comuni.

Per far sì che chi è in prima linea sappia che non è isolato, anche se è costretto a vivere una vita blindata.

mercoledì 15 ottobre 2008

PANORAMI INTERNAZIONALI: RITORNO A PRIMA DEL 1978

«Ogni anno 100 milioni di persone vengono spinte sotto la soglia della povertà a causa delle spese mediche».

A dirlo è il Rapporto annuale dell'Organizzazione della Sanità, che in occasione del trentesimo anniversario della prima conferenza sulla salute lancia l'allarme

«Si sta tornando pericolosamente alla situazione precedente al 1978» quando la popolazione benestante, e quindi di regola anche più sana, aveva un migliore accesso alle cure mediche, mentre i poveri dovevano fare affidamento solo su se stessi.

Questo perché le «deseguaglianze nell'accesso alle cure mediche nel mondo sono impressionanti», dice l'Oms che invita a tornare ai principi di base della sanità.

Primo tra tutti quello delle pari opportunità nell'accesso alle cure e nelle spese sostenute nel mondo.

A preoccupare sono soprattutto i dati sulle disuguaglianze di accesso alle cure tra Nord e Sud del mondo.

«Le differenze tra paesi poveri e paesi ricchi sull'aspettativa di vita hanno superato ormai i 40 anni - si legge infatti nello Studio - e su una cifra stimata di

136 milioni di donne che ogni anno danno alla luce un bambino, circa 58 milioni non riceveranno alcuna assistenza medica durante il parto e nel periodo post-parto, mettendo così a rischio la sua vita e quella dei loro bambini».

Ma disuguaglianze gravi emergono anche all'interno di uno stesso paese, anzi, a volte anche in una stessa città. Un esempio su tutti è quello di Nairobi, dove il tasso di mortalità dei minori di cinque anni è inferiore del quindici per mille a quello di una zona interna.

Insomma, scrive a chiare lettere l'Oms, molti sistemi sanitari hanno perso di vista i loro obiettivi quelli che nel 1978 modificarono radicalmente i modelli dominanti di organizzazione e prestazione delle cure sanitarie, ossia

«un giusto accesso alle cure, la capacità di investire con saggezza le proprie risorse e la capacità di andare incontro ai bisogni e alle richieste delle persone, soprattutto di quelle più povere e marginalizzate».

Altra debolezza sottolineata dal Rapporto è un eccessivo ricorso agli specialisti rispetto ai generici e ai medici di famiglia, così come un approccio concentrato sulle malattie dei ricchi e sulle tecnologie di avanguardia.

Viene pertanto trascurata la prevenzione, mentre un miglioramento delle misure preventive «permetterebbe di ridurre il carico mondiale delle malattie di circa il 70per cento».

«La strategia di base per affrontare queste iniquità è arrivare alla copertura universale con uno spirito di equità, giustizia sociale e solidarietà - scrive l'Oms per cui sono due i veri obiettivi generali della sanità: la giustizia e l'equità» appunto.

Anche perché, ha concluso il Direttore generale della Sanità Margaret Chan: «Un mondo fortemente squilibrato in materia di salute non è stabile né sicuro».


Da L'Unità del 14.10.08

martedì 14 ottobre 2008

LE CAUSE DEI FATTI

Tornando sui tanti episodi di razzismo verificatisi in Italia in questo fine estate- inizio autunno, temporaneamente dimenticati, almeno si spera, a causa dei problemi economici e delle continue emergenze vere o presunte che occupano i titoli di prima pagina, si vuole proporre una riflessione di Curzio Maltese, giornalista del quotidiano La Repubblica.

In un suo recente intervento l'opinionista presenta una classifica dei problemi nazionali in ordine di importanza e ne emerge che tra le prime dieci priorità dell'Italia non c'è la questione della sicurezza.

INQUINAMENTO
ABUSI EDILIZI
BUCHE NELLE STRADE
PESSIMA QUALITA' DEI SERVIZI
CALO DEL TURISMO
PENETRAZIONE DELL'ECONOMIA MAFIOSA SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE

ed altro ancora.

Perchè tanto accanimento xenofobo dunque?

La causa per Maltese è un decreto: il decreto Maroni "una vera sciagura" che
affida ai sindaci ampi poteri.


Un errore quindi? per il giornalista le cose stanno proprio così perchè "la classe politica nazionale italiana è mediocre, ma spesso il ceto politico locale è, se possibile, ancor peggio"

Il fatto di aver delegato ai sindaci parecchi poteri ha significato il dover assistere a "un delirio di norme incivili al grido di 'tolleranza zero'".

Si è verificato di tutto e ovunque toccando l'apice a "Parma dove .. il sindaco
Vignali.. ha firmato ordinanze contro chiunque.. persino contro i fumatori all'aperto e ragazzi colpevoli di festeggiare per strada"


Una convulsa emissione di provvedimenti che fa sentire protagonisti i primi cittadini e consente loro di evitare i veri problemi cui "non sanno offrire risposte"

Concentrarsi sulle persone di colore o sui poveri cristi fa sì che possano raccogliere consensi.

Con il risultato che presto "creeranno loro stessi l'emergenza che fingono di voler risolvere".

Ma Maltese trova anche altre cause della dilagante xenofobia:

la riscrittura "della storia delle leggi razziali"
la "rivalutazione del fascismo"
l'abitudine dei quotidiani di "indicare la provenienza solo per i delinquenti stranieri 'rapinatore slavo' etc.

(in questo i giornali nazionali sono "unici" tra quelli dei paesi più sviluppati.)

Una serie di fattori che fanno sì che quando si afferma qualcosa di realmente vero per es."che il 90%degli stupri è opera di italiani" non si viene quasi creduti.

Per Maltese siamo un popolo che "ha paura di sentirsi inadeguato davanti ai grandi cammbiamenti" che ci attendono e detto timore si traduce subito "nel più facile e abietto dei sentimenti, l'odio per il diverso."

In questo clima aver dato tanto potere ai sindaci fa sì che anche "un vigile di periferia si possa sentire depositario di un potere di vita o di morte su un 'negro'".
Fonte La Repubblica del 1.10.08

lunedì 13 ottobre 2008

LE NOSTRE ESPORTAZIONI

In un momento in cui l'Euro si sta deprezzando nei confronti del dollaro, circa il 20% rispetto a qualche mese fa, la produzione delle aziende italiane viene favorita perchè i prezzi di vendita calano della stessa percentuale per i compratori stranieri.

Anche se la Confindustria dice che andremo in recessione e quindi chiede aiuto, cioè soldi,allo stato, quindi ai contribuenti perchè altrimenti i livelli occupazionali caleranno, è certo che la svalutazione dell'euro farà si che la diminuzione della produzione sarà più contenuta, quindi un pò meno dolorosa.

Ma il gioiello vero tra i nostri prodotti, quello che batte tutti gli altri, lo si è visto sabato sera in Tv prima e durante una partita della nazionle di calcio contro la Bulgaria.

100, qualcuno dice di più, tifosi? sportivi? italiani con tanto di braccio proteso nel saluto romano hanno intonato un coro di Duce Duce e poi hanno continuato fronteggiandosi con la tifoseria locale, altrettanto destrorsa, riferiscono le cronache.

Uno spettacolo che si verifica talvolta anche nei nostri stadi ma che mai era andato in onda in eurovisione.

Una bella presentazione per il nostro paese all'estero, qualcosa che ha urtato profondamente la sensibilità democratica.

L'on. La Russa di An ha prontamente preso le distanze dai giovani esibizionisti neri affermando che se fosse stato là, lui si sarebbe vergognato.

Stamane il giornalista del Messaggero di Roma che cura, questa settimana, la lettura dei quotidiani per radio 3, chiosava le sue dichiarazioni commentando che ci si poteva ben vergognare anche stando a Roma.

Pare poi che tra l'on. Storace e lo stesso La Russa sia iniziata una querelle sul fatto che quest'ultimo rimproverava a quei 'ragazzi' di aver fatto gesti e intonato cori. Cose che pure lui faceva abitualmente da giovane.

Poco importa. Quello che conta è che questi tifosi!, militanti politici di una destra fascista sono tutti conosciuti per nome e cognome, perchè i bilgietti della partita erano nominativi, e non sono cresciuti nella giungla o altrove.

Si sono formati nel nostro paese, molti, pare, nel nostro caro Nordest,in un ambiente sociale, quello della destra estrema, molto noto e ai politici e alle forze dell'ordine, come già documentato in questo blog nei mesi scorsi e poi anche nel link 'approfondimenti'.

Il clima di reazione, di xenofobia che si respira attualmente in Italia li ha forse incoraggiati a presentarsi all'estero.

Ieri lo spettacolo è stato replicato a Livorno da gruppi di tifosi! del Frosinone.

Le reazioni sui giornali sono vibranti.

Vediamo quanto dureranno e che effetti avranno.E se qualcuno chiederà che vengano puniti per un reato, apologia di fascismo, che le leggi perseguono.

domenica 12 ottobre 2008

VIDELA

Qualcuno questo nome lo ricorda ancora.
E' un generale golpista che a metà degli anni settanta comandò una dittatura militare in Argentina.

In quegli anni mentre in quel paese i campionti del mondo di calcio coprivano quello che realmente stava succedendo, scomparvero migliaia di giovani argentini, contrari al regime.

Non si videro i campi di concentramento negli stadi come qualche tempo prima nel Cile di Pinochet. Lì i giornalisti poterono vedere i detenuti, fotografare, fare qualche domanda.

Si seppe poi che gli scomparsi venivano drogati, fatti salire su aerei e da lì gettati in mare.

Ci vollero anni perchè le loro madri, le coraggiose madri di Plaza de Majo, riuscissero ad imporre ai media mondiali la divulgazione della notizia della scomparsa dei loro figli.

Il mondo fu costretto a prendere atto dei desaparecidos.

In questi giorni la fragile democrazia di quel paese è riuscita a far mettere in prigione per crimini contro l'umanità il vecchio generale Videla.

Fonte: Televideo Rai

venerdì 10 ottobre 2008

E PANTALONE PAGA E PAGHERA'

Tra tutto quello che capita di leggere sulla crisi attuale dei mercati finanziari spicca un articolo di F. Rampini che tenta di ragionare sui fatti più eclatanti avendo a cuore le conseguenze che un terremoto di tale portata può avere sulle vite di milioni di persone.

Premesso che una delle massime istituzioni del pianeta: Il Fondo monetario internazionale, definisce la crisi attuale come “la più violenta dagli anni Trenta”,
il giornalista va a prendersi i numeri ed osserva che gli attuali cali delle borse si aggirano attorno al 40% rispetto ai massimi di un anno fa.

In occasione del crack del ’29 la caduta fu dell’86% tra il 7.9.29 ed l’8.7.32.

Ne consegue che, se è vero quello che dice l’FMI, ”la distruzione di risparmio
rischia di essere appena iniziata”
.

Se si sposta poi l’attenzione all’economia reale, cioè ai posti di lavoro, si fa una scoperta interessante: la disoccupazione USA raggiunse allora il 25%, oggi siamo sotto il 7%.

Benchè Rampini inviti alla cautela nel fare paragoni, ci si chiede ovviamente il perché di tale enorme diversità di dati e si scopre che “la differenza storica fondamentale sta nel salto immenso compiuto dalla presenza dello Stato nell'economia: era minima nel 1929, oggi è pervasiva”

“Lo Stato non licenzia in una recessione. Non smette di gestire scuole e ospedali. E' questo il potente "stabilizzatore" che fu voluto proprio per evitare che si ripetesse una Grande Depressione dai costi sociali spaventosi”.

Il caro vecchio stato, un padre anziano amato e odiato, finanziato dalle tasse e risparmi di tutti.

Molti lo vorrebbero ridimensionare, ma ora diventa di vitale importanza in momenti in cui anche i rampanti avventurieri dell’impresa privata, che da decenni imperversano erigendosi a modello sociale, corrono sotto il suo ombrello protettivo.

Il giornalista si chiede anche se si potevano evitare i danni che si stanno verificando in questi giorni.

Torna indietro, alle avvisaglie della crisi dell’agosto scorso, e nota come tanti studiosi abbiano scritto libri e saggi per preavvisarci di quello che sarebbe accaduto e si chiede

“quali misure siano state prese dai top manager delle banche, dalle autorità di vigilanza, dai governi in questi mesi.

La risposta è semplice: poco o nulla è stato fatto ed ora stiamo pagando tutti un prezzo molto più salato di quello che avremmo pagato se

”i banchieri avessero detto la verità prima, anziché sperare di farla franca”.

Il futuro per Rampini sarà segnato dagli sforzi che si dovranno fare per risollevarsi dalla recessione in atto o incombente.

Chiaramente i contribuenti saranno chiamati a fare la loro parte e poi le banche centrali dovranno operare a lungo per far recuperare quella funzione vitale per l’economia che è la fiducia.

Il loro lavoro ”assomiglierà alla rieducazione di un paziente colpito da ictus...possono essere necessari mesi o anni” per tornare alla normalità.

Da Repubblica del 9 X 08

Il testo integrale dell’articolo sarà presto presente nel link Approfondimenti

giovedì 9 ottobre 2008

L'ESEMPIO DI ANNA P.

Fare il giornalista deve essere un mestiere non molto facile, ma sicuramente affascinante. Si sta dentro agli eventi, si ha il dovere di riferirli con oggettività e, se possibile imparzialità Si può poi commentare questa o quella notizia, suggerendone una lettura, un’interpretazione, anziché un’altra.

Fare il giornalista che va controcorrente è sicuramente in po’ più complesso: implica coraggio civile, propensione al rischio, capacità di sacrificarsi molto e di incassare i colpi che, chi si vede oggetto di inchieste o reportage, non esita ad infliggerti.

Si è inoltre più isolati, molti magari ti leggono ma sono molti di meno quelli che ti stanno accanto e ti aiutano ad andare avanti. E nei momenti difficili avere una o più persone vicino sostiene la determinazione.

In Italia il più noto è sicuramente M. Travaglio, formatosi alla scuola di Montanelli, che gli insegnò, lo dice lui stesso, tra le altre cose che a 90 anni energia intellettuale e coraggio sono ancora armi preziose.

Milena Gabanelli è forse meno nota e meno esplosiva di Travaglio, ma le sue inchieste lasciano ogni volta il segno: è di oggi la notizia che grazie a lei e al suo Report, che vedremo domenica sera in Rai 3, c’era nel decreto emesso per salvare Alitalia un comma che salvava i grandi manager dalla punizione per i reati commessi.

Si vuole qui ricordare, tra i tanti, il nome di Tanzi Calisto, patron Parmalat.

Di altri giornalisti che magari lavorano bene o benissimo non si sa. Di sicuro ce ne sono. Una è al mattino di Napoli e scrive di camorra.

Ma se qui da noi andar controcorrente, contro i poteri politici ed economici o mafiosi, cioè svelare al grande pubblico quello che di sporco fanno dietro la faccia sorridente e tirata a lucido , è impresa non da poco per chi si accinge a quel compito

(Enzo Biagi, Santoro e Luttazzi non erano dei giovani alle prime esperienze eppure sono rimasti fuori per anni dai teleschermi)

all’estero, in Russia, la situazione non è certamente più facile.

La capitale di quel paese fu sconvolta da sanguinari attentati ad opera dei separatisti ceceni ed il potere reagì mettendo a ferro e a fuoco quella piccola repubblica.

Ammnesty international ha invitato a ricordare la figura e l’opera di una giornalista: Anna Politkovskaja di cui il 7 ottobre scorso ricorreva il secondo anniversario della morte.

Uccisa non si sa da chi. I più pensano che il mandante sia stato il presidente Putin, ma sicuramente tutti sanno perché.

Aveva cercato di raccontare una guerra sporca senza paura di tirare in ballo i potenti, laddove i fatti che lei raccontava li coinvolgevano.

Era conosciuta più all’estero che in patria. Ma i suoi articoli erano ugualmente temuti.

Tanti anni fa qualcuno diceva che nulla è più rivoluzionario della verità.

Anna Politkovskaja affermava che a lei non sembrava di far nulla di straordinario: guardava i fatti, li metteva in ordine, ci ragionava e li riferiva.

Aveva sicuramente percezione precisa dei rischi che correva. Non erano certo mancati né gli avvertimenti né le minacce.

Ma aveva voluto andare avanti perché riteneva che quello fosse il suo dovere civile.

Molti giornali hanno dato seguito all’invito di Amnesty I. La rubrica di Radio 3: Fahrenheit ne ha parlato. Ma in 24 ore tutto è stato dimenticato.

Ecco si sente il bisogno che figure come quelle di Anna Politkovsjaja emergano dall’oblio della dimenticanza, che vengano continuamente, con il loro lavoro, riproposte all’attenzione dei tanti che cercano modelli, esempi su cui impostare le proprie scelte.

Il pensiero corre ai tanti giovani giornalisti e ai tanti altri, meno giovani che, qui da noi, ormai da anni aspettano un rinnovo contrattuale che gli editori non vogliono.

L’insicurezza sul tuo futuro ti rende controllabile, il contratto che non arriva mai ti rende più debole, se per caso hai voglia di provare ad imitare qualcuno che rompe gli schemi, è più facile senza sicurezze di stipendio che questo desiderio tu lo accantoni.

Anche così il potere economico che controlla i grandi giornali riesce anche ad influenzare la non-formazione di un’opinione pubblica, sulla cui pesante assenza si era scagliato, in estate, Nanni Moretti a Locarno.

mercoledì 8 ottobre 2008

REAGIRE E TORNARE PROTAGONISTI

Mentre oggi i pensieri e i timori di milioni di italiani sono principalmente rivolti al destino del proprio conto in banca, sbarcano a Lampedusa barconi e gommoni carichi di migranti, 1500 circa nelle ultime 24 ore. Ponti aerei vengono organizzati per trasferirli in altri luoghi dove c’è posto.

La quotidianità del mondo globale si presenta con le due facce opposte che la costituiscono.

In un momento in cui si guarda con qualche timore al futuro non è forse sbagliato dare uno sguardo a chi con la paura, per il proprio domani e per la propria incolumità fisica, ci vive dalla nascita.

«I had a dream. Non credo che Martin Luther King pensasse a Caserta, ma se l'avesse vista oggi, sarebbe stato anche il suo di sogno». Abdoul ha gli occhi pieni di lacrime, lui una laurea in medicina e un lavoro da bracciante per 20 euro al giorno, parla perfettamente inglese e francese, poi naturalmente il dwi del Ghana.

E' un boato la manifestazione di Caserta contro il razzismo. Una sorpresa. Quindicimila, neri, bianchi, immigrati e indigeni che si abbracciano, si danno la mano, ma non è solo questo.

A due settimane dalla mattanza dei sei africani uccisi dai casalesi, è un uscire allo scoperto, e sarebbe riduttivo definirlo uno sfogo.

«Italia guardaci», urla una donna, treccine fitte e lunghe, occhi nocciola e volto scolpito, «siamo quelle che cresciamo i tuoi figli».

«Italia, noi abbiamo paura, ma non oggi che camminiamo insieme ai nostri fratelli, ti diciamo che sei razzista», è invece il grido della ghanese Doris.
Gambe, braccia, seni, anima e pensieri sfuggiti alla tratta per un soffio, dopo sevizie e sofferenze.
Camminano, e il ritmo della protesta pulsa e si sente.
Da corso Trieste a Piazza Vanvitelli.
Caserta. Finestre spalancate, balconi pieni di sguardi, pantofole, gonne e calze.

Veneziane semiaperte e subito sbarrate. Qualcuno sbircia dietro le tende, qualcun altro sventola una bandiera arcobaleno. «Heal the world make a better place for you and for me», un lenzuolo bianco incita a rendere il mondo un posto migliore per tutti, dietro i ragazzi che muovono l'economia del nostro paese.

E ancora, «Non c'è sicurezza senza diritti» è lo striscione del movimento rifugiati di Caserta, mentre il «Tutti senza confini» segue a ruota..

Gli immigrati sfilano con una fascetta nera in segno di lutto. Una due giorni per denunciare la mancanza di sicurezza, il crescente razzismo, lo sfruttamento. Perché se i casalesi hanno ammazzato e sono una scheggia impazzita di una società incancrenita, è pur vero che la mancanza di integrazione fa il resto e rende l'emarginazione una realtà ovunque nel paese

«Al nord siamo discriminati, ma almeno lì ci sono i servizi. Qui nel casertano viviamo ai margini delle città, ci dobbiamo nascondere e non possiamo nemmeno denunciare un furto. Ricattati dalla camorra e dalle istituzioni», Steven ha le idee chiare, da dieci anni in questo territorio ne ha viste tante ed è pronto a testimoniare: «Siamo gli ultimi, gli schiavi degli schiavi».

Jasmine fa parte dell'associazione in nome di Maslo, del primo immigrato ucciso a Villa Literno. Era il 1989 e Maslo, ammazzato barbaramente in un territorio dove tutto ha il nome camorra, portò alla luce la tratta dell'oro rosso.

Di tutti quelli che venivano assoldati e pagati, settemila lire al giorno, per raccogliere i pomodori che andavano al macero e facevano guadagnare miliardi ai casalesi per le quote della comunità europea.

Castelvolturno, Villa Literno, Pescopagano, oggi non si raccoglie più è per questo che gli africani non servono, «se n'anna j'». Il sole cala, la pioggia incalza, la manifestazione si scioglie, ma non il presidio. Migliaia di migranti attendono l'alba. E' la veglia per le carrette del mare. Per tutti quelli che non ce la fanno.

Fonte: Il Manifesto 5.10.08

martedì 7 ottobre 2008

FEDRO

Per una di quelle ironie che la quotidianità talvolta propone, nel giorno in cui crollano le borse di tutto il mondo ed ‘esperti’ di tutti i tipi affollano i canali televisivi (ma non era meglio chiamarli un anno fa, erano meno ‘esperti?) e occupano con le loro dichiarazioni le prime pagine dei giornali,

negli USA un supermanager del colosso bancario fallito Lehman Brother’s confessa – ma forse è meglio il ‘è costretto a confessare’in tribunale di aver guadagnato dal 2000 ad oggi 250 milioni di dollari con giochetti di prestigio finanziari.
(L’accusa dice che i soldi guadagnati sono il doppio!)

In Italia la procura di Milano chiede 13 anni di reclusione senza attenuanti per Calisto Tanzi, il capo della Parlamat perché i reati da lui commessi a danno dei risparmiatori sono durati per anni.

Viene da pensare a quali processi dovremo ancora assistere con quello che sta succedendo e quanto ridicole siano le richieste di pena, Tanzi e legali stanno già gridando all’ingiustizia davanti alle conseguenze dei vari crack.

Aumento della disoccupazione e tragedie dovute alla disperazione di chi, avendo un lavoro e basta, si trova a non avere alcun reddito.

Ieri negli States un disoccupato ha ucciso moglie, tre figli e suocero e poi si è suicidato.

Ritorna attuale dunque una riflessione di M. Serra, pubblicata, solo una settimana fa, nella sua quotidiana ‘Amaca’:

Dubitando fortemente che ”dalle catastrofi si impari qualcosa” , il giornalista parla di ”un rilancio dell’idea di sobrietà” originata dai tracolli finanziari avvenuti fino al 29.9.08!!! “che non apparteneva più da un pezzo alla mentalità corrente”.

Racconta come, ”tra gli abbienti o i quasi abbienti” ,capiti di sentire, SIA PUR CON ACCENTI PIUTTOSTO TRISTI a, ”conversazioni di qualche spessore” inerenti l’esigenza futura ”di ricominciare a distinguere tra l’utile e l’inutile”.

Pare infatti che tra queste persone ”la paventata penuria….stia dissolvendo l’illusione che tutto serva e tutto si possa avere”.

La riscoperta di un mondo e di un’idea di futuro diversi da quelli finora immaginati porta infatti a approfondire il.. rapporto con gli oggetti, o progetti, i sogni.

I dati oggettivi disponibili confermano che “il grottesco indebitamento di centinaia di milioni di occidentali deriva da smania di possesso e, nei casi più pensosi, di apparenza”.

Una voglia di avere, comprare, possedere regolata da ” meccanismi di dipendenza molto simili a quelli dei… drogati, ubriaconi, sessuomani”.

Utile quindi ricordare che solo 2000 anni fa Fedro, con la sua favola della rana che si gonfia fino allo scoppio, aveva capito moltissimo e che, purtroppo, essendo prematuramente scomparso, non può essere oggi ”un ottimo consulente per certe banche collassate e per certi clienti rimasti sotto le macerie.”

Fonti Repubblica del 30.9 e Stampa del 7.10.08

lunedì 6 ottobre 2008

L’ANALISI DEL VESCOVO DI CASERTA

Sabato a Caserta 10.000 (qualcuno ha detto il doppio) persone sono sfilate in corteo contro il razzismo e praticamente contro il potere camorrista, visto che la goccia che ha fatto traboccare il vaso colmo dell’indignazione è stata la strage di immigrati di Castelvolturno.

Sul ‘Mattino’ di Napoli sono stati pubblicati stralci di un documento scritto dal Vescovo di Caserta, Nogaro, in occasione della mobilitazione promossa dal Movimento dei migranti ed altre associazioni.

Il quotidiano riferisce che il religioso, uomo da moltissimi anni attivo nel territorio, non “è mai stato così duro.”

Egli afferma prima che “La criminalità organizzata è il potere assoluto delle nostre terre. Fa la politica e l’economia.”

(per il ‘Mattino’ i centri commerciali del casertano sono “tra i più grandi del mondo” e si registra “la presenza di immensi mezzi finanziari procurati da traffico di armi e droga”.)

Poi, approfondendo l’analisi, parla di una diffusione “pervasiva dell’illegalità che va a toccare tutti i ceti sociali ” diventando difficilmente identificabile con una categoria specifica di persone”.

La conclusione è che ”L’illegalità proclama il diritto della forza,escludendo la forza del diritto”

Dietro a questo apparente gioco di parole c’è però un concetto fondamentale:
Se l’illegalità nega il diritto, “nega…. il valore della persona, depositaria del diritto” e diventa ”violazione d’umanità”.


E’ da questa forma di violenza verso le persone che nasce quella che il Vescovo chiama”depressione civile”che si articola” in sfiducia nella vita, ..rassegnazione alla fatalità.”

Dalla sfiducia esistenziale all’agire da criminali, per possedere qualcosa o sentirsi valere un po’ di più, il passo è breve.

Ne consegue per la Chiesa un dovere preciso quello di “contrastare queste forme di avvilimento della società” perché se il cittadino si piega solo ed unicamente al proprio interesse personale e prova ”disinteresse verso il bene comune” si priva di ogni possibilità di un futuro fuori da un tessuto sociale che non sia dominato da quello criminale.

Dal ‘Mattino’ del 4.10.08

domenica 5 ottobre 2008

4 OTTOBRE 2008. UN SABATO DIVERSO

Dopo i sei morti sul lavoro di giovedì 2 ottobre ed i quattro operai deceduti il giorno dopo che, dopo la flessione estiva di vittime, riportano bruscamente l’attenzione sul tema, drammatico in Italia, della sicurezza dei luoghi di lavoro.

Dopo i vari episodi di razzismo qua e là nel paese, dopo una settimana di tante altre cose indigeribili per le istanze di base di una democrazia, ecco finalmente notizie di tenore e spessore diverso:

ieri, sabato 4 ottobre 2008, contro il razzismo dilagante 10.000 persone sfilano a Caserta, 20.000 a Roma, 2000 a Parma e 1000 ad Ancona.

Una risposta dunque, verrebbe da dire finalmente, da una società civile che esiste nel nostro paese e che da un tempo che sembra lunghissimo non riesce più ad essere protagonista.

Un messaggio di speranza per i tanti che vorrebbero dire o fare qualcosa e che si sentono come prigionieri, legati, impossibilitati a dire la loro.

Un invito a continuare, a ritrovare energia, a ritrovarsi per spezzare l’accerchiamento della cultura reazionaria che si mimetizza dietro il qualunquismo dilagante alimentato da poteri mediatici concentrati in poche mani.

venerdì 3 ottobre 2008

ESEMPLARIETA' VICENTINA

Tra le vicende alterne di Alitalia prima e la crisi finanziaria poi, e’ passata un po’ in secondo piano in questi ultimi giorni la notizia che il Consiglio di Stato ha bocciato il referendum consultivo che il comune di Vicenza aveva indetto per dopodomani. Era la strada scelta per conoscere il parere dei cittadini in merito all’utilizzo dell’area dove è previsto l’allargamento della basa militare americana.

Il parere di quest’organo istituzionale è arrivato due settimane dopo che il Tar aveva dato il via libera alla consultazione considerandola legittima.

Interessante la motivazione della bocciatura: si tratta di un referendum ‘inutile’ perché l’obiettivo perseguito dall’ente promotore cioè il Comune è ‘irrealizzabile’

In altre parole è inutile che alla gente si chieda di dare un parere si badi bene, non di decidere su quello che sarà il loro futuro in merito all’ambiente, viabilità e sicurezza perché io, Consiglio di Stato, ritengo che il tuo fine non possa concretizzarsi.

Della questione si è occupato l’altro ieri Ilvo Diamanti che, dalle colonne di Repubblica, ha esaminato la vicenda articolando un ragionamento di notevole incisività sul valore del concetto di democrazia.

Diamanti parla di ‘esemplarietà’ del caso Vicenza perché lo stato nega ai cittadini il diritto di seguire procedure istituzionali dato che è tutto deciso.

Non c’è neanche da temere la voce dell’opposizione perché sulla base l’accordo è di ambedue i massimi schieramenti politici nazionali.

L’autore dell’intervento ricorda come negli ultimi due anni nessun politico di centro-destra o centro- sinistra sia mai andato a Vicenza ad un pubblico confronto e ancor meno ministri dei due governi che in questo periodo si sono avvicendati alla guida del paese.

Unica voce fuori dal coro, a parte la sinistra, ora fuori dal parlamento, quella del Presidente
della Repubblica che proprio in quella città ha trovato il modo per auspicare una conciliazione degli interessi locali con quelli nazionali non negando però il diritto dei cittadini ad esprimersi.

Invece, citiamo, ‘Il Consiglio di Stato (come le principali forze politiche nazionali) ha negato questa possibilità perché "ha per oggetto un auspicio irrealizzabile... su cui si sono pronunciate sfavorevolmente le autorità competenti". Sostenendo, in questo modo, che l'utilità della democrazia si misura solo a partire dal suo "rendimento" concreto; dall'efficacia dei risultati.’

La democrazia come ’ un utensile per realizzare "prodotti" pubblici’.

Per il sistema democratico sembrano valere logiche di impresa privata e si dimentica
invece

’che la democrazia ha valore in sé. E' un valore in sé.
Le procedure mediante cui si realizza "servono" come fonte di legittimazione perché garantiscono riconoscimento alle istituzioni e consenso alle autorità.

Mediante gli strumenti istituzionali il dissenso sociale ha modo di percorrere una strada di mediazione e partecipazione che di fatto impedisce che si arrivi allo scontro

Ed ancora una volta ma in senso opposto diventa ‘esemplare il caso Vicenza’ perché negli ultimi due anni con il metodo della partecipazione e del confronto si sono superati momenti difficili pervenendo addirittura ad una lista ‘No dal Molin’ che si è presentata con successo alle recenti elezioni comunali.

La prospettiva del referendum ha consentito di incanalare il dissenso più forte eliminando la possibilità di una reazione violenta.

Il confronto dalla piazza è passato nelle sedi istituzionali preferendo la logica della rappresentanza ma con una forza maggiore perché la piazza la ‘democrazia diretta’ diventa un alleato di quella rappresentativa.

Un capolavoro politico quello della città veneta perché con il referendum il sindaco Variati
-avrebbe avuto - uno strumento per "governare" il malessere e le tensioni sociali
. Perché, qualsiasi ne fosse stato l'esito, avrebbe ottenuto una delega a "negoziare". Anche se non vi fosse stato nulla di negoziabile … in quel caso, avrebbe pagato lui, il sindaco, insieme all'amministrazione il prezzo di aver generato aspettative deluse.

Impedendo il referendum si decreta l’inutilità della democrazia, della partecipazione, si afferma implicitamente che ” è meglio decidere ignorando il dissenso”.

Ma operando istituzionalmente in questo modo si va in una direzione pericolosa, come conclude amaramente Diamanti:

la democrazia ha una funzione terapeutica, prima che pratica e strumentale. Serve a curare la frustrazione nei rapporti sociali e politici. A evitare che degeneri.

Quando diventa inutile allora è lecito avere paura.”


Da Repubblica del 1.10.08

giovedì 2 ottobre 2008

DA DIDALA A SPIKE

14 Agosto 1944: 560 cinquecentosessanta cittadini innocenti di un paesino toscano, Sant’Anna di Stazzema, furono uccisi dai tedeschi in un modo che definire barbaro appare riduttivo.

Su questa strage il film di Spike Lee, in uscita nelle sale italiane: ‘Miracolo a Sant’Anna’ dà una versione dei fatti che gli ex-partigiani contestano fortemente.

Tra le prese di posizione, la lettera, che si riporta integralmente qui di seguito, – le evidenziazioni sono del blog - della sig.ra Ghilarducci al regista, pubblicata nel quotidiano La Stampa di ieri.

Secondo un altro giornale: La Repubblica, Spike Lee non ha risposto.

Gentile regista,
mi chiamo Didala Ghilarducci. Sono una vecchia partigiana. Mio marito, Chittò, fu ucciso dai nazisti sui monti versiliesi alcune settimane dopo la strage di Sant’Anna di Stazzema, in quel terribile agosto del 1944.

Mi sono risolta a scriverle perché quello che leggo sui giornali a proposito del film che lei sta girando mi fa sentire il cuore pesante come un macigno.

Pare infatti che nel film si avvalori la falsa tesi che la strage venga compiuta a causa della ricerca di partigiani presenti in paese. È una falsa tesi, che i detrattori della Resistenza hanno sempre sostenuto per dare ai partigiani la colpa di quella strage.

Tutte queste voci che si rincorrono sul contenuto delle scene girate a Sant’Anna, se possono poco turbare lei, danno agli uomini ed alle donne della Resistenza italiana una dolorosa inquietudine.

So che lei è un grande regista, so che nei sui film è riuscito sempre a raccontare drammi, dolori ed oppressioni che ci hanno emozionato ed hanno fatto crescere la coscienza civile anche qui in Europa.

Di questo soprattutto le sono grata.

Ho lottato una vita per la democrazia, i diritti civili e la libertà che non posso non trovarmi accanto a chi combatte e denuncia ingiustizie e sopraffazioni.

Proprio per questo vorrei essere altrettanto brava da poterle non solo spiegare, ma farle sentire in qualche modo, perché ogni finzione, ogni aggiustamento di quanto avvenuto a Sant’Anna di Stazzema mi pare, ci pare, inaccettabile.

Quando le persone, una comunità, hanno vissuto un lutto così profondo e traumatico, comprenderà che conservino sul tema una sensibilità esasperata dal dolore che brucia ancora la carne a distanza di sessant’anni.

Nel raccontare la sua storia, una storia importante non solo per il suo Paese, lei ha scelto di fermarsi su quella piccola piazza davanti alla chiesa, a Sant’Anna.
Una piazza che io, come altri, ho visto nel suo orrore reale ed inenarrabile nel ‘44.

Il vento può aver portato tra i boschi e verso il mare la cenere di quel rogo, ma l’angoscia, il pianto e il sangue restano aggrumati là e resteranno là nel tempo e nelle nostre coscienze di uomini e donne.

Se lei, gentile regista, si soffermerà in questo pensiero allora capirà come non sia possibile in quella piazza raccontare un’altra morte.

Non lo possiamo fare per le vittime, non lo possiamo fare per quei ragazzi e quelle ragazze della Resistenza rimasti sui monti insieme con loro a ricordarci per sempre l’orrore della guerra e il prezzo altissimo della libertà.

Se togliamo loro la storia, allora li priviamo del senso della loro morte. E questo non è possibile in quella piazza. In un’altra ricostruita altrove, ma non lì.

Non riesco ad immaginare che per raccontare una storia di diritti e di persone si finisca per sottrarre la propria storia ad altre vittime.

Ecco, gentile regista, le ho aperto il cuore nella speranza che in qualche modo da lei possa giungere una risposta che ci faccia comprendere che il senso del faticoso cammino di impegno civile, di riconciliazione che come comunità e persone abbiamo ricercato e percorso in questi sessant’anni, non sarà disperso.

*Partigiana, segretaria Anpi di Viareggio

mercoledì 1 ottobre 2008

L'OSSERVATORE E L'AGIRE POLITICO PEDAGOGICO

I giornali portano, qualcuno anche in prima pagina, la notizia, e talvolta anche la foto, di un giovane di colore, Emmanuel Bonsu, studente ghanese, dal volto tumefatto a causa delle botte ricevute dai vigili del comune di Parma.

Anche se i poliziotti della città dicono che è scivolato, scappando, e quindi si è fatto male da solo, nessuno sembra credere alla loro versione dei fatti.

Qualche giorno fa la stampa mostrava la foto di un altro africano, in piedi, costretto ad abbracciare una colonna di una stazione di polizia perchè delle manette chiudevano i suoi polsi.
Sembra che la spiegazione sia stata che, in attesa di accertamenti, non c’era posto altrove per custodirlo.

Molti hanno visto la notizia, si sono indignati e poi, con i disastri bancari ed economici imperversanti nei media, hanno dimenticato. Com’è anche logico

Altrettanto succederà con molta probabilità anche per quest’ultimo episodio di xenofobia istituzionale.

Alla memoria resta un’ulteriore foto di una nazione che si sta progressivamente imbarbarendo senza che, apparentemente, ci siano segnali di reazione. Si avverte quasi una rassegnata attesa della notizia del prossimo episodio di violenza contro extracomunitari.

Come se, dopo l’assassinio di Abdoul a Milano e la strage di Castelvolturno, una Abu Grahib o una Soweto italiane fossero imminenti.

Un clima, per chi ha a cuore paradigmi di civiltà, francamente irrespirabile.

In questo orizzonte poco confortante si è sorprendentemente inserito un articolo dell’Osservatore Romano di Sabato scorso.

Si usa l’avverbio sorprendentemente perché questa presa di posizione era da lungo attesa, anche da chi credente non lo è, e sembrava non arrivare più.

L’intervento del quotidiano cattolico, che verrà fra qualche giorno integralmente pubblicato nel nostro link ‘approfondimenti’, firmato dal direttore nazionale della Caritas Italiana, seguiva di qualche giorno una presa di posizione, della Conferenza Episcopale Italiana, critica verso le politiche governative sull’immigrazione.

Vi si parla dell’ambiguità del principio della ‘tolleranza zero’ contro i clandestini che, laddove conviene a noi, viene abilmente aggirato.

Niente di nuovo, verrebbe da dire, conosciamo il paese dove viviamo. Che lo dica però l’organo d’informazione vaticana lascia un po’ il segno.
Significa che qualche limite in eccesso è stato superato.

Ma a colpire nell’articolo del Direttore Vittorio Nozza sono due argomentazioni:
nella prima si parla di redistribuzione della ricchezza, nella seconda di giustizia politica.

Se da un lato l’estensore del testo vede la necessità di una politica, non nazionale, ma globale di diversa distribuzione delle risorse economiche in modo da eliminare e far sì che non si creino nuove aree di povertà e disperazione sociale da cui partono eserciti di ‘senza speranza’ per morire nel deserto o nel Mediterraneo o vivere da paria nei paesi ricchi, dall’altro
si espone il concetto di giustizia politica.

Politica intesa come ricerca del bene comune e affermazione della dignità della persona umana :

“La politica infatti è creazione di opinioni non tenute al guinzaglio dell'opinione corrente; è capacità e coraggio di influire sul giudizio politico dei cittadini; è azione capace di operare affinché si determinino cambiamenti nell'opinione pubblica imperante”.

In altre parole la logica emergenzialedeve lasciare il posto a
progetti “fondati sull’equilibrio tra diritti e doveri, tra sicurezza e integrazione” .

”Esistono più voci, nell'informazione, nella cultura, nelle forze politiche, che spingono a forme più o meno raffinate, di diffidenza, intolleranza, contrasto, violenza. È urgente pertanto una rinnovata tensione e azione pedagogica.”

Fonte: Osservatore Romano del 27.9.08