martedì 23 dicembre 2008

SENZA PAROLE

Quello di oggi è l'ultimo post del blog 2008 del Centro Mori.

Questo diario quotidiano, iniziato in Gennaio ha avuto in quest'anno che va a chiudersi vicende alterne: momenti di visite frequenti si sono alternati ad altri in cui il numero di letture era decisamente più basso.

Si apre quindi una fase di riflessione e di valutazione sul se ed eventualmente sul come continuare questa esperienza nel 2009.

L'ultimo contributo riguarda la vicenda dei martiri di Blessaglia e dell'articolo apparso sulle pagine locali del Gazzettino il 19 u.s.

Vi si legge che il parroco del paese ha fatto un intervento dal pulpito della chiesa per esprimere il suo dissenso dalla manifestazione del ricordo.

Poi ancora nel bollettino parrochhiale ha scritto:"Nella Santa Messa di Domenica sera ricorderemo in particolare l'ex-presidente della Carinzia Jorg Haider, deceduto recentemente" richiamando due righe più in sotto la sua disapprovazione per la cerimonia di commemorazione di dieci giovani partigiani impiccati dai nazifascisti nel Portogruarese 64 anni fa.

Si resta senza parole

Viene da chiedersi se viviamo ancora nel posto dove siamo nati o se per caso non stiamo sognando.

Poi subentra la volontà di sforzarsi a ragionare.

Può essere che il parroco abbia esagerato, può anche essere che il Gazzettino abbia, magari involontariamente, enfatizzato qualche momento di stizza del prelato.

Poi però si fanno strada nella mente dei ricordi:

- vecchie letture di articoli che parlano di libri negazionisti, scritti da storici, editi in Germania anni fa.

- un dibattito nazionale che ha portato alla luce violenze dei partigiani messe sullo stesso piano, più o meno in buona fede, di quelle della sponda avversa, evitando di inquadrarle nel progetto sociale e politico e nella loro relatività rispetto a quello che di positivo la lotta di liberazione ha prodotto.

- il risultato delle recenti elezioni in Austria, a due passi da qua, in cui l'uomo politico Haider, era risultato di fatto il trionfatore, avendo riscosso consensi in grado di influenzare gli equilibri nazionali.

- il fatto che ai suoi funerali avessero partecipato le regioni Friuli Venezia Giulia ed il Veneto con il loro gonfaloni, come pure il Comune di Jesolo con il suo stendardo.

Ricordi questi che creano un quadro di un territorio in cui paiono esser presenti, vivi e attivi sentimenti, per usare un aggettivo prudente, profondamente conservatori.

Ma la partecipazione alla cerimonia funebre di Klagenfurt di due tra le regioni più ricche del paese assume anche altri significati come per esempio
l'auspicio che anche qui emerga una figura politica al contempo moderna, nello stile di vita, e preoccupantemente antica nel modello di società che immagina e costruisce.

L'episodio di Pramaggiore può essere inserito in questo contesto.

Ecco allora un motivo in più per preoccuparsi e reagire.

venerdì 19 dicembre 2008

UNA REGIONE UNA LEGGE

La Regione ha approvato una normativa storica in materia ambientale e di sicurezza sul lavoro. Abbassati radicalmente i limiti di diossina e di altre sostanze tossiche che le aziende possono emettere.

Così si rispettano i parametri Ue e si tutela la salute delle persone. Particolare soddisfazione a Taranto, la città più inquinata d'Italia. È la prima proposta del genere in Italia.

La strada intrapresa dalla Regione per tutelare la sicurezza del territorio e di chi lo abita, (troppi i casi di persone che si ammalano di tumori e molto altro) in particolare l'agro di Taranto, martoriato dalle emissioni industriali, si fonda su evidenze scientifiche.

Le stime attestano che la diossina prodotta dall'Ilva a Taranto in un anno e in condizioni routinarie, è pari a 171 grammi - dato rilevato nel 2008 sul camino E312 dello stabilimento -, che moltiplicati per 45 anni di attività del siderurgico, danno oltre 7,7 chili di diossina: tre volte Seveso.

E sono complementari a quelle contenute nel registro Ines, secondo cui a Taranto si produce il 92% della diossina italiana.

Dei paesi europei, in cui il limite di emissioni per metro cubo è fissato in 0,4 nanogrammi in tossicità equivalente, l'Italia è l'unico ad avere una legge che fissa il tetto a 10mila nanogrammi a metro cubo in concentrazione totale: il più alto. Di più. L'Ines stima anche che la fonte principale di diossina a Taranto è l'Ilva.

L'obiettivo della legge è dimezzare le emissioni entro il primo aprile del 2009, per scendere entro il 31 dicembre 2010 al limite europeo. Verranno calcolate soltanto le diossine dannose per l'uomo.

Diverso il discorso per gli impianti già esistenti, come l'Ilva di Taranto. Le emissioni di diossina prodotte dallo stabilimento a febbraio 2008, dati Arpa, oscillavano tra i 4,4 agli 8,1 nanogrammi, ma a giugno, dopo l'impiego di tecnologie Urea (che esercitano una forte funzione inibitrice) si sono ridotte anche a 0,9.

Dal primo aprile del 2009 non dovranno superare i 2,5 e dal 31 dicembre del 2010 dovranno rispettare il limite europeo.

Lunetta Franco, di Legambiente Taranto, aggiunge: «È una legge importante non solo dal punto di vista pratico, ma anche simbolico, perché spiana la strada ad altri provvedimenti di questa natura».

Fonte: Il Manifesto del 18.12.08

giovedì 18 dicembre 2008

IL BALZO DELL' "ONDA"

Eccolo l'atteso balzo degli studenti dell'"onda".
Ideato, probabilmente, in una delle tante riunioni ed assemblee che contestavano i tagli alla scuola ed all'università e preparato da tempo, si è svolto oggi all'università di lettere l'incontro tra i giovani e Roberto Saviano.

Tema della conferenza del giovane scrittore: la moralità nella vita pubblica del Sud.

Un argomento scottante in un momento altrettanto caldo per la pulizia della politica.

Colpisce in primo luogo il pragmatismo del movimento studentesco che, finito il momento della protesta, si aggrega attorno al nodo centrale del conoscere per capire.

E sceglie un interlocutore altettanto pragmatico ed incisivo, colui che a soli 28 anni è già diventato il simbolo di una nuova resistenza: quella contro il malaffare nella vita pubblica.

Rainews 24 ha il merito di trasmettere l'intero incontro. Le Tv ne mandano un breve spezzone.
Ma pochi minuti bastano a 'bucare il teleschermo', a far capire che ci si trova davanti ad una svolta culturale e politica e del movimento studentesco di Roma e nazionale perchè è probabile che poi altre città seguano quanto organizzato nella capitale.

Una generazione di giovani che si è pacificamente ribellata al taglio dei fondi per la scuola salta ogni mediazione e va alla fonte più pulita per capire il modo in cui lo 'sporco' soffoca il loro futuro.

E le parole di Roberto, attraverso Rainews 24, 'bucano' una seconda volta lo schermo.

Trasmettono il brivido che attraversa chi dice nomi e cognomi, rischiando la propria vita.

Fanno capire il gioco gigantesco che condiziona l'esistenza di milioni di persone.

Spiegano come è difficilissimo per il serio e l'onesto agire in modo coerente.


Articolano ragionamenti sulle culture: quella camorrista, quella del politico del Sud, quella della gente del territorio.

Snocciolano le cifre economiche con cui il potere camorrista governa.

Chiariscono come un ganglo vitale sia anche per i malavitosi quello costituito dai media.

Ricordano i tanti bravi giornalisti che combattono da soli in oscuri giornali di provincia clan camorristi che temono solo i grandi quotidiani nazionali.

Indicano le strade da percorrere per riuscire ad incidere in una realtà che è, apparentemente, immodificabile.

Fonte Rainews 24 di oggi

mercoledì 17 dicembre 2008

LAVORI IN CORSO

Il parlamento europeo ha respinto in seconda lettura la proposta di portare la settimana di lavoro nell'ue fino a 65 ore, accogliendo tutti gli emendamenti della commissione lavoro.

Il Parlamento europeo ha bocciato il compromesso faticosamente raggiunto dai ventisette per consentire un orario di lavoro fino a 65 ore nell'Unione europea.

La proposta di revisione dell'attuale direttiva sull'orario di lavoro ha portato a Strasburgo e alle porte dell'Europarlamento migliaia di lavoratori provenienti da tutta Europa e che hanno sfilato per le strade della città con lo slogan "no alle 65 ore" e "sì a condizioni di lavoro decenti".

Ora si riaprirà la procedura di conciliazione col Consiglio.

Una prospettiva che di fatto rimetterebbe in discussione la possibilità per la direttiva di essere approvata perchè i tempi del negoziato arriverebbero proprio a ridosso delle elezioni europee, che si terranno a giugno del prossimo anno.

Dopo la direttiva sulla liberalizzazione dei servizi, la cosiddetta direttiva Bolkestein, i sindacati europei si sono nuovamente mobilitati per contrastare questa proposta sull'orario di lavoro, che giudicano il primo passo verso un arretramento dell'Europa sociale, proprio in un momento di particolare crisi economica.

Obiettivo dell'Europarlamento, ha spiegato il relatore Alejandro Cercas, è mettersi di traverso al compromesso raggiunto a giugno fra i ventisette, in base al quale un lavoratore può dare il suo consenso a lavorare da 60 fino a 65 ore come media trimestrale, in presenza di un contratto collettivo, rispetto al tetto di 48 ore.

«C'è in quest'aula un'ampia maggioranza per dire che gli uomini non sono macchine e che la salute, la sicurezza e la vita famigliare vengono prima di tutto», ha affermato il relatore.

Fonte: Unità di oggi

martedì 16 dicembre 2008

FUORIPORTA

Confindustria parla oggi di 600.000 posti di lavoro che saranno permanentemente persi nel paese a causa della crisi economica.

Il governatore della Banca d'Italia dice che ci vuole un piano B per l'Italia per impedire che la crisi diventi un disastro.
Evita, garbatamente, di aggiungere che in Inghilterra, Francia e Germania si è già avanti su questa strada.

Dare un occhio al di là del confine ogni tanto fa bene. Aiuta a comprendere meglio una realtà che l'astuta orchestrazione dei media talvolta impedisce di vedere con chiarezza.

Se quindi Sarkozy, leader della destra francese, va da Brown, leader laburista inglese, per capire bene le misure da lui approntate per arginare i problemi dell'economia (azione che in poche settimane ha portato la sua popolarità di nuovo al top e sopra il livello del leader conservatore), dall'altra parte la leader cristiano-democratica tedesca sta già predisponendo ulteriori interventi.

Tutte azioni ispirate non ad un economia di mercato liberista, ma ad un'azione stabilizzatrice dello stato in un quadro economico devastato da anni di liberismo sfrenato.

Aiuti quindi alle fasce più deboli della popolazione, difesa del potere d'acquisto di salari e pensioni.

Quello che qui da noi solo la Cgil chiede con chiarezza e con uno sciopero generale.

Non basta. In Francia Sarkozy, che aveva attuato una riforma di tagli nelle scuole superiori, è costretto a rimangiarsela totalmente. Merito della rivolta degli studenti medi francesi, ma anche della comprensione che, in questo momento, non ha senso tagliare dove bisogna investire sul lungo periodo.

In Spagna il leader socialista Zapatero avvia un programma di acquisto dei terreni di propietà delle immobiliari e vara un programma di costruzione di case popolari sulle stesse aree.

Se riusciremo anche qui a salvarci dal terremoto economico in atto, lo dovremo anche a questa giovane Europa così bistrattata da tante parti ed al suo Euro.

Fonti: Rai News 24 e www.eddyburg.it


lunedì 15 dicembre 2008

IL GRANDE ED IL PICCOLO

L'"onda" degli studenti, insorti contro i tagli alla scuola pubblica e scesi in piazza con ripetute manifestazioni assieme a famiglie e sindacati, sembrava aver avuto come unici risultati grandi effetti emotivi (gli entusiasmi di quelle settimane) e l'acquisizione di consapevolezza di tanti giovani delle politiche di distruzione della scuola pubblica.

L'energia prodotta dalla ribellione pacifica di tanti giovani ha avuto però a settimane di distanza dall'apice delle proteste un effetto che ha sorpreso più di qualcuno: una marcia indietro del governo sui punti più contestati.

Quanto concreto sarà questo dietrofront lo si vedrà.

Ma un risultato tangibile l'onda lo ha prodotto e non è poco considerato il momento politico ed economico.

Venerdì uno sciopero riuscito della Cgil per politiche di sostegno alle fasce più deboli della popolazione, praticamente inermi davanti alla crisi, è stato di fatto ignorato dai media e chi avesse voluto cercare traccia del milione e mezzo di manifestanti in 108 città nei giornali di ieri, avrebbe cercato invano.

Ma nonostante il coprifuoco mediatico pare che anche qui ci sarà qualche cambiamento, magari non subito.

Un segno che agendo su giuste istanze si riesce a raggiungere qualcosa e che, proposte operative concrete hanno seguito tra i cittadini.

Nel nostro territorio parlano da soli i numeri di presenze delle persone ad un'assemblea pubblica a Concordia (500) su una questione locale, alla cerimonia di commemorazione dei martiri di Blessaglia (150), al discorso di Don Ciotti a Portogruaro (200) e alla conferenza di Gherardo Colombo (250) sempre a Portogruaro.

Sono segni di vitalità di un tessuto democratico che le tante sconfitte non hanno ancora debellato e che, vedasi la partrecipazione giovanile alla fondazione di Libera, sa produrre nuove energie.

Sono segni di speranza e di fiducia da raccogliere e da far crescere.

venerdì 12 dicembre 2008

108 MA NON BASTA

Oggi c'è lo sciopero generale indetto dalla Cgil per un sostegno alle fasce più deboli della società contro la violenza dell'attuale crisi economica.

Manifestazioni e cortei in 108 - centootto città. 200.000 persone a Bologna, 40.000 a Cagliari, 30.000 a Torino.

Non sono i numeri massimi di uno sciopero generale, ma non sono neanche numeri piccoli.

Pensionati, studenti, disoccupati, precari hanno affollato le piazze di un paese flagellato dal maltempo. Molti tra questi hanno dato una giornata di lavoro per la riuscita della manifestazione.

Con i tempi, e i salari che corrono, è uno sforzo non comune
.

Chiunque apra i maggiori quotidiani nazionali di oggi on-line non trova però questa notizia ai primi posti. Deve cercarla ben oltre la prima shermata.

Ci sono un sacco di argomenti più importanti per La Repubblica, il Corriere della Sera e la Stampa.

Più o meno la stessa cosa si può dire dei quotidiani in edicola e dei tg televisivi che sfoggiano inquadrature dal basso del corteo di Bologna.

Dall'alto il telespettatore si potrebbe rendere conto del numero di persone presenti.

Pochissimi minuti e via. Di manifestazioni in 108 città non una parola o solo un rapido accenno.

Il ruolo normanlizzatore dei mass media pare voler dispiegare tutto il suo potere per far passare in secondo piano la protesta degli strati più esposti alla crisi del paese.

Se c'è qualcuno che ha ancora dei dubbi sul livello di guardia in cui versa la democrazia italiana, costui oggi può provare a darsi una risposta più precisa.

giovedì 11 dicembre 2008

L'ALTRO VOLTO DEL CALCIO

Seedorf (calciatore di colore del Milan), vogliamo parlare un po' di calcio e responsabilità sociale?

"Volentieri. Partiamo da un dato innegabile: il calcio dà una visibilità enorme e consente di lanciare segnali molto forti. C'è chi sfrutta questa possibilità, chi no, chi vorrebbe ma non sa come.
Io credo che noi dobbiamo dare l'esempio e comportarci bene in campo, soprattutto pensando che ci guardano i bambini e che per natura i bambini sono portati a imitare i gesti. …
Finché siamo sotto i riflettori, il comportamento dev'essere serio e responsabile
.
Basta perdere il controllo per due secondi e si finisce su You Tube".

Ho letto della fondazione (playground) che ha realizzato in Olanda e mi ha colpito il fatto che ci siano spazi per i bambini e anche per i vecchi.

"Mi sembra una cosa logica. I ragazzi giocano a calcio o a basket, i vecchi a bocce. Sono partito dall'idea di riavvicinare le persone. Qui in Italia voi pensate che l'Olanda sia un paradiso per l'integrazione, invece è dura. Il playground è attaccato alla scuola dove ho studiato dai 6 ai 12 anni ad Almere, vicino Amsterdam.

La città è cresciuta in fretta, con relativi problemi di malessere sociale. Dopo tre mesi di playground, il tasso di criminalità era calato del 30%. Adesso è frequentato anche dai musulmani, un po' restii all'inizio.

Altri progetti in cantiere: quello, già avviato, di Malmberg, vicino Capetown, In Sudafrica. Poi, forse, Djibuti e il Vietnam. Certamente Milano.”

Il calcio qui da noi?

"Intorno al calcio in Italia c'è troppo odio, come in una guerra non dichiarata. Su una vittoria o una sconfitta si ricama per mesi. Per me non esistono nemici, solo avversari, e solo per il tempo della partita.”

Parliamo degli altri, allora. Secondo lei l'Italia è un paese razzista?

"Secondo me l'Italia è un bellissimo paese popolato in gran parte da bellissime persone. Non è un paese razzista, bisogna stare attenti a usare questa parola a proposito. Più circola la parola "razzismo" più si fa propaganda al razzismo. Io farei circolare la parola "integrazione".

In Italia semmai c'è una forma di stupidità culturale che porta alcuni, insoddisfatti della propria vita, a un comportamento spregiativo e aggressivo nei confronti dei più deboli.

Stupidi sì, ma non fino al punto di prendersela coi più forti. S'è visto mai, questo? I più deboli sono gli zingari, gli immigrati dai paesi poveri d'Europa, quelli che vengono dall'Africa, ma sono anche gli italiani poveri, i senzatetto come quello che è stato bruciato a Rimini. Non è razzismo".

Nel caso del ragazzo ghanese pestato a Parma dai vigili urbani, lei di che parlerebbe?

"In quel caso, di razzismo. Ma io sono contrario, se vuole saperlo, alle sanzioni dell'Uefa per i campi dove qualche spettatore intona cori razzisti…. non trovo giusto che tutta una tifoseria paghi per il comportamento di pochi.
Trovo giusto che si educhi uno stupido affinché perda un po' della sua stupidità. Aiutare, non punire. Oppure sì, punire, ma quando s'è fatto di tutto per aiutare".

Intervista di G. Mura da 'Repubblica' di oggi

mercoledì 10 dicembre 2008

LA LETTERA DI FRANCA

Valentina, Francesco, Luca, Gaia, Daniele, Laura, Roberto, Martina...

Sarebbe interminabile la lista dei giovani “cervelli” italiani costretti ad emigrare presso Centri, Istituti e Università straniere a causa dei continui tagli governativi alla ricerca scientifica, diventati una definitiva mannaia su quella che dovrebbe essere riconosciuta, invece, come la risorsa più preziosa di un Paese che aspiri a definirsi civile e avanzato.

E così può accadere che sia il privato cittadino a dare l’esempio contrario e virtuoso, rimediando clamorosamente alle mancanze dello Stato:

Franca Rame, donna-simbolo dell’impegno sociale e della coscienza civile più autentica in questa Italia disastrata dalla cattiva politica, ha deciso di donare alla ricerca sull’Aids la bellezza di centomila E. destinati a trattenere nel nostro Paese (e precisamente all’Istituto di Genetica Molecolare di Pavia) almeno uno dei giovani ricercatori, promettenti e preparatissimi, che in numero impressionante se ne vanno all’estero per costruire la loro carriera e contribuire al progresso della medicina e della scienza.

Lungi da Franca l’intenzione di ostentare la sua straordinaria generosità, ma il suo gesto doveva essere reso pubblico, perché risulti di esempio per tutti ...;

e dovrebbe anche suonare come uno schiaffo morale alla vergognosa politica del ...“risparmiare risorse finanziarie” a danno della scuola pubblica, dell’Università e per l’appunto della ricerca.

«Con la presente Le confermo la mia volontà di donare 35.000 euro all’anno per tre anni - per un totale di € 105.000 finalizzati all’assunzione per un periodo di tre anni di un giovane e promettente ricercatore, da associare al gruppo di ricerca del Dott. Maga presso l’Istituto di Genetica Molecolare del CNR a Pavia.

Lo scopodella mia donazione è quello di sostenere un giovane che si occupi delle ricerche tese a sviluppare nuovi approcci farmacologici al trattamento dell’infezione del virus HIV-1.

La mia donazione dovrà essere considerata come una erogazione liberale e verrà effettuata secondo i termini da concordare con gli uffici preposti del CNR. Cordiali saluti, Franca Rame».

www.radicalsocialismo.it

martedì 9 dicembre 2008

UN LIBRO SUL NEOFASCISMO ANNI '70

Il libro di Nicola Rao, Il sangue e la celtica, che non è certo il primo ad affrontare il sanguinoso ciclo delle stragi e dei sogni golpisti che va dal 1969 al 1974, ma è in compenso il primo ad addentrarsi in quel continente misterioso facendosi guidare dagli «indigeni», dando cioè la parola ai neofascisti che di quella fase furono, a diverso titolo, protagonisti.
….
Per molti versi, il lavoro di Nicola Rao arriva alle stesse conclusioni cui era giunto il giudice milanese Guido Salvini.

Dalle testimonianze raccolte dal giornalista esce più che mai confermato l'impianto storico-analitico sul quale era basato l'atto di accusa dell'ultimo processo per la strage di piazza Fontana.

Emergono ad esempio in evidenza lampante, attraverso i ricordi dei diretti interessati, le connessioni strettissime tra il neofascismo veneto e quello lombardo, elemento di fondamentale importanza ma rimasto per decenni celato, individuato proprio da Salvini e dimostrato qui in maniera inoppugnabile.

È bene peraltro ricordare che l'ultimo processo per la strage di piazza Fontana ..ha sancito la responsabilità certa dell'area neofascista veneta, e in particolare di Franco Freda e Giovanni Ventura, nella «madre di tutte le stragi».
……..
L'Italia dei primi anni Settanta è un proscenio in cui, sullo sfondo della guerra fredda, si intrecciano disegni diversi….

Le testimonianze qui raccolte rivelano anche l'inconsistenza dell'equazione eversione nera-golpismo-stragismo.

Per quanto i tre livelli si siano intrecciati, la scelta dell'azione violenta contro lo Stato non comportava affatto, di per sé, un'automatica adesione al golpismo, né quest'ultima postulava di necessità il ricorso alle stragi.

La realtà è che il neofascismo italiano dei primi anni Settanta è in larga misura ancora sconosciuto, anche perché in campo democratico si contano quelli che davvero si sono presi la briga di conoscerlo.

Fonte: www.isole.ecn.org/antifa (dove l’articolo è pubblicato integralmente)

venerdì 5 dicembre 2008

SOPRAVVIVERE GRAZIE AL TERZO MONDO

Secondo l’ISTAT nel 2007 2 milioni 653 mila famiglie italiane (11,1%) si trovavano in condizioni di povertà relativa ovvero erano caratterizzate da una spesa per consumi inferiore a quella che viene convenzionalmente individuata come soglia di povertà.

Nel complesso gli individui poveri erano 7 milioni 542 mila pari al 12,8% dell’intera popolazione.

L’attuale crisi economica internazionale è destinata ad aggravare le condizioni sociali di larga parte della popolazione alimentando un fenomeno che già da tempo è emerso all’attenzione degli studiosi:

quello dell’impoverimento di fasce crescenti della popolazione che tende ad interessare classi sociali e ambienti culturali non abitualmente monitorati.

Si tratta del processo attraverso il quale individui economicamente attivi vedono ridurre le proprie capacità di risparmio e incontrano difficoltà crescenti a trovare situazioni di sviluppo per sè e i propri familiari nonché a finanziare la spesa per consumi.

Davanti ad una situazione di questo tipo si è pensato di utilizzare anche qui da noi una forma di sostegno sperimentata ampiamente e con successo nel terzo mondo:

il microcredito.

Un sistema che consente piccoli finanziamenti a chi è in difficoltà, sia privati che piccole imprese, a tassi di interessi diversi da quelli delle banche.
Con condizioni di erogazione in termini di tempi, costi e garanzie richieste, decisamente meno onerose.

Per proporre forme di sostegno di questo tipo ai più deboli il prossimo 9 dicenbre si svolgerà a Roma un convegno organizzato dall’Assessorato al Bilancio della Regione Lazio e dalla campagna Sbilanciamoci!.

Verranno messe a confronto le diverse forme di sostegno ad un’economia alternativa e identificate le priorità di un’azione comune non più rinviabile.

La Regione Lazio è la prima regione in Italia ad aver abbracciato lo strumento microcredito adottandone il metodo come contributo ad una comunità coesa, fatta di persone, microimprese e collettività finanziarie (condomini, mutue, cooperative) a cui è dato soprattutto credito relazionale dai punti di riferimento regionali.

Fonte: www.sbilanciamoci.org

giovedì 4 dicembre 2008

LA LEZIONE DEI GIOVANI PORTOGRUARESI

La sala ha più di cento posti a sedere, ma alle 8.30 sono già tutti occupati. La gente entra, si pigia, cerca spazi, si intrufola dove può. Alle 21 anche il
corridoio centrale è completamente occupato da persone che non hanno trovato altro posto dove stare.

All'o.d.g. non c'è uno spettacolo o una qualche performance bensì una serata contro tutte le mafie alla presenza del fondatore dell'associazione Libera Don Ciotti.

Il luogo è la sala consiliare del Comune di Portogruaro ed il pubblico è quanto di più eterogeneo si possa immaginare.: studenti di scuola superiore, scout di tutte le età, universitari. Giovani, tante persone con i capelli bianchi e anche gente di mezza età.

Le parole dell'atteso relatore sono seguite con attenzione, non si vede qualcuno che scambia una parola con qualcun altro, come succede normalmente, neanche sottovoce.
Una sola persona ha dimenticato di spegnere il cellulare e si deve affrettare a farlo sotto gli sguardi nervosi degli astanti.

Applausi scandisono alcuni passaggi, ma l'atteggiamento prevalente è quello di un rispettoso silenzio che sembra quasi cordoglio per il dolore delle tante vittime di mafia che Don Ciotti ricorda.

Una serata d'altri tempi, piena di impegno e di speranza, di stimoli e di impulsi ad agire. Un ritrovarsi per ripartire.


Una smentita forte e chiara per chi è ancora convinto che il qualunquismo mediatico e televisivo abbia distrutto ogni forma di partecipazione attiva alla vita sociale.

La testimonianza che un tessuto sociale sano è presente e forte anche nel nostro territorio e che aspetta solo il giusto segnale per mobilitarsi.

Non a caso il relatore ha sottolineato il carattere trasversale di 'Libera' che si dà come compito quello di unire sigle diverse, anche lontane tra loro, attorno all'obbiettivo di perseguire la legalità, la partecipazione 'responsabile' dei cittadini alla vita pubblica.

Il merito di una simile serata è dei ragazzi portogruaresi che hanno dato vita al presidio locale di 'Libera'.

Al loro coraggio ed attivismo va il grazie di tutti coloro che hanno a cuore la qualità della vita democratica del paese
.

mercoledì 3 dicembre 2008

IL VALORE SIMBOLICO DI UN 'NO'.

Negli anni settanta, una quarantina di anni fa, quando il nostro Paese era attraversato o scosso da un problema attorno al quale le forze politiche si accapigliavano senza trovarne o vederne la soluzione, si alzava dalle pagine dei quotidiani più diffusi la voce di un intellettuale, che riusciva a sferzare tutti i contendenti e a riportare la bussola del ragionamento sulla giusta rotta.

Pasolini, Moravia in Italia, Boell in Germania, Sartre in Francia assieme a molti altri erano capaci di correggere i governi con la sola forza di un loro breve scritto per un giornale.

Un potere che derivava loro da una vita condotta in modo coerente e da un impegno per la società civile che non conosceva steccati politici.

Ciò dava alle opinioni da loro espresse un'autorevolezza che spesso passava i confini nazionali, anche allora che Europa e globalizzazione erano concetti praticamente inesistenti.

Nel vuoto culturale di questi anni si sente molto la mancanza del potere mediatico che una grande 'intellighenzia' riesce ad esprimere.

Camilleri, Fo, Zanzotto, Margherita Hack sono ultraottantenni che reggono ancora, ma le loro voci sono come affievolite.

Nel silenzio dei pochi cinquantenni: Moretti e Benigni, un giovane intellettuale come R. Saviano (anni 28) si trova a sostenere da solo un ruolo che avrebbe bisogno di molte altre spalle per essere sopportato in modo adeguato.

Di qui l'indignazione e per le minacce di morte che il ragazzo campano ha ricevuto e per la decisione del Comune di Milano che non ha voluto conferirgli la cittadinanza onoraria.

Ma qualche volta capita quello che non ti aspetti.

A Dicembre la città di Milano, in occasione di S. Ambrogio, offre un riconoscimento ambito a dei cittadini benemeriti: il cosiddetto AMBROGINO.

Tra gli assegnatari del premio quest'anno figura un gruppo musicale molto noto ai più giovani: Elio e le Storie Tese.

Bene, creando scandalo e scalpore il gruppo non ha accettato il riconoscimento motivando la rinuncia con il rifiuto del Comune a dare la cittadinanza onoraria a Saviano e l'Ambrogino alla memoria di E. Biagi.

Un No che costerà caro ad Elio ed amici. La classe politica farà loro pagare, in termini di possibilità di tenere concerti o di apparire in TV, la scelta fatta.

Ma pagando in prima persona il gruppo sosterrà almeno per qualche giorno il pesante ruolo di coscienza civile di un paese che non riesce ad essere una democrazia normale.

La scelta che hanno fatto è un gesto che ci si augura venga imitato da altri, dai tanti che nelle fila dello spettacolo, del giornalismo, della società civile si spendono quotidianamente perchè l'Italia venga guidata in modo diverso.

Fonte: Corriere della Sera di oggi

martedì 2 dicembre 2008

MEMORIA 'STELLARE'

Una recente sentenza della Cassazione, firmata da Edoardo Fazzioli ha assolto un immigrato macedone il quale era stato denunciato e processato per essersi fatto raggiungere in Italia dalla famiglia.

La colpa del Sig. Ristoc era quella di non essersi accontentato di portare nel nostro la moglie e la piccola Silvana, ma addirittura un’altra figlia di dodici anni!

Anche se i documenti ed i permessi di tutti erano regolari, il processo è stato fatto lo stesso.

Stando ai quotidiani la sentenza della Cassazione ha fatto infuriare la Destra con dichiarazioni che esprimevano dubbi sulla capacità della magistratura di essere baluardo della legalità.

G. Antonio Stella, ben noto coautore del libro ‘La Casta’ ricorda quanto corta sia la memoria storica di questi esponenti politici.

Scrive oggi:..” non conoscono niente della grande emigrazione italiana. Niente. Non sanno che larga parte dei nostri emigrati, almeno quattro milioni di persone, è stata clandestina.

Lo ricordano molte copertine della Domenica del Corriere, il capolavoro di Pietro Germi «Il cammino della speranza», decine di studi ricchi di dettagli o lo strepitoso reportage in cui Egisto Corradi raccontò sul Corriere d'Informazione del 1947 come aveva attraversato il Piccolo San Bernardo sui sentieri dei «passeur» e degli illegali.

Non conoscono storie come quella di Paolo Iannillo, che fu costretto ad assumere sua moglie come domestica per portarla a vivere con lui a Zurigo.

Ma ignorano in particolare, come dicevamo, che la Svizzera ospitò per decenni decine di migliaia di bambini italiani clandestini.

Un razzista svizzero James Schwarzenbach dichiarava allora, anni settanta cioè 40 anni fa, …le mogli e i bambini degli immigrati? «Sono braccia morte che pesano sulle nostre spalle. Che minacciano nello spettro d'una congiuntura lo stesso benessere dei cittadini. Dobbiamo liberarci del fardello».

Marina Frigerio e Simone Burgherr, due studiosi elvetici, hanno scritto un libro in tedesco intitolato «Versteckte Kinder» (Bambini nascosti) per raccontare la storia di quei piccoli italiani.

Costretti a vivere come Anna Frank. Sepolti vivi, per anni, nei loro bugigattoli alle periferie delle città industriali.

Coi genitori che, terrorizzati dalle denunce dei vicini, raccomandavano loro: non fare rumore, non ridere, non giocare, non piangere.

Trentamila erano, a metà degli anni Settanta, i bambini italiani clandestini in Svizzera: trentamila.

Al punto che l'ambasciata e i consolati organizzavano attraverso le parrocchie e certe organizzazioni umanitarie addirittura delle scuole clandestine.

Osserva G.A. Stella che “non si ammanettano i poveri perché sono poveri” e ricorda che più di un milione di Italiani vive in condizioni di sovraffollamento nelle case popolari, mentre all’immigrato che si vuol far raggiungere dalla famiglia, la nostra legge, impone obblighi di reddito e metri quadri di spazio disponibile che molti connazionali non possono permettersi.

Fonte Corriere della sera di oggi.

lunedì 1 dicembre 2008

2000 EURO

Si è parlato nei giorni scorsi di un’iniziativa del Comune di Spresiano (Tv) rivolta ai lavoratori extracomunitari che perdono il lavoro.

In breve si propone di dare a queste persone 2000 euro affinché lascino il territorio e cerchino fortuna altrove.

Il tutto nasce dalla crisi economica che sta mettendo in difficoltà tutti i paesi produttori ed, in Italia, anche il nucleo più dinamico nel nord-est, cioè l’area trevigiana, costringendo le aziende a rivedere la produzione e di conseguenza il personale.

Tanti lavoratori rischiano o hanno già perso il posto, molti altri, lo perderanno nel prossimo anno.

Ciò comporta dei costi per la collettività. E a livello nazionale e a livello locale.

Il Comune di Spresiano pare averli fatti bene i conti:
sborsare una cifra subito che consenta l’acquisto di un biglietto aereo per l’extracomunitario e la famiglia e possa coprire qualche altro loro onere eliminando in questo modo la loro presenza in paese.

Una presenza, che nell’analisi degli amministratori, può comportare problemi: richieste di aiuto, di sussidi, lavoro supplementare per gli impiegati del Comune, ulteriori grattacapi per gli assessori che già devono pensare ai disoccupati autoctoni.

Sullo sfondo il timore che poi ne derivi anche qualche questione di ordine pubblico, come furti, spaccio e così via.

Un modo di pensare ed amministrare molto pratico e funzionale che cerca il consenso dei cittadini:

“con questi soldi vogliamo aiutarli a trovare una sistemazione più adeguata” è stato dichiarato.

Vengono in mente delle considerazioni:

La ricchezza del nord-est non è stata creata dall’opportunità di avere a disposizione manodopera a buon prezzo quando a livello locale, non si trovava nessun giovane disposto a fare i lavori manuali più pesanti?

Cosa hanno ricevuto questi extracomunitari oltre alla loro paga mensile?

Con i soldi dei loro salari non hanno allargato il mercato locale degli affitti creando ulteriore ricchezza sul territorio?

L’investimento che loro stessi hanno fatto, facendosi magari raggiungere dalla famiglia, non vale?

Tutta la ricchezza accumulata a livello imprenditoriale dove è finita?

Una parte non dovrebbe essere destinata a misure di sostegno per i tempi di crisi?

Come si deve definire l’atteggiamento di chi ora, che c’è meno lavoro, propone di escluderli, pagando i duemila euro, da questo percorso che vale per tutti gli altri operai?

venerdì 28 novembre 2008

STRANEZZE

La giornata non è ancora finita eppure oggi una novità si registra: le cronache, piene di notizie terribili che arrivano dall'Asia, non portano nuovi casi di morti bianche. Per noi abituati allo stillicidio quotidiano, quasi un dì di festa.

L'attenzione allora si rivolge altrove, alla crisi economica ed ai regali, si dovrebbe dire briciole, che il governo elargisce a chi ha più di 65 anni di età o redditi da clochard.

Viene quindi in mente il tam tam sui giornali per la ripresa dei consumi e ci si chiede:

Ma se nelle case c'è tanto di tutto, perchè accumulare ancora oggetti o indumenti o altro che va ad accrescere il problema dei rifiuti da smaltire tra qualche tempo.

E' possibile che non si possa immaginare altro da produrre? Da consumare?

Torna allora alla memoria una di quelle ricette che tanto tempo fa erano sulla bocca di tutti, mente oggi sembrano scomparse:

Per esempio: dissesto idro-geologico. Siamo un paese a rischio da questo punto di vista. Ci sarebbe lavoro per moltissimo tempo per rimettere il Paese a posto.

Altro esempio:Le scuole insicure. Sono stati già calcolati i soldi necessari a metterle tutte a norma.Perchè non si parte da lì?

Terzo: gli asili nido. Ne siamo praticamente privi. Istituirli comporterebbe lavoro e crescita. Il paese riprenderebbe il suo tasso di natalità.

Si potrebbe proseguire con la sanità o altro. Ma basta. Non ci vuole moltissimo per immaginarci e provare ad essere economicamente migliori.

giovedì 27 novembre 2008

SCENARIO PROSSIMO FUTURO

Migliaia di giovani hanno partecipato al funerale di Vito, il ragazzo ucciso da un crollo mentre era a scuola.

Uno striscione, ripreso da telcamere e fotooperatori, recitava: Non aspettano che andiamo a lavorare per toglierci la vita.

Chiara allusione ai tanti edifici scolastici a rischio ed ad altre possibili tragedie da un lato e dall'altro al fatto che gli studenti, una volta sui luoghi di lavoro, rischieranno la pelle.

Sulla home page di questo sito una striscia continua riporta giorno per giorno gli incidenti mortali e purtroppo sono poche le giornate in cui non c'è una di queste notizie da inserire.

La crisi economica che sta imperversando porta i primi conteggi dei licenziati. Un sindacato parla di 400.000, altre stime arrivano fino a 1.500.000.

La maggior parte di loro sono giovani assunti con contratti a termine o simili.

Viene spontanea la domanda su come saranno trattati coloro che riusciranno a mantenere il posto di lavoro:

Non è azzardato supporre che aumenteranno pressioni e ricatti: o fai questa cosa o si trova facilmente qualcun altro per sostituirti.

L'operaio non può che obbedire, famiglia ed altri oneri gli impongono di non ribellarsi. Poi, se succede l'incidente, si indagherà.

Questo scenario ipotetico, ma concretamente possibile, sulle tensioni e scontri nei luoghi di lavoro, che alle volte sono anche causa idiretta di incidenti, trova riscontro in un episodio riportato dalla stampa di oggi:

Un dipendente di 38 anni della filiale di viale Umbria del supermercato Esselunga ha chiesto al vicedirettore dell'esercizio il permesso di andare in bagno durante il suo turno di lavoro.

Al diniego del responsabile - a quanto si è appreso dai carabinieri - i due hanno cominciato a battibeccare. Poi il dipendente, evidentemente esasperato, ha lanciato un oggetto di legno, forse una cassetta di quelle che si usano per la frutta, contro il vicedirettore, di 45 anni.

In febbraio nello stesso posto una donna era stata così costretta a bagnarsi, senza poi nemmeno potersi cambiare fino alla fine del turno in cassa.

Tornata in servizio dopo un periodo di malattia, la lavoratrice aveva denunciato di essere stata aggredita alle spalle e minacciata a fine turno da una persona non riconosciuta nel locale spogliatoio.

La donna aveva riportato ecchimosi al volto, alla schiena e altre parti del corpo, tanto da dover indossare un collarino.

La cassiera era stata anche proposta per l'Ambrogino d'Oro, ma la candidatura non è stata accettata.

Se in supermercato succede questo, si può facilmente immaginare cosa può capitare in un cantiere o altrove dove i lavori manuali sono pesanti e di per sè già pericolosi.

Fonte: Corriere della Sera di oggi

mercoledì 26 novembre 2008

VALUTAZIONI

A Campolongo Maggiore vicino a Chioggia, zone dove non molto tempo fa ci fu un inchiesta per infiltrazioni mafiose in campo edilizio, il consiglio comunale ha deciso di dare un segnale di opposizione a chi sta tentando di condizionare la vita pubblica ed ha concesso la cittadinanza onoraria a chi di questa battaglia ne ha fatto una missione di vita, vale a dire al giovane scrittore Roberto Saviano.

A Buccinasco nel Milanese, comune che per i magistrati dell’Antimafia, è la “Platì del Nord” (“un posto dove la presenza della ‘ndrangheta è opprimente”) un consigliare di minoranza del gruppo dei Verdi ha proposto al consiglio la stessa iniziativa:

Risultato: la maggioranza di centrodestra, sindaco in testa ha abbandonato l’aula per ben due volte in due giorni diversi, facendo mancare il numero legale.

Fonte: Nuova Venezia e Corriere della Sera di oggi



Il giornalista Enzo Biagi, scomparso lo scorso anno, non riceverà la grande medaglia d'oro alla benemerenza civica del Comune di Milano.

La commissione per l'assegnazione delle onorificenze non ha accolto la candidatura presentata dal centrosinistra e a suo tempo sostenuta anche dal sindaco di Milano, Letizia Moratti.

Tutta la maggioranza di centrodestra ha infatti votato contro a un riconoscimento che, per essere assegnato, avrebbe dovuto ottenere i 4/5 dell'assise.

Non è passata nemmeno la proposta di dare allo scrittore Roberto Saviano la cittadinanza onoraria, e come bastasse a compensare "la mancanza". Milano organizzerà una giornata di approfondimento sui temi della camorra invitando l'autore di 'Gomorra'.

La grande medaglia d'oro negata a Biagi, è stata invece assegnata alla Mondadori, al Conservatorio di Milano e al critico Raffaele Degrada. Tra gli altri benemeriti Nedo Fiano, sopravvissuto ad Auschwitz, don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana, e Stefano Borgonovo e il chirurgo Mario Melazzini, entrambi affetti da Sla.

Fonte: Unità di ieri

martedì 25 novembre 2008

CONTRO L'ASSURDITA'

In un momento in cui crisi economica globale, paura di perdere il lavoro, insicurezze di tutti i tipi si accavallano nella vita quotidiana di milioni di italiani, ecco fiorire a Roma un’interessante iniziativa che va nel senso di ridurre il costo della vita e in modo particolare, impedire che esso aumenti.

Tra sabato e domenica scorsi centinaia di amministratori di comuni piccoli e non hanno dato vita al coordinamento nazionale degli enti locali contro la privatizzazione dei beni comuni.

E tra questi il primo da non privatizzare è l’acqua.

Tanti sindaci si trovano alle prese con problemi pesanti anche là dove l’acqua è stata già data in gestione ad un ente privato.

Stanchi di parlare con i call center o di vedere arrivare fatture indecifrabili, i cittadini vanno a protestare dal loro sindaco.

«Per i comuni la gestione dell'acqua diventa sempre di più una questione di ordine pubblico - spiega quindi Giovanni Cocciro, assessore di Cologno Monzese, in provincia di Milano -. Nella mia città il gestore aveva tagliato l'acqua ad un intero condominio, visto che l'80% delle famiglie che vi risiedevano non riusciva a pagare le bollette.

Abbiamo poi dovuto portare noi l'acqua con le autobotti, con costi esorbitanti».

Nella Sicilia delle eterne emergenze idriche, dove cinque anni fa venne affidato il sistema acquedottistico ad una società mista pubblico-privata, i comuni della provincia di Ragusa sono riusciti per ora a bloccare la gara di affidamento ai privati.

«Il consiglio comunale - ha spiegato Giuseppe Nicosia, sindaco di Vittoria - ha votato contro l'affidamento a società per azioni del servizio idrico, inserendo poi nello statuto comunale il principio che l'acqua non può essere considerato un bene economico».

Sono oggi centinaia le amministrazioni locali che, in modi diversi, stanno difendendo la loro sovranità sull'acqua

Sono le esperienze concrete, di resistenza quotidiana, che hanno fatto nascere la necessità di un coordinamento nazionale, con una piattaforma comune.

L'incontro di ieri è stato il momento per condividere gli strumenti legali, le strategie per battaglie spesso lunghe, costose, fatte contro una vera e propria lobby trasversale, che sulla privatizzazione dell'acqua sta basando la fortuna di imperi delle utilities, quali la romana Acea e le francesi Suez e Veolia.

E alla ripubblicizzazione verrà dedicato uno specifico seminario nell'ambito del Forum di Aprilia.

«Basterebbe in realtà meno di un miliardo di euro - conclude Corrado Oddi - per restituire ai comuni la gestione dell'acqua».

Molto meno di quanto costi una missione di guerra - ad esempio - o un salvataggio di una banca d'affari

Fonte: IL Manifesto del 23.11.08

lunedì 24 novembre 2008

17 ANNI DICIASSETTE

Cominci a pensare di più a te stesso a 17 anni, intravedi la fine degli studi superiori, inizi a pensare a come concretizzare il tuo diploma. Scartare magari la scelta dell'università, perchè troppo costosa o perchè non ci sei tagliato.

Cominci anche a guardare quelli più grandi che sono usciti da un anno o due. Sai che i primi tempi nel mondo del lavoro, se lo trovi un buco in cui infilarti, saranno poco pagati e precari.

Ma qualcosa bisogna fare per portare a casa poco, ma pur sempre qualche soldo.

Questi pensieri vanno e vengono nella tua testa. Si confondono con altri più attraenti legati all'incoscienza dell'età che hai la fortuna di poter vivere.
Si accavallano con piccoli progetti sul fine settimana o sulle prossime vacanze scolastiche di Natale.

Lo sguardo all'esterno ci va ma si ritrae anche, intimidito dalle tante notizie preoccupanti che la quotidianità ti scarica addosso.

Immagini che quello che succede là fuori riesca a non toccarti. Come si fa altrimenti a 17 anni a trovare la voglia di scherzare con gli amici, di ridere insieme, di organizzarti una serata.

Mai però ti saresti immaginato che mentri sei seduto in classe, tra i tuoi compagni, potesse crollarti un tubo di ghisa in testa e con questo chiudere la tua esistenza.

Eppure questo è successo, ma era successo anche qualche anno fa in un paesino dell'Italia centrale dove tanti bambini erano rimasti sepolti sotto le macerie della loro scuola, mal costruita, dopo una scossa di terremoto che aveva lasciato intatte le case di chi aveva speso qualche soldo per costruirsele.

Delle responsabilità di quel disastro umano non si parla più.

Di quelle che hanno posto fine alla vita del ragazzo di Rivoli e che forse condizioneranno per sempre quella di un suo compagno, fra poco non si parlerà pure più.

Forse.

Forse perchè siamo vicini a Torino dove c'è un giudice che su queste cose si impegna molto. Perchè i compagni di scuola hanno interrotto le proiezioni del festival del cinema di Torino per ricordarti a tutti, perchè i genitori hanno iniziato a manifestare.

Forse..

sabato 22 novembre 2008

PER LORENA E ALTRE: DA NISCEMI A ROMA

Niscemi è un paese della Sicilia dove l'anno scorso una quattordicenne di nome Lorena venne barbaramente uccisa da tre coetanei.

Le sue giovanissime compagne di scuola hanno fondato un circolo per le donne.

Da loro è partita un'iniziativa, poi ripresa dall'Unione donne italiane a livello nazionale, che si chiama "Staffetta":

Un'anfora verrà portata da donne di ogni regione nelle città e nei piccoli centri.

In essa altre donne potranno metterci un biglietto con un documento o una storia.

L'iniziativa partirà simbolicamente dalla scuola di Lorena a Niscemi.

Alle 14 di oggi poi la manifestazione nazionale a Roma contro la violenza sulle donne.

Sono un 1.400.000 quelle che hanno subito violenza prima dei sedici anni.

Contro questi numeri che testimoniano la drammaticità di una realtà di cui si stenta a prendere atto partiranno per Roma donne da tutte le regioni italiane.

Dopo gli studenti, un altro parte sana del nostro paese esce a rivendicare i propri diritti ed il proprio bisogno di giustizia e rispetto.

venerdì 21 novembre 2008

"QUEL SANTO CHE SFASCIO' L'ISTRUZIONE"

Questa settimana non si è più parlato degli studenti e del loro battersi per una scuola qualificata e non ulteriormente svilita.

Pare pertanto utile vedere una risposta (stralci) scritta il 10.10 u.s. da un ex-allievo di Don Milani ad un articolo comparso sul quotidiano 'Libero' il 25.9.08 a firma di M. Veneziani.

Don Milani non è un Santo, se lo fosse stato non avrebbe sfasciato l’istruzione come ha scritto lei: i Santi non fanno questi dispetti.

E’ stato un Prete, un Padre, un Maestro che con la sua fede e l’amore profondo tipico di tutte e tre le doti sopracitate, è riuscito in quasi cinque anni non a sfasciare, ma a costruire la mia vita di uomo e di cittadino.

Ero un povero montanaro semianalfabeta pauroso e timido, dopo tre anni di quella gratificante scuola , anche di lingue, a quindici anni mi ha mandato in Francia a lavorare e l’anno successivo mi convinse a partire per una nuova esperienza: l’Inghilterra ove rimasi quasi un anno.

Tutto questo secondo lei è stato uno sfascio ed il Soviet dell’ignoranza?

Ignorante è colui che parla e scrive senza conoscere la storia e l’identità.


Nemmeno io mi sentirei di dare dei giudizi pur essendogli stato accanto per cinque anni ed aver vissuto insieme a lui i bei momenti ed i più tristi, a partire dal suo isolamento...

Mi sono sentito oltraggiato dal suo articolo , ma allo stesso tempo felice perché Don Milani mi ha insegnato a pensare, a decidere, agire.


... Non voglio entrare nei temi da lei trattati a proposito di “Lettera a una professoressa” e all’”Obbedienza non è più una virtù” . Ho provato sulla mia pelle le gioie e le volgarità di quei tempi.

..Veneziani può denigrare la scuola di Barbiana nel modo più scorretto ed inopportuno. Non prenda le difese della Gelmini gettando fango su una scuola di vita, di scienza, di lingua, di pensiero, di denuncia, di coerenza e rigore.

Rigore inteso come responsabilità, come cultura, come ricerca del proprio progetto di vita, come lo era la scuola di Barbiana.


Don Milani diceva: “ I problemi degli altri sono uguali ai miei, sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia”.

Caro Veneziani lei per me sta uscendo da solo, con le carte perdenti che noi allievi della scuola di Barbiana abbiamo scartato, come ha scritto per terminare il suo articolo.

Voglio concludere in un modo diverso dal suo, le faccio i più cari saluti e la ringrazio di aver parlato ancora di Don Milani.

Nevio Santini
(Allievo di Don Lorenzo Milani e coautore de “ Lettera a una professoressa”)
Fonte: www.Icareancora.it

giovedì 20 novembre 2008

L' EMERGENZA CHE NON TI ASPETTI

Tra le tante emergenze e paure di questo periodo se ne scopre una nuova. I più attenti ne avevano sentito già parlare nel corso degli ultimi mesi del governo Prodi:

la possibilità che i troppi detenuti di un sistema carcerario che non ha spazi sufficienti potessero causare problemi ed incidenti.

Parlamentari della sinistra oggi extraparlamentare avevano fatto allora una serie di visite ai tanti centri di detenzione del paese ed il problema era emerso nitidamente.

La precarietà, ma sarebbe forse più appropriato il termine ‘disperazione’ delle

condizioni di vita dei detenuti
emerge ora dalla Regione Lazio grazie ad un richiamo del garante regionale dei diritti dei detenuti Sig. Angelo Marroni.

«Ancora un morto nelle carceri del Lazio. Ancora un decesso senza motivi apparenti.

Quella di venerdì scorso all'interno del carcere di Viterbo è la vittima numero 17 nelle carceri della nostra regione dall'inizio dell'anno.

Una vera e propria strage che si consuma nel silenzio di quanti, piuttosto, preferiscono puntare l'attenzione su inasprimento delle condizioni di detenzione e certezza della pena».

Sulle cause della morte di Emiliano L., questo il nome del detenuto, la Procura avrebbe aperto un fascicolo contro ignoti.

«In due mesi, dal 13 settembre ad oggi, abbiamo registrato - ha aggiunto Marroni - sei decessi, cinque dei quali per cause da
accertare.


La drammatica conferma che la sicurezza dei cittadini è solo uno dei lati della medaglia: dall'altra parte ci sono,
infatti, le precarie condizioni di vita nelle carceri e il sovraffollamento, che impediscono in recupero sociale dei
detenuti».


Secondo il garante dei detenuti del Lazio «non possiamo più nasconderci: non basta più parlare di nuove strutture o inventare leggi che creano più carcere, come la recente norma che prevede la detenzione per chi abbandona i rifiuti.

Serve invece coraggio per immaginare un nuovo sistema che preveda, per i reati meno gravi, il ricorso a pene alternative e forse più dissuasive».

Resta l'interrogativo sulla situazione negli istituti di pena delle altre regioni italiani.

Contrariamente al passato, quando la difficoltà di vita nei reclusori portava a rivolte o ad azioni dimostrative come il salire per giorni sui tetti, questa volta la reazione sembra di segno totalmente opposto.
Fonte: Unità del 18.11.08

mercoledì 19 novembre 2008

NAZIROCK E FORZA NUOVA

Dopo l’aggressione da parte di quattro attivisti di destra a due ragazzi di sinistra a Bologna l’altro giorno (uno dei due è stato ricoverato in gravi condizioni), il regista del film Nazirock ha scritto un articolo di cui riportiamo alcuni stralci.

Purtroppo Nazirock non è un film di finzione, è un documentario. E così devo accettare che i suoi protagonisti escano dallo schermo, in continuazione, per fare cose di cu i giornali sono costretti a occuparsi.

A Bologna, dei quattro che mandano all’ospedale lo studente d’ingegneria coi capelli troppo lunghi per non essere di sinistra, uno è Gigi Guerzoni, assieme a un altro della band Legittima Offesa.

Anche Gigi, si cui già pendeva un processo per associazione a delinquere finalizzata a violenza per motivi razziali, è stata candidato per Forza Nuova.

Questa volta gli è andata bene: non c’è stato il morto. Ma se andava come a Verona? (dove qualche mese fa dei naziskin hanno ucciso Nicola Tommasoli – vedere nel link ‘approfondimenti’di questo sito) Spero che Gigi ci pensi e cambi strada.

Forza Nuova si ritiene diffamata dal mio film. Ha mandato diffide legali agli esercenti riuscendo così a impedire una normale programmazione di Nazirock nei cinema.
Però non ha fatto causa né a me né a Feltrinelli Editore che sta distribuendo il dvd. Le aggressioni si moltiplicano. La cronaca diffama più del mio film.

Appartengono a Forza Nuova le linee telefoniche da cui sono partite le minacce all’indirizzo di Federica Sciarelli, dopo l’assalto di Casa Pound alla sede Rai di Piazza Mazzini.

Minacce pesanti: “Questa è la segreteria nazionale di Forza Nuova…verremo sotto le vostre case”. Il leader di Forza Nuova, Roberto Fiore, che in Nazirock viene ampiamente ascoltato e raccontato, nega ogni addebito:
“Come movimento politico non faremmo mai una tale assurdità”.

Ma intanto sotto la casa si Ezio Mauro, il direttore di Repubblica, appare uno striscione intimidatorio
“Direttore, basta falsità” firmato Forza Nuova. Da cui Roberto Fiore prende immediatamente le distanze: “Piena solidarietà al direttore”.

Cosa pensare? C’è qualcuno che diffama Forza Nuova spacciandosi per Forza Nuova? Saperlo.

C’è una destra irresponsabile. Nel mio film si vedono i giovani di Forza Nuova innalzare un grande striscione che chiede “Più Nazifascismo”.

Roberto Fiore liquida l’episodio come “una goliardata”, perché lo striscione originale, bottino di guerra sottratto alla sinistra, diceva “Mai Più Nazifascismo”. I ragazzi hanno solo tolto “Mai”.

Poi c’è una destra anonima, incredibilmente cattiva, che lavora sottotraccia. …

Il testo integrale del contributo nel sito: http://isole.ecn.org/antifa/

martedì 18 novembre 2008

IL CONTROLLO INSUFFICIENTE

“Un mescolatore chiuso, nel senso che è una camera chiusa, è come una macchina impastatrice per fare la pasta… vi si mettono i polimeri e poi le cariche e poi si mescola fino ad ottenere un prodotto omogeneo, una mescola (di gomma)cruda che poi si dà ai clienti.”

Questo mescolatore è il macchinario che è esploso domenica nell’azienda Marconi Gomme nella provincia bolognese provocando la morte del direttore dello stabilimento e di un operaio. Altri tre sono rimasti feriti.

"Vi si stava facendo un esperimento, cioè si stava provando a formare un prodotto non completo…la cosa più sicura che si possa fare…e gli operai non hanno bisogno di alcun tipo di protezione per questo tipo di lavoro".

Tutto questo lo dichiara al giornale il direttore della produzione dell’azienda.

Si è quindi trattato, pare, di un incidente imprevedibile in un’azienda dove le norme di sicurezza, stando al quotidiano, erano rispettate e dove non c’erano mai stati problemi di questo tipo prima . Un evento casuale nella sua tragicità.

A contrastare le dichiarazioni del dirigente quelle, pure riportate nello stesso articolo, di una donna che abita là davanti la quale ha parlato di ‘morte annunciata’.

“C’erano giorni in cui non si respirava, si alzavano nuvole nere che coprivano tutto. Abbiamo chiamato tante volte la Usl, non è cambiato niente.”

Ieri è stato anche il giorno del rinvio a giudizio dei dirigenti della Thyssen-Krupp e quindi l’emergenza nazionale della sicurezza nei luoghi di lavoro e, viene da pensare, anche dei residenti nelle zone adiacenti ai luoghi di produzione, torna in prima pagina quasi oscurando per un giorno altri avvenimenti.


Nel riflettere attorno a quest’ultima tragedia, torna in mente l’incendio alla De Longhi di qualche tempo fa qui in provincia di Treviso. Si alzò una nube così grande da oscurare il cielo per diverso tempo. Si parlò di nube tossica. Si disse che si sarebbe fatta chiarezza grazie alle analisi etc. etc...

Sui risultati di quelle indagini i ricordi si sbiadiscono, non se ne è più parlato più di tanto ed altre emergenze hanno messo in secondo piano quell’evento.

Chi aveva respirato quell’aria, può forse aver avuto dei problemi,ma chi ha più cercato di scavare ed indagare per saperne di più?

Ricordando questo tipo di incidenti, il problema della sicurezza nei luoghi di lavoro diventa una
questione più ampia che va a toccare i luoghi in cui si insediano le industrie.

E non sfugge a nessuno che, in mancanza di un severo sistema di controlli ed ispezioni, in una congiuntura in cui il lavoro diventa una necessità primaria a livello globale, chi lo deve produrre stretto tra problemi del mercato e del credito, cerca soluzioni che siano il meno onerose possibili.

Le conseguenze sono poi nella cronaca quotidiana.

Almeno in questo il nostro paese è tristemente all’avanguardia in Europa.

Fonte: Resto del Carlino del 17.11.08

lunedì 17 novembre 2008

NUOVI DIRIGENTI

In una sua recente intervista il sociologo De Rita affronta il problema di un’Italia che è priva di una classe dirigente che sappia rinnovarsi, rigenerarsi, ringiovanirsi e che prigioniera delle sue stesse logiche, soffoca ogni possibilità di cambiamento.

De Rita vede una società sostanzialmente priva di una rappresentanza adeguata.

Vede però anche i luoghi dove i nuovi dirigenti, da cui può aver origine la rinascita del paese, si formano e attende che qualcuno se ne accorga.

Qui di seguito alcuni passi del suo colloquio. Il testo integrale sarà presto presente nel link ‘approfondimenti’.


…il problema che stiamo affrontando è quello di una logica gerarchico-piramidale, di un sistema antico controllato da una classe dirigente che si annida nella vetta della piramide e manda tutto il resto all'inferno. E' l'effetto di uno Stato accentrato fin dal Risorgimento, che ha prodotto una stratificazione sociale e di potere granitica che non si intacca se non si riesce a cambiare la governance del paese.

….le classi dirigenti sono quelle che conquistano la puntina della piramide in mille modi: con i soldi, i media, la corruzione, la parentela, magari il sesso.Mentre le vere classi dirigenti si fanno in periferia con il policentrismo.

…Credo invece che, alla fine, nelle aziende, come nel sindacato e nelle regioni un po' di classe dirigente si formi, nonostante tutto…

..però negli ultimi anni ho visto crescere fior di manager. Che ne so? Penso alla Merloni, a Caio, a Guerra, a Milani. E a molti altri. Per cui attenti a dire che le classi dirigenti sono tutte vecchie, inefficienti o mignottizzate.
Il circuito però è stretto, è vero. Per stappare la bottiglia bisogna allargarlo di molto quel circuito
".

…ma il problema non è che ci sono i fannulloni, è invece che il vertice della piramide è lì chiuso nella sua punta e a quelli non gli fa fare niente. Se ne esce soltanto passando dalla monarchia piramidale alla poliarchia. Le moderne élite si formano nel policentrismo. O non si formano affatto.

…qualcuno dovrà pur accorgersi prima o poi che nella formazione delle classi dirigenti siamo più arretrati di tutti gli altri…

Da Repubblica del 13. 11. 2008

sabato 15 novembre 2008

IMPARATEVI

Imparatevi è un modo di dire napoletano. Esprime un invito perentorio ad una maggioranza a seguire il buon esempio di comportamento di poche persone.

Imparatevi l'hanno detto ieri migliaia di giovani studenti e ricercatori a Roma non solo al governo del taglia e taglia ma anche a tutti coloro che erano là pronti a gettarsi sullo stereoptipo dello studente che scende in piazza per sfogare la propria rabbia in modo violento etc. etc.

Ancora una volta questo movimento ha dato una lezione di civiltà ai tanti benpensanti che, tranquilli del loro futuro, guardano con qualche fastidio alle proteste giovanili.

Non basta hanno creato un proprio ministro virtuale: nome Anna Adamolo, anagramma di Onda Anomala

Lo si apprende dal blog http://annaadamolo.noblogs.org/

Il nuovo ministro ha un sito www.ministeroistruzione.net/site/, un nuovo «ministero occupato», dove tutti gli Anna Adamolo d'Italia stanno già cominciando a raccontare le loro storie.

Come questa: «Sono Anna Adamolo. Non capisco perché il mio ultimo bambino, che andrà a scuola fra sei anni, dovrà fare la scuola elementare con un maestro solo, mentre sua sorella da quattro anni studia con tre maestri, e sta imparando un sacco di cose».

Chiunque può scrivere al sito (annaadamolo@ministeroistruzione.net) o può telefonare alla segreteria "chiama Anna" (il numero è sul sito).

Fonte: Unità di oggi

venerdì 14 novembre 2008

GIUSTIZIA E VERGOGNA

Stanotte treni carichi di giovani hanno attraversato l’Italia da Nord e da Sud per raggiungere Roma e manifestare oggi per la qualità del loro studio che è il futuro del Paese.

Ieri sera dei giudici hanno inflitto condanne definite lievi anche da giornali conservatori a chi massacrò di botte anni fa altri giovani manifestanti che stavano dormendo in una scuola: la Diaz.

Vergogna italiana che si somma ad altre vergogne su misfatti del passato più recente o più lontano su cui non è mai stata fatta chiarezza o quanto meno giustizia.

Un bisogno di giustizia che era all’ordine del giorno del convegno Anpi di sabato scorso a Roma avente per tema ‘A 65 anni di distanza dalle stragi nazifasciste'.

Tutti i rappresentanti dei partiti d'opposizione presenti hanno chiesto l’istituzione di una Commissione parlamentare sulle stragi nazifasciste.

Quante sono le vittime delle stragi? 10, 20, 30 mila? E chi decise di «sotterrare» insieme ai cadaveri dei massacrati, civili senz'armi e militari che avevano alzato bandiera bianca, anche i fascicoli, completi dei nomi degli assassini?

Chi prese e impose quella decisione agì per ragion di Stato, discutibile fin che si vuole (la Germania doveva riarmarsi in funzione Nato), ma animata da un criterio politico.

L'altro aspetto che influì:non estradare i generali italiani che nei territori aggrediti per ordine di Mussolini avevano gareggiato in ferocia con le Ss e di cui stanno emergendo le tremende responsabilità, è sicuramente da respingere.

Ma questo avveniva 65 anni fa, appunto, sul delta di una guerra assurda che poi ci riportò alla rinascita grazie ai partigiani. Combattevano, soffrivano, morivano, con una speranza vaga che poi si concretizzerà nella Costituzione

Ma non aver cercato quelle risposte, io dico non aver voluto, no non aver potuto, ai giorni nostri diventa una vergogna al quadrato. Se non al cubo.

Altri temi affrontati nel corso del convegno sono stati:
«rinascita dell'antifascismo». Oggi, si è detto, sopravvive a sprazzi e solo per dare risposte, e neanche sempre, al fascismo che non ha mai abbassato la testa. Un triste fenomeno che sopravvive.

I viaggi ad Auschwitz. Bene che i ragazzi e i giovani vi vadano, per capire chi furono i nazisti. Ma perché non portarli anche a Stazzema, a Fivizzano, a Marzabotto per mostrargli di cosa furono capaci i fascisti?

L'altro argomento: Cefalonia. È rimasto in vita l'ultimo dei fucilatori degli uomini della divisione Acqui. Ha 88 anni. La “giustizia militare” italiana ancora non ha deciso se incriminarlo o meno.

Fonte: Il Manifesto 12.11.08

giovedì 13 novembre 2008

LA VOCE CHE ATTIRA LO SGUARDO DEL MONDO

Cosa è il blues?, si chiede lo scrittore afroamericano Ralph Ellison. Il blues è quello che i neri hanno al posto della libertà.

Dopo aver saputo della morte di Miriam Makeba, mi è subito venuta in mente questa frase.

Mama Africa è stata ciò che per molti anni i sudafricani hanno avuto al posto della libertà: è stata la loro voce.

Nel 1963 ha portato la propria testimonianza al comitato contro l'apartheid delle Nazioni Unite.

Come risposta il governo sudafricano ha messo al bando i suoi dischi e ha condannato Miriam all'esilio. Trent'anni d'esilio.

Da quel momento la sua biografia si è fatta testimonianza di impegno politico e sociale, una vita itinerante, come la sua musica vietata.

Nelle perquisizioni ai militanti del partito di Nelson Mandela vengono sequestrati i suoi dischi, considerati "prova" della loro attività sovversiva.

Bastava possedere la sua voce per essere fermati dalla polizia bianca sudafricana.
Ma la potenza delle sue note le conferisce cittadinanza universale fa divenire il Sudafrica terra di tutti. E soprattutto l'inferno dell'apartheid un inferno che riguarda tutti.
…………………….

Mama Africa non combatte con i mezzi della militanza politica ma con la voce. E questo fa paura. Lei arriva alla gente attraverso la sua musica, attraverso successi mondiali come Pata Pata che tutti ballano, che piacciono a tutti, con una forza dirompente e vitale che il governo dell'apartheid come i razzisti di tutto il mondo non sanno come arginare o combattere.

Così, a 76 anni, è venuta a cantare persino in un posto che sembra dimenticato da dio

....lei che per anni aveva lottato e aveva viaggiato cantando per tutta l'Africa e il resto del mondo, voleva venire anche in questo angolo sperduto dove quasi due mesi prima c'era stata una strage di sette africani. Ché per lei erano africani, non ghanesi, ivoriani o del Togo.

....lo stupore con cui ho accolto la dimostrazione di passione e forza di una terra lontana come quella sudafricana che già nei mesi passati mi aveva espresso la sua vicinanza attraverso l'arcivescovo Desmond Tutu.

Invece, grazie alla loro storia, persone come Tutu o come Miriam Makeba sanno meglio di altri che è attraverso gli sguardi del mondo che è possibile risolvere le contraddizioni, attraverso l'attenzione e l'adesione, il sentirsi chiamati in causa anche per accadimenti molto lontani. E non con l'isolamento, con la noncuranza, con l'ignoranza reciproca.

Miriam Makeba.... è morta vicina, vicina alla sua gente, tra gli africani della diaspora arrivati qui a migliaia e che hanno reso propri questi luoghi, lavorandoci, vivendoci, dormendo insieme, sopravvivendo nelle case abbandonate nel Villaggio Coppola, costruendoci dentro una loro realtà che viene chiamata Soweto d'Italia.
Dal Blog di R. Saviano

mercoledì 12 novembre 2008

L'ISPEZIONE CHE NON C' E'

Questo blog ha segnalato con continuità la quotidiana strage nei luoghi di lavoro italiani.

Una tragedia che colpisce migliaia di famiglie perché non ci sono solo i deceduti ma, come in tutte le guerre, anche i feriti, più o meno gravi

A giorni in cui l’attenzione latita perché un uomo morto in un cantiere non fa purtroppo quasi più notizia ne succedono altri in cui tutti riscoprono il problema perchè il numero delle vittime è così alto da far inorridire chiunque.

Dei feriti non si parla quasi mai eppure sono tantissimi. Operai giovani o meno giovani che magari si salvano al prezzo di una invalidità più o meno grave che li accompagnerà per il resto della vita condizionando fortemente l’esistenza propria e quella dei familiari.

Ancor meno si parla di prevenzione vale a dire del modo di ridurre la probabilità che certi incidenti accadano.

Non si dice chi la deve fare, come e quando.

Anche nel nostro territorio i controlli preventivi sono ridotti.Ne parla oggi la pagina locale del Gazzettino:

Nel Veneto Orientale le aziende sono 17.000 ed i controlli 300!!

«Troppo pochi controlli per scongiurare le morti bianche», ha affermato il delegato del sindacato del Portogruarese, Gianfranco Battiston.

«Abbiamo analizzato i dati raccolti con Giorgio Cipolla, direttore dello Spisal locale (il Servizio di prevenzione igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro - uno dei Servizi del dipartimento di prevenzione dell'Asl 10 del Veneto orientale).

Sono emerse delle evidenti e significative carenze nella quantità dei controlli sui luoghi di lavoro del nostro territorio dovute al numero esiguo di ispettori che sono soltanto sei, mentre ne servirebbero almeno il doppio.

Cipolla ha anche sottolineato il bisogno di una maggiore formazione e di mezzi specialistici per fare fronte ai controlli sempre più tecnologici che gli ispettori si trovano ad affrontare quotidianamente».

Battiston si dice anche preoccupato in quanto, sostiene, non c'è un vero programma organizzativo e di collaborazione con i vari organi istituzionali come i Comuni e i Vigili del fuoco: «Cosa che ormai riteniamo indispensabile se si vuole arginare e fermare il fenomeno delle morti bianche», ha affermato il sindacalista.

«Mancano trasparenza e la conoscenza dei dati, elemento primario per fronteggiare un'emergenza che ha assunto proporzioni inaccettabili e non degne di un paese civile.
Di qui l’invito del sindacalista a dibattere il problema nell’ambito della conferenza dei sindaci.
Fonte: Gazzettino di oggi

martedì 11 novembre 2008

MIRIAM PER ROBERTO

Morire sul palco è la fine perfetta per ogni artista. Miriam Makeba è venuta a morire in Italia, ancora una volta in prima linea contro l'ingiustizia, lei che è stata e sarà il simbolo della lotta contro l'apartheid era venuta a Castel Volturno a cantare per Roberto Saviano contro la camorra.

Miriam Makeba appartiene alla categoria rara dei grandi anticipatori, è stata lei, in principio insieme al suo primo marito Hugh Masekela e poi sotto l'ala protettrice di Harry Belafonte, a miscelare i suoni del suo Sud Africa con il jazz e i suoni del mondo una trentina d'anni prima che il mondo scoprisse la World Music.

Non è un caso che il suo soprannome fosse “Mama Africa”. Miriam Zenzi Makeba era nata a Johannesburg nel 1932, quando il Sud Africa era la culla della più brutale segregazione razziale contro la quale si è rivoltata quando, negli anni '50, nonostante fosse già un'artista di successo, riceveva pochi dollari di compenso.

L'occasione di lasciare la sua terra l'ha avuta nel 1959 quando venne in Italia, al festival di Venezia, per presentare Come back, Africa, un documentario contro l'apartheid.

Da lì si è trasferita a Londra dove ha incontrato Harry Belafonte, che l'ha aiutata a trasferirsi negli Stati Uniti e a inserirsi nell'ambiente musicale che sognava da sempre.

Qui la Makeba ha inciso quello che ancora oggi è il suo più grande successo Pata Pata, The click song e Malaika, imponendosi per la sua forte personalità e uno stile per l'epoca nuovo, un mix di scat jazzistico e di canto africano che conquistò il mondo.

Nel 1966 ha vinto il Grammy Award per l'album An evening with Belafonte/Makeba, quando già il governo segregazionista del Sud Africa le aveva ritirato il passaporto e revocato la cittadinanza per punirla di averne denunciato la politica razzista all'Onu.

Quando nel 1968 ha sposato Stokely Carmichael, leader delle Black Panther, la sua carriera negli Usa è stata compromessa e si è trasferita in Guinea.

Nel 1974 era nel cast dello show che ha preceduto il leggendario match tra Muhammad Ali e George Foreman, nel 1987 ha partecipato alla tournèe di Graceland con Paul Simon, nel 1992 ha fatto parte del cast di Sarafina.

In Sud Africa è tornata nel 1990, su invito di Nelson Mandela.

Dal 'Mattino' d2l 10.11.08

lunedì 10 novembre 2008

SPERANZE E PROSPETTIVE

Tra i tanti entusiasmi suscitati dall'elezione di Obama negli USA, c'è la speranza di una svolta nelle politiche ambientali.

Jeremy Rifkin, noto ecologo ed, in economia, grande propugnatore della ricerca ed uso dell'idrogeno, non ha mancato di far sentire la sua voce.

Per lui i 5.000.000 di nuovi occupati che Obama prevede nello sviluppo delle fonti rinnovabili sono una certezza. "Anzi sono solo una piccola frazione di quello che potrà succedere."

"Siamo all'inizio della terza rivoluzione industriale: nel giro dei prossimi trent'anni cambierà tutto, come è cambiato tutto quando il vapore è stato sostituito dall'elettricità."

Il nuovo acronimo simbolo sarà INTERGRID: l'internet dell'energia una rete elettrica interattiva e decentrata ..con cui milioni di consumatori si trasformeranno in piccoli produttori".

Altre idee da lui messe sul piatto della prossima conferenza della conferenza Onu per l'ambiente (Copenhagen 2009) sono:

edifici fasciati di fotovoltaico che, invece di succhiare energia, la produrranno.

motori delle automobili trasformati in piccole centrali

tetti dei capannoni delle industrie che "berranno l'energia del sole e la rstituiranno in rete"

Rifkin ora in Italia, a Rimini per ECOMONDO il salone della sostenibiltà vuole che la Legaccop si butti nella nuova scommessa.

Motivo? "Il mondo della cooperazione conta 800.000.000 di persone nel mondo ed imprese come le coop possono aiutare le piccole comunità di India ed America latina a trovare una forma organizzata di decentramento energetico"

Da repubblica del 8.11.08

sabato 8 novembre 2008

I DUE VERSANTI

Giovani studenti, migliaia, universitari e media sono diventati protagonisti di un nuovo movimento, l'onda e hanno riportato al centro dell'attenzione generale non un falso problema, nomadi o altro, ma una questione essenziale: la qualità della scuola pubblica.

Sono riusciti a far perdere consensi ed energia ad un esecutivo che, contro di loro, voleva usare la forza, stanno riuscendo a far ridiscutere i contenuti, leggi tagli, di una legge dello stato appena approvata.

Non è poco. Dal loro entusiasmo è venuta una ventata di nuova speranza per la nostra democrazia.

Per questo è importante aiutarli, sostenerli in modo che non vengano schiacciati dalla forza degli apparati e dei media loro contrari.

E ancora più necessario appare investire in questa domanda di partecipazione.

..................

Altri giovani italani sono comparsi nei giornali nazionali e anche locali.

Sono i protagonisti di un'indagine conoscitiva della commissione europea sul consumo di droga.

In un quadro generale continentale di aumento dell'utilizzo di sostanze tossiche, i giovani del nostro paese sono al primo posto per uso di cocaina.

A livello locale la Nuova Venezia di ieri parlava di un'indagine Asl nel retroterra veneziano da cui emerge un altro dato, già tristemente noto, l'elevato ma sarebbe il caso di dire, elevatissimo uso di alcol tra i minorenni sia ragazzi che ragazze.

I dati dell'unità sanitaria sono preoccupanti.

Anche qui giovani da aiutare, sostenere, motivare, indirizzare verso obiettivi meno pericolosi per se e per tutti.

venerdì 7 novembre 2008

I RIFIUTI 'ANTIRECESSIONE'

A Capannori (Lucca) il “porta a porta” è consolidato per 26 mila dei 45 mila cittadini, con oltre l’80% di differenziazione.

Dall’avvio del “porta a porta” c’è stata una riduzione dei rifiuti indifferenziati di oltre 10.000 tonnellate.

Grazie alla sola raccolta differenziata della carta nel 2007 si è risparmiato l’abbattimento di 100.000 alberi, il consumo di 2.85 milioni di litri di acqua, l’emissione di 9.100 tonnellate di CO2. Per un termine di paragone, 2.85 milioni di litri di acqua risparmiati equivalgono al risparmio idrico del consumo annuo di 31.647 cittadini.

Nel 2007 sono state raccolte 15.723 tonnellate di materiale differenziato. In Provincia di Lucca il costo medio di conferimento dell’indifferenziato è di 160 euro alla tonnellata. Se queste 15.723 tonnellate fossero finite nel circuito dei rifiuti indifferenziati sarebbero stati necessari 2.515.680 di euro per il loro smaltimento.

La spesa di conferimento agli impianti di riciclaggio delle 15.723 tonnellate è stata invece di 507.688 euro. Inoltre, va considerato che la carta è una risorsa. Infatti, dalla vendita delle 6.439 tonnellate di carta raccolta sono stati ricavati 340.010 euro: il risparmio è di 2.348.000 di euro.

Il “porta a porta” necessita di un numero più elevato di operatori. Dall’inizio di questa raccolta ad oggi ci sono state 30 nuove assunzioni.

Con i risparmi ottenuti dal non dover smaltire i rifiuti indifferenziati, oltre a coprire i costi delle nuove assunzioni, il Comune ha riconosciuto una riduzione della tariffa ai cittadini, pari al 20% sulla parte variabile."
A cura di Marco Boschini, www.comunivirtuosi.org



Adesso le buone pratiche nella gestione dei rifiuti diventano anche volano per lo sviluppo turistico del territorio capannorese.

Un’agenzia di viaggi di Brescia ha infatti promosso un Eco Tour con destinazione ‘Capannori e Toscana’: un ‘pacchetto’ di viaggio della durata di 3 giorni che prevede una visita guidata alla raccolta ‘porta a porta’ realizzata sul territorio e ai luoghi più caratteristici, oltre ad un pranzo in un agriturismo con prodotti Bio.
L’Eco Tour prevede inoltre una visita a Scandicci e a Firenze.

“Si tratta di una nuova e interessante opportunità per il nostro territorio – commenta l’assessore all’ambiente, Alessio Ciacci –. Per la prima volta infatti sono le buone pratiche realizzate dalla nostra amministrazione nel settore ambientale con il ‘porta a porta’ e l’adesione al progetto ‘Rifiuti Zero’ a richiamare turismo a Capannori. Un altro importante riconoscimento alla nostra politica ambientale. All’inizio del prossimo anno ospiteremo già il primo gruppo di turisti ecologisti”.

da: wwww.comune.capannori.lu.it.

giovedì 6 novembre 2008

A PROPOSITO DEI MEDIA : CHE HA FATTO OBAMA?

Obama ha vinto con Internet. Il web ha surclassato la tv. ..... l'universo della rete.. - ha celebrato - .. il successo del giovane candidato democratico come un passaggio fondamentale verso il suo futuro

Un futuro che non è solo fatto di informazione e contenuti mediatici, anche se colpisce il dato del 33% dei cittadini americani connessi on line, e non sintonizzati sulla tv, per conoscere i risultati elettorali (fonte Pew Research),ma soprattutto di partecipazione «dal basso».

Dalle decine di citizen-journalists accreditati alle conferenze stampa, alla rete di sostenitori armati di telecamere e pronti a segnalare eventuali scorrettezze ai seggi.

Obama, attento alle nuove tecnologie per connotazione generazionale, ha impostato gran parte della sua campagna elettorale puntando sulle attitudini del Web 2.0: da Facebook a MySpace, da Youtube ai videogame.
.......

Stando a Wired, la più influente rivista americana sulle nuove tecnologie, è proprio dai social network che possono arrivare le idee più efficaci per curare i mali della nostra società.

Un esempio? Proprio su Facebook è stata da poco inventata Carpool, un'applicazione che permette di trovare qualcuno che fa lo stesso percorso per andare al lavoro e con cui condividere l'auto.

Anche su questo Obama è già in corsa e, al primo punto del suo programma sulle nuove tecnologie scrive:

«Abbiamo bisogno di connettere i cittadini tra loro per impegnarli in modo più diretto nella soluzione dei problemi da affrontare.

Dobbiamo usare tutte le tecnologie per spalancare le porte del governo federale, creando un nuovo livello di trasparenza per cambiare il modo in cui le questioni vengono gestite a Washington e dare agli americani la possibilità di partecipare alle scelte governative». Come? Con il web.
Fonte: Unità di oggi

mercoledì 5 novembre 2008

SERVIZIO PUBBLICO E MANGANELLO MEDIATICO.

Il servizio pubblico dovrebbe essere un concetto ormai consolidato in una democrazia matura.
Laddove esso viene meno, dovrebbero scattare denunce, la gente si dovrebbe indignare, i giornali
riprendere la notizia, amplificarla, suscitare un’ondata emotiva di ribellione in modo che chi ha fatto il disservizio non ci provi più.

Al primo posto sempre e solamente l’interesse di tutti.

Dopo gli incidenti di venerdì scorso a Piazza Navona, a margine delle grandi manifestazioni degli studenti, una coraggiosa insegnante era andata ad una trasmissione serale della rete televisiva nazionale, la 7 , ed aveva denunciato le aggressioni di una banda di destra ai giovani studenti medi che stavano civilmente protestando.

Il giorno dopo sui giornali apparivano versioni diverse, a parte Curzio Maltese su Repubblica e poco altro. Dette versioni venivano riprese in parlamento da un rappresentante del governo che, pochi giorni dopo, parlava di uno scenario opposto rispetto a quanto detto dalla docente a Lilli Gruber.

Lunedì sera la rete televisiva n. 3 presentava delle immagini inequivocabili che documentavano l’esattezza della versione della docente.

La trasmissione ‘Chi l’ha visto?’ ha fatto un servizio pubblico. Ha dimostrato, immagini alla mano, l’oggettività dei fatti e smentito letture di parte dei fatti successi in quella piazza.

Questo lavoro di servizo pubblico non è stato digerito da dei gruppi di destra. L’altro notte una quarantina di persone ha dato l’assalto agli studi televisivi dove viene prodotta la trasmissione ’Chi l’ha visto’.

Incuranti delle telecamere fisse che li riprendevano sono riusciti ad entrare e a fare dei danni.

Squadrismo? Forse lo squadrismo vero era ben peggiore, ma viene il dubbio che qualcosa si stia muovendo in questo senso. E se non ci si cura delle telecamere che ti riprendono, cosa si deve pensare?

Una rete televisiva fa del servizio pubblico e cosa succede? I suoi studi vengono assaliti.
Dove siamo? Pare di essere in un’Italia che non conosciamo o che purtroppo dovremo sforzarci di immaginare, temere e combattere.

Gli squadristi fascisti avevano un’arma, passata tristemente alla storia: il manganello.

Dell’uso nei media televisivi di un simile strumento parla il giornalista Robecchi in un articolo di qualche giorno fa che riportiamo qui sotto. Ancora attualissimo permette di capire il ruolo di una tv che non fa servizio pubblico.

Che bisogno c'è di usare il manganello quando già si impugna un telegiornale?
E' innegabile che il trucchetto del capro espiatorio non solo funziona, ma si allarga a macchia d'olio.

E' passato appena un anno da quando i cattivi da eliminare erano i lavavetri di Firenze.
Dài e dài, come la goccia scava la roccia, la propaganda convinceva tutti che del declino di una città fossero responsabili quattro straccioni. Era un inizio in sordina.

Poi vennero gli zingari, gli stranieri in generale, i senza diritti, i senza garanzie.

Il sistema funziona così bene che ce lo troviamo oggi applicato ai lavoratori dell'Alitalia (per esempio), dipinti ogni giorno come vampiri della loro azienda, gente che fa il nababbo mentre tutto affonda, per cui si sente parlare di assistenti di volo e hostess come si parlasse di Briatore.

Se il capo del governo vede andare in crisi il suo truffaldino piano di «salvataggio», va trovato un colpevole: la Cgil, i lavoratori. Il manganello picchia lì.

Altro esempio, la polemica sui famosi «fannulloni», che ha partorito Brunetta e creato la sensazione diffusa che chiunque lavori per la pubblica amministrazione stia lì a rubare lo stipendio.

Lo stesso succederà tra breve, quando si tratterà di licenziare alcune decine di migliaia di maestre elementari. Si dirà che non sono all'altezza del compito (la Gelmini l'ha già detto), che costano e non producono.

Il manganello mediatico comincerà a lavorare sodo: sono troppe, lavorano quattro ore al giorno, il tempo pieno allontana i bimbi dalle famiglie, eccetera eccetera, finché un sondaggio decreterà che l'80% degli italiani non ne può più delle maestre!

E poi? E poi avanti un altro, la platea dei manganellandi è infinita.

La chiamano modernizzazione, e hanno ragione: prendere l'olio di ricino col telecomando è una bella comodità.
Dal Manifesto del 21.09.08

martedì 4 novembre 2008

LE IMMAGINI E IL CUORE DEL PROBLEMA

Le immagini escono dallo schermo e ti aggrediscono con la loro violenta immediatezza. Una donna corre in uno spazio nudo, disadorno, tra muri vecchi e stanze vuote.

Non ci sono voci, solo rumori e suoni: l’eco dei suoi passi, il respiro affannoso. La telecamera inquadra da troppo vicino il suo sguardo, il suo volto distrutto dall’angoscia, i suoi capelli in disordine. Il tutto ti aggredisce e ti lascia costernato.

Sullo schermo ora appaiono delle foto. Per lo più in bianco e nero.
Sono appese ai muri. Grandi foto di cadaveri. Parzialmente insanguinati. Riprese subito dopo l’esecuzione. Poi altre foto di uomini vivi. La memoria con un po’ di fatica li riconosce: Salvo Lima, Vito Ciancimino, altri meno noti. Parlano, sorridono. Altre si susseguono. Altri morti ammazzati. Il volto sconvolto di una vedova.

Ancora la donna: strappa le foto dai muri, si siede per terra, le lacera, le fa a pezzi. Il mare, il suo rumore, sempre uguale, la donna seduta sulla battigia, raccoglie quello che è rimasto delle foto, le mette in un secchio e vi dà fuoco. Abbandona il secchio ardente alla risacca.

Poi una barca con la donna al largo. Si spoglia, scavalca il bordo e si lascia cadere giù.



Il palcoscenico si illumina, vengono portate delle sedie. Delle persone vi prendono posto.


L’uomo finge di rispondere alla domanda. Racconta, racconta.

Parla di un paese, di una nazione che si distingue da tutte le altre per la sua specificità. Lui da vent’anni vive sotto scorta. Ha visto morire colleghi e conoscenti. Tutti coloro che hanno osato sfidare il mostro non ci sono più. Eliminati.

Parla di numeri. Tanti anni fa un padre di famiglia, lavorando, con la moglie che tirava avanti la casa manteneva i figli, li faceva studiare riuscendo a lasciar loro anche qualcosa in eredità.
Oggi ambedue i genitori lavorano, hanno un figlio magari anche laureato, privo di una prospettiva di futuro. Davanti a lui solo precarietà.
Altre cifre: negli anni sessanta, settanta un dirigente prendeva ogni mese quaranta volte la paga dell’operaio. Oggi quattrocento volte.

Maastricht: la comunità europea ha posto ai bilanci degli stati regole ferree. Non si possono più sottrarre facilmente come prima i soldi al settore pubblico. Quindi bisogna ricavarli dalla spesa sociale. Un magistrato riesce nel suo lavoro, fa condannare, prove alla mano, il malavitoso in tutti i gradi di giudizio. La politica gli trova un posto in Parlamento.

Fa nomi e cognomi. Dice che alle camere non possono sedere condannati o inquisiti. Un lungo applauso copre le sue parole.

Il mostro ha una definizione: rapporto tra mafia e politica. Un intreccio che nessun altro paese europeo conosce e deve pagare. Noi si.

Le minoranze, dice, hanno salvato l’Italia nel passato. Di una minoranza fu la guerra di liberazione. Una minoranza ha scritto la Costituzione, ultima trincea della nostra democrazia.

Luogo: Pordenone. Giornate dedicate alla conoscenza del fenomeno mafioso.
Venerdì 31.10.08. Cortometraggio di Letizia Battaglia. Il magistrato: Roberto Scarpinato, ha scritto con il giornalista Saverio Lodato: IL RITORNO DEL PRINCIPE

lunedì 3 novembre 2008

L'INVENZIONE DELLA 'MINACCIA' E I BISOGNI REALI

Lo aveva scritto dieci anni fa: gli immigrati sono "utili invasori". Il professor Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia dei processi migratori alla Statale di Milano, si gira in mano quel suo libro di allora e ripropone il medesimo concetto:

«Sono necessari, ma non benvenuti».

Perché, professore?

«Abbiamo voluto braccia e sono arrivate persone. Sono indispensabili, ne abbiamo disperatamente bisogno, ma resistiamo a riconoscere a loro cittadinanza sociale».

Cioè l’economia li domanda, ma la società li respinge?

“Guardi che è una mezza verità. L’immigrazione come fantasma inquietante e minaccioso è un’invenzione di chi cerca consenso per altri motivi. L’atteggiamento della gente è più pragmatico, flessibile e disponibile, soprattutto verso le immigrate. Sono le famiglie, in sostanza, ad alimentare l’immigrazione irregolare, se hanno problemi di assistenza agli anziani o ai bambini; e sono le famiglie, giustamente, a fare pressioni per le sanatorie”

E dal punto di vista dell’economia?
«Anche qui le questioni sono complesse. Il ricorso al lavoro dell’immigrato irregolare consente di tenere basso il costo del lavoro, e quindi di far restare in vita attività che altrimenti rischierebbero di scomparire, trascinando nel baratro anche lavoratori italiani. Poi c’è tutta quella domanda che chiamo di lavoro servizievole, cioè miriade di lavori debolmente qualificati, senza i quali la nostra società si fermerebbe».

Per esempio?

«Addetti alle pulizie, custodi, imbianchini, autisti, baby sitter, colf, lavanderie, camerieri, parrucchieri, mense, tavole calde, fast food, bar. Insomma quel proletariato dei servizi senza il quale la nostra economia va in stallo».

Ma sono lavoratori o la loro condizione è vicina a quella degli schiavi?

«No. Sono lavoratori con un livello di diritti inferiori ai nostri. Assomigliano ai meteci della democratica Atene, cioè lavoratori stranieri, tollerati perché utili, ma senza diritti politici. Godono della pensione e dell’assistenza sanitaria ma non hanno il diritto di vivere con la propria famiglia. Il ricongiungimento familiare è un diritto che tutte le Corti di giustizia hanno imposto ai Paesi occidentali. Il Governo italiano recentemente lo ha negato, come fanno i Paesi del Golfo. Il modello che stiamo adottando non è quello degli Stati Uniti o del Canada, ma quello dell’Arabia Saudita».

Senza immigrati che cosa accade?

«L’edilizia va in crisi oppure i costi sarebbero elevatissimi e il rispetto dei tempi impossibile. Le Olimpiadi di Torino non si sarebbero mai fatte, visto che al gioco dei subappalti hanno partecipato più di mille piccole imprese rumene. Le famiglie sarebbero in crisi senza badanti, gli ospedali avrebbero seri problemi. Ma nessuno ha il coraggio di riconoscerlo e anche nell’uso delle parole c’è una violenza simbolica contro gli immigrati».

In che senso?

«Prenda le badanti. Fanno molto di più che badare, fanno vera e propria assistenza, a volte anche medica. Eppure a noi piace solo l’immigrato che lavora duramente, senza osare chiedere maggiore qualificazione. Integrazione nella nostra società deve essere sinonimo di sottomissione. L’immigrato va bene dalle 8 alle 18. Poi deve sparire perché disturba, non lo vogliamo vedere al bar, non lo vogliamo nei parchi nel fine settimana. Ecco perché approviamo la creatività razzista dei sindaci sceriffi».

Si potrà superare questa situazione?
«Credo che un giorno gli immigrati presenteranno il conto …….. uno sciopero degli immigrati metterebbe in ginocchio il Paese».

Il diritto di voto potrebbe migliorare la situazione?

«Credo di sì. Al tempo dell’immigrazione dal Sud verso il Nord industriale si presentavano gli stessi problemi: sicurezza, ghetti, resistenze all’integrazione. Ma i "terroni" votavano e questo ha impedito ai sentimenti più cattivi dell’opinione pubblica di salire ai piani alti della politica. Se gli immigrati potessero votare si accrescerebbe il livello generale di civiltà nel dibattito su molti temi. Sarebbe un incentivo verso una integrazione più rispettosa della realtà dei fatti ed efficace».

Fonte: Famiglia Cristiana del 19.10.08

sabato 1 novembre 2008

RITORNO ALLA 'NORMALITA'

Sabato 1.11.08. Gli studenti praticamente scomparsi dalle prime pagine dei giornali e dei media televisivi.

Meglio 'rimuovere' freudianamente il tutto - strascichi di Piazza Navona e ripercussioni giudiziarie a Bologna a parte - e l'attenzione si sposta su un episodio accaduto mercoledì sera in uno stadio:

un tifoso ruba la sciarpa della Juventus ad un ragazzo che era allo stadio con il padre. Lui interviene in aiuto del figlio con il risultato di venir aggredito a colpi di pietra al volto.

Entra in coma.

Ieri pomeriggio il bollettino medico:
”Il paziente dal tardo pomeriggio di ieri è uscito dal coma. ... Attualmente è cosciente e respira spontaneamente”. Nelle prossime ore ... lascerà la rianimazione per essere trasferito nel reparto di Neurochirurgia dell’ospedale Maggiore."

Non è successo in uno stadio di una favela brasiliana dove la violenza è purtroppo la 'normalita', ma a Bologna, nel civilissimo settentrione del Belpaese.

Non basta.
Licio Gelli da lunedì sera torna in tv a dare lezioni di storia!!!


Fonte: Il Resto del Carlino del 31.10 '08

venerdì 31 ottobre 2008

WEEK END

Si chiude con oggi una settimana segnata dalle tante e grandi manifestazioni di civile dissenso che hanno tentato di fermare la ormai famosa legge Gelmini.

Chi ha qualche anno di più ha seriamente temuto che, in una situazione di mobilitazione generale di giovani, giovanissimi adulti e famiglie intere, scattasse una qualche provocazione con gravi conseguenze per le persone che vi si sarebbero state coinvolte.

Per fortuna, ma forse sarebbe meglio anche pensare, per l’intelligenza dei tanti soggetti in gioco, in primo luogo le migliaia di studenti, non è successo niente di irreparabile e le giornate resteranno un esempio di modo di un modo gioioso, fantasioso (lezioni all’aperto – abile uso dei media e della rete) e, se si vuole, anche irriverente di esprimere la propria indignazione per una legge inaccettabile.

Unico, pare fino ad oggi, episodio inquietante, l’aggressione di Piazza Navona. Qui, secondo quanto riferisce Curzio Maltese su Repubblica di ieri e in base a quello che un’insegnante ha raccontato alla 7 ieri sera a Lilli Gruber, un gruppo di estrema destra ha assalito ragazzini delle medie e superiori scatenando la paura prima, la reazione e gli scontri dopo.

L’immagine che resta di queste giornate di straordinaria partecipazione è quella di un paese che tenta di reagire, di uscire dall’angolo costituito dal senso d’impotenza generato dal clima cultural-politico dominante e di riprendere in mano le redini del suo futuro.

Una reazione molto forte, lo si vede dalle prime pagine on-line di tanti quotidiani che mettono in secondo piano la giornata di ieri preferendo aprire sui ribassi delle borse asiatiche.

Significa che la reazione è stata quella giusta e sta mettendo in difficoltà i tanti che avevano cercato di svilirla parlando di minoranze e di altro ancora.

Attorno a queste giornate di scuola di democrazia, trainate dall’entusiasmo dei giovani studenti, si può riprendere a lavorare con più lena per far sì che tutto questo clima positivo non venga spento dai troppi problemi piccoli e grandi che incombono.

Nella pagina locale del Gazzettino di oggi, si fanno le prime anticipazioni sulle scuole che per la legge Gelmini dovranno essere chiuse nel Portogruarese.

In un territorio che vede, oltre la crisi generale, anche quella del linificio con tanti capi-famiglia che rischiano il posto, si aggiunge un problema ulteriore per i nuclei familiari: quello di sopportare costi più alti per far arrivare i figli ai plessi scolastici più grandi. (Si tralascia oggi di parlare di possibili ricadute della didattica.)

Qualcosa si stia muovendo anche a livello locale. Dopo lo sciopero di ieri, Lunedì ci sarà una lezione all’aperto in Piazza Martiri.