venerdì 28 novembre 2008

STRANEZZE

La giornata non è ancora finita eppure oggi una novità si registra: le cronache, piene di notizie terribili che arrivano dall'Asia, non portano nuovi casi di morti bianche. Per noi abituati allo stillicidio quotidiano, quasi un dì di festa.

L'attenzione allora si rivolge altrove, alla crisi economica ed ai regali, si dovrebbe dire briciole, che il governo elargisce a chi ha più di 65 anni di età o redditi da clochard.

Viene quindi in mente il tam tam sui giornali per la ripresa dei consumi e ci si chiede:

Ma se nelle case c'è tanto di tutto, perchè accumulare ancora oggetti o indumenti o altro che va ad accrescere il problema dei rifiuti da smaltire tra qualche tempo.

E' possibile che non si possa immaginare altro da produrre? Da consumare?

Torna allora alla memoria una di quelle ricette che tanto tempo fa erano sulla bocca di tutti, mente oggi sembrano scomparse:

Per esempio: dissesto idro-geologico. Siamo un paese a rischio da questo punto di vista. Ci sarebbe lavoro per moltissimo tempo per rimettere il Paese a posto.

Altro esempio:Le scuole insicure. Sono stati già calcolati i soldi necessari a metterle tutte a norma.Perchè non si parte da lì?

Terzo: gli asili nido. Ne siamo praticamente privi. Istituirli comporterebbe lavoro e crescita. Il paese riprenderebbe il suo tasso di natalità.

Si potrebbe proseguire con la sanità o altro. Ma basta. Non ci vuole moltissimo per immaginarci e provare ad essere economicamente migliori.

giovedì 27 novembre 2008

SCENARIO PROSSIMO FUTURO

Migliaia di giovani hanno partecipato al funerale di Vito, il ragazzo ucciso da un crollo mentre era a scuola.

Uno striscione, ripreso da telcamere e fotooperatori, recitava: Non aspettano che andiamo a lavorare per toglierci la vita.

Chiara allusione ai tanti edifici scolastici a rischio ed ad altre possibili tragedie da un lato e dall'altro al fatto che gli studenti, una volta sui luoghi di lavoro, rischieranno la pelle.

Sulla home page di questo sito una striscia continua riporta giorno per giorno gli incidenti mortali e purtroppo sono poche le giornate in cui non c'è una di queste notizie da inserire.

La crisi economica che sta imperversando porta i primi conteggi dei licenziati. Un sindacato parla di 400.000, altre stime arrivano fino a 1.500.000.

La maggior parte di loro sono giovani assunti con contratti a termine o simili.

Viene spontanea la domanda su come saranno trattati coloro che riusciranno a mantenere il posto di lavoro:

Non è azzardato supporre che aumenteranno pressioni e ricatti: o fai questa cosa o si trova facilmente qualcun altro per sostituirti.

L'operaio non può che obbedire, famiglia ed altri oneri gli impongono di non ribellarsi. Poi, se succede l'incidente, si indagherà.

Questo scenario ipotetico, ma concretamente possibile, sulle tensioni e scontri nei luoghi di lavoro, che alle volte sono anche causa idiretta di incidenti, trova riscontro in un episodio riportato dalla stampa di oggi:

Un dipendente di 38 anni della filiale di viale Umbria del supermercato Esselunga ha chiesto al vicedirettore dell'esercizio il permesso di andare in bagno durante il suo turno di lavoro.

Al diniego del responsabile - a quanto si è appreso dai carabinieri - i due hanno cominciato a battibeccare. Poi il dipendente, evidentemente esasperato, ha lanciato un oggetto di legno, forse una cassetta di quelle che si usano per la frutta, contro il vicedirettore, di 45 anni.

In febbraio nello stesso posto una donna era stata così costretta a bagnarsi, senza poi nemmeno potersi cambiare fino alla fine del turno in cassa.

Tornata in servizio dopo un periodo di malattia, la lavoratrice aveva denunciato di essere stata aggredita alle spalle e minacciata a fine turno da una persona non riconosciuta nel locale spogliatoio.

La donna aveva riportato ecchimosi al volto, alla schiena e altre parti del corpo, tanto da dover indossare un collarino.

La cassiera era stata anche proposta per l'Ambrogino d'Oro, ma la candidatura non è stata accettata.

Se in supermercato succede questo, si può facilmente immaginare cosa può capitare in un cantiere o altrove dove i lavori manuali sono pesanti e di per sè già pericolosi.

Fonte: Corriere della Sera di oggi

mercoledì 26 novembre 2008

VALUTAZIONI

A Campolongo Maggiore vicino a Chioggia, zone dove non molto tempo fa ci fu un inchiesta per infiltrazioni mafiose in campo edilizio, il consiglio comunale ha deciso di dare un segnale di opposizione a chi sta tentando di condizionare la vita pubblica ed ha concesso la cittadinanza onoraria a chi di questa battaglia ne ha fatto una missione di vita, vale a dire al giovane scrittore Roberto Saviano.

A Buccinasco nel Milanese, comune che per i magistrati dell’Antimafia, è la “Platì del Nord” (“un posto dove la presenza della ‘ndrangheta è opprimente”) un consigliare di minoranza del gruppo dei Verdi ha proposto al consiglio la stessa iniziativa:

Risultato: la maggioranza di centrodestra, sindaco in testa ha abbandonato l’aula per ben due volte in due giorni diversi, facendo mancare il numero legale.

Fonte: Nuova Venezia e Corriere della Sera di oggi



Il giornalista Enzo Biagi, scomparso lo scorso anno, non riceverà la grande medaglia d'oro alla benemerenza civica del Comune di Milano.

La commissione per l'assegnazione delle onorificenze non ha accolto la candidatura presentata dal centrosinistra e a suo tempo sostenuta anche dal sindaco di Milano, Letizia Moratti.

Tutta la maggioranza di centrodestra ha infatti votato contro a un riconoscimento che, per essere assegnato, avrebbe dovuto ottenere i 4/5 dell'assise.

Non è passata nemmeno la proposta di dare allo scrittore Roberto Saviano la cittadinanza onoraria, e come bastasse a compensare "la mancanza". Milano organizzerà una giornata di approfondimento sui temi della camorra invitando l'autore di 'Gomorra'.

La grande medaglia d'oro negata a Biagi, è stata invece assegnata alla Mondadori, al Conservatorio di Milano e al critico Raffaele Degrada. Tra gli altri benemeriti Nedo Fiano, sopravvissuto ad Auschwitz, don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana, e Stefano Borgonovo e il chirurgo Mario Melazzini, entrambi affetti da Sla.

Fonte: Unità di ieri

martedì 25 novembre 2008

CONTRO L'ASSURDITA'

In un momento in cui crisi economica globale, paura di perdere il lavoro, insicurezze di tutti i tipi si accavallano nella vita quotidiana di milioni di italiani, ecco fiorire a Roma un’interessante iniziativa che va nel senso di ridurre il costo della vita e in modo particolare, impedire che esso aumenti.

Tra sabato e domenica scorsi centinaia di amministratori di comuni piccoli e non hanno dato vita al coordinamento nazionale degli enti locali contro la privatizzazione dei beni comuni.

E tra questi il primo da non privatizzare è l’acqua.

Tanti sindaci si trovano alle prese con problemi pesanti anche là dove l’acqua è stata già data in gestione ad un ente privato.

Stanchi di parlare con i call center o di vedere arrivare fatture indecifrabili, i cittadini vanno a protestare dal loro sindaco.

«Per i comuni la gestione dell'acqua diventa sempre di più una questione di ordine pubblico - spiega quindi Giovanni Cocciro, assessore di Cologno Monzese, in provincia di Milano -. Nella mia città il gestore aveva tagliato l'acqua ad un intero condominio, visto che l'80% delle famiglie che vi risiedevano non riusciva a pagare le bollette.

Abbiamo poi dovuto portare noi l'acqua con le autobotti, con costi esorbitanti».

Nella Sicilia delle eterne emergenze idriche, dove cinque anni fa venne affidato il sistema acquedottistico ad una società mista pubblico-privata, i comuni della provincia di Ragusa sono riusciti per ora a bloccare la gara di affidamento ai privati.

«Il consiglio comunale - ha spiegato Giuseppe Nicosia, sindaco di Vittoria - ha votato contro l'affidamento a società per azioni del servizio idrico, inserendo poi nello statuto comunale il principio che l'acqua non può essere considerato un bene economico».

Sono oggi centinaia le amministrazioni locali che, in modi diversi, stanno difendendo la loro sovranità sull'acqua

Sono le esperienze concrete, di resistenza quotidiana, che hanno fatto nascere la necessità di un coordinamento nazionale, con una piattaforma comune.

L'incontro di ieri è stato il momento per condividere gli strumenti legali, le strategie per battaglie spesso lunghe, costose, fatte contro una vera e propria lobby trasversale, che sulla privatizzazione dell'acqua sta basando la fortuna di imperi delle utilities, quali la romana Acea e le francesi Suez e Veolia.

E alla ripubblicizzazione verrà dedicato uno specifico seminario nell'ambito del Forum di Aprilia.

«Basterebbe in realtà meno di un miliardo di euro - conclude Corrado Oddi - per restituire ai comuni la gestione dell'acqua».

Molto meno di quanto costi una missione di guerra - ad esempio - o un salvataggio di una banca d'affari

Fonte: IL Manifesto del 23.11.08

lunedì 24 novembre 2008

17 ANNI DICIASSETTE

Cominci a pensare di più a te stesso a 17 anni, intravedi la fine degli studi superiori, inizi a pensare a come concretizzare il tuo diploma. Scartare magari la scelta dell'università, perchè troppo costosa o perchè non ci sei tagliato.

Cominci anche a guardare quelli più grandi che sono usciti da un anno o due. Sai che i primi tempi nel mondo del lavoro, se lo trovi un buco in cui infilarti, saranno poco pagati e precari.

Ma qualcosa bisogna fare per portare a casa poco, ma pur sempre qualche soldo.

Questi pensieri vanno e vengono nella tua testa. Si confondono con altri più attraenti legati all'incoscienza dell'età che hai la fortuna di poter vivere.
Si accavallano con piccoli progetti sul fine settimana o sulle prossime vacanze scolastiche di Natale.

Lo sguardo all'esterno ci va ma si ritrae anche, intimidito dalle tante notizie preoccupanti che la quotidianità ti scarica addosso.

Immagini che quello che succede là fuori riesca a non toccarti. Come si fa altrimenti a 17 anni a trovare la voglia di scherzare con gli amici, di ridere insieme, di organizzarti una serata.

Mai però ti saresti immaginato che mentri sei seduto in classe, tra i tuoi compagni, potesse crollarti un tubo di ghisa in testa e con questo chiudere la tua esistenza.

Eppure questo è successo, ma era successo anche qualche anno fa in un paesino dell'Italia centrale dove tanti bambini erano rimasti sepolti sotto le macerie della loro scuola, mal costruita, dopo una scossa di terremoto che aveva lasciato intatte le case di chi aveva speso qualche soldo per costruirsele.

Delle responsabilità di quel disastro umano non si parla più.

Di quelle che hanno posto fine alla vita del ragazzo di Rivoli e che forse condizioneranno per sempre quella di un suo compagno, fra poco non si parlerà pure più.

Forse.

Forse perchè siamo vicini a Torino dove c'è un giudice che su queste cose si impegna molto. Perchè i compagni di scuola hanno interrotto le proiezioni del festival del cinema di Torino per ricordarti a tutti, perchè i genitori hanno iniziato a manifestare.

Forse..

sabato 22 novembre 2008

PER LORENA E ALTRE: DA NISCEMI A ROMA

Niscemi è un paese della Sicilia dove l'anno scorso una quattordicenne di nome Lorena venne barbaramente uccisa da tre coetanei.

Le sue giovanissime compagne di scuola hanno fondato un circolo per le donne.

Da loro è partita un'iniziativa, poi ripresa dall'Unione donne italiane a livello nazionale, che si chiama "Staffetta":

Un'anfora verrà portata da donne di ogni regione nelle città e nei piccoli centri.

In essa altre donne potranno metterci un biglietto con un documento o una storia.

L'iniziativa partirà simbolicamente dalla scuola di Lorena a Niscemi.

Alle 14 di oggi poi la manifestazione nazionale a Roma contro la violenza sulle donne.

Sono un 1.400.000 quelle che hanno subito violenza prima dei sedici anni.

Contro questi numeri che testimoniano la drammaticità di una realtà di cui si stenta a prendere atto partiranno per Roma donne da tutte le regioni italiane.

Dopo gli studenti, un altro parte sana del nostro paese esce a rivendicare i propri diritti ed il proprio bisogno di giustizia e rispetto.

venerdì 21 novembre 2008

"QUEL SANTO CHE SFASCIO' L'ISTRUZIONE"

Questa settimana non si è più parlato degli studenti e del loro battersi per una scuola qualificata e non ulteriormente svilita.

Pare pertanto utile vedere una risposta (stralci) scritta il 10.10 u.s. da un ex-allievo di Don Milani ad un articolo comparso sul quotidiano 'Libero' il 25.9.08 a firma di M. Veneziani.

Don Milani non è un Santo, se lo fosse stato non avrebbe sfasciato l’istruzione come ha scritto lei: i Santi non fanno questi dispetti.

E’ stato un Prete, un Padre, un Maestro che con la sua fede e l’amore profondo tipico di tutte e tre le doti sopracitate, è riuscito in quasi cinque anni non a sfasciare, ma a costruire la mia vita di uomo e di cittadino.

Ero un povero montanaro semianalfabeta pauroso e timido, dopo tre anni di quella gratificante scuola , anche di lingue, a quindici anni mi ha mandato in Francia a lavorare e l’anno successivo mi convinse a partire per una nuova esperienza: l’Inghilterra ove rimasi quasi un anno.

Tutto questo secondo lei è stato uno sfascio ed il Soviet dell’ignoranza?

Ignorante è colui che parla e scrive senza conoscere la storia e l’identità.


Nemmeno io mi sentirei di dare dei giudizi pur essendogli stato accanto per cinque anni ed aver vissuto insieme a lui i bei momenti ed i più tristi, a partire dal suo isolamento...

Mi sono sentito oltraggiato dal suo articolo , ma allo stesso tempo felice perché Don Milani mi ha insegnato a pensare, a decidere, agire.


... Non voglio entrare nei temi da lei trattati a proposito di “Lettera a una professoressa” e all’”Obbedienza non è più una virtù” . Ho provato sulla mia pelle le gioie e le volgarità di quei tempi.

..Veneziani può denigrare la scuola di Barbiana nel modo più scorretto ed inopportuno. Non prenda le difese della Gelmini gettando fango su una scuola di vita, di scienza, di lingua, di pensiero, di denuncia, di coerenza e rigore.

Rigore inteso come responsabilità, come cultura, come ricerca del proprio progetto di vita, come lo era la scuola di Barbiana.


Don Milani diceva: “ I problemi degli altri sono uguali ai miei, sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia”.

Caro Veneziani lei per me sta uscendo da solo, con le carte perdenti che noi allievi della scuola di Barbiana abbiamo scartato, come ha scritto per terminare il suo articolo.

Voglio concludere in un modo diverso dal suo, le faccio i più cari saluti e la ringrazio di aver parlato ancora di Don Milani.

Nevio Santini
(Allievo di Don Lorenzo Milani e coautore de “ Lettera a una professoressa”)
Fonte: www.Icareancora.it

giovedì 20 novembre 2008

L' EMERGENZA CHE NON TI ASPETTI

Tra le tante emergenze e paure di questo periodo se ne scopre una nuova. I più attenti ne avevano sentito già parlare nel corso degli ultimi mesi del governo Prodi:

la possibilità che i troppi detenuti di un sistema carcerario che non ha spazi sufficienti potessero causare problemi ed incidenti.

Parlamentari della sinistra oggi extraparlamentare avevano fatto allora una serie di visite ai tanti centri di detenzione del paese ed il problema era emerso nitidamente.

La precarietà, ma sarebbe forse più appropriato il termine ‘disperazione’ delle

condizioni di vita dei detenuti
emerge ora dalla Regione Lazio grazie ad un richiamo del garante regionale dei diritti dei detenuti Sig. Angelo Marroni.

«Ancora un morto nelle carceri del Lazio. Ancora un decesso senza motivi apparenti.

Quella di venerdì scorso all'interno del carcere di Viterbo è la vittima numero 17 nelle carceri della nostra regione dall'inizio dell'anno.

Una vera e propria strage che si consuma nel silenzio di quanti, piuttosto, preferiscono puntare l'attenzione su inasprimento delle condizioni di detenzione e certezza della pena».

Sulle cause della morte di Emiliano L., questo il nome del detenuto, la Procura avrebbe aperto un fascicolo contro ignoti.

«In due mesi, dal 13 settembre ad oggi, abbiamo registrato - ha aggiunto Marroni - sei decessi, cinque dei quali per cause da
accertare.


La drammatica conferma che la sicurezza dei cittadini è solo uno dei lati della medaglia: dall'altra parte ci sono,
infatti, le precarie condizioni di vita nelle carceri e il sovraffollamento, che impediscono in recupero sociale dei
detenuti».


Secondo il garante dei detenuti del Lazio «non possiamo più nasconderci: non basta più parlare di nuove strutture o inventare leggi che creano più carcere, come la recente norma che prevede la detenzione per chi abbandona i rifiuti.

Serve invece coraggio per immaginare un nuovo sistema che preveda, per i reati meno gravi, il ricorso a pene alternative e forse più dissuasive».

Resta l'interrogativo sulla situazione negli istituti di pena delle altre regioni italiani.

Contrariamente al passato, quando la difficoltà di vita nei reclusori portava a rivolte o ad azioni dimostrative come il salire per giorni sui tetti, questa volta la reazione sembra di segno totalmente opposto.
Fonte: Unità del 18.11.08

mercoledì 19 novembre 2008

NAZIROCK E FORZA NUOVA

Dopo l’aggressione da parte di quattro attivisti di destra a due ragazzi di sinistra a Bologna l’altro giorno (uno dei due è stato ricoverato in gravi condizioni), il regista del film Nazirock ha scritto un articolo di cui riportiamo alcuni stralci.

Purtroppo Nazirock non è un film di finzione, è un documentario. E così devo accettare che i suoi protagonisti escano dallo schermo, in continuazione, per fare cose di cu i giornali sono costretti a occuparsi.

A Bologna, dei quattro che mandano all’ospedale lo studente d’ingegneria coi capelli troppo lunghi per non essere di sinistra, uno è Gigi Guerzoni, assieme a un altro della band Legittima Offesa.

Anche Gigi, si cui già pendeva un processo per associazione a delinquere finalizzata a violenza per motivi razziali, è stata candidato per Forza Nuova.

Questa volta gli è andata bene: non c’è stato il morto. Ma se andava come a Verona? (dove qualche mese fa dei naziskin hanno ucciso Nicola Tommasoli – vedere nel link ‘approfondimenti’di questo sito) Spero che Gigi ci pensi e cambi strada.

Forza Nuova si ritiene diffamata dal mio film. Ha mandato diffide legali agli esercenti riuscendo così a impedire una normale programmazione di Nazirock nei cinema.
Però non ha fatto causa né a me né a Feltrinelli Editore che sta distribuendo il dvd. Le aggressioni si moltiplicano. La cronaca diffama più del mio film.

Appartengono a Forza Nuova le linee telefoniche da cui sono partite le minacce all’indirizzo di Federica Sciarelli, dopo l’assalto di Casa Pound alla sede Rai di Piazza Mazzini.

Minacce pesanti: “Questa è la segreteria nazionale di Forza Nuova…verremo sotto le vostre case”. Il leader di Forza Nuova, Roberto Fiore, che in Nazirock viene ampiamente ascoltato e raccontato, nega ogni addebito:
“Come movimento politico non faremmo mai una tale assurdità”.

Ma intanto sotto la casa si Ezio Mauro, il direttore di Repubblica, appare uno striscione intimidatorio
“Direttore, basta falsità” firmato Forza Nuova. Da cui Roberto Fiore prende immediatamente le distanze: “Piena solidarietà al direttore”.

Cosa pensare? C’è qualcuno che diffama Forza Nuova spacciandosi per Forza Nuova? Saperlo.

C’è una destra irresponsabile. Nel mio film si vedono i giovani di Forza Nuova innalzare un grande striscione che chiede “Più Nazifascismo”.

Roberto Fiore liquida l’episodio come “una goliardata”, perché lo striscione originale, bottino di guerra sottratto alla sinistra, diceva “Mai Più Nazifascismo”. I ragazzi hanno solo tolto “Mai”.

Poi c’è una destra anonima, incredibilmente cattiva, che lavora sottotraccia. …

Il testo integrale del contributo nel sito: http://isole.ecn.org/antifa/

martedì 18 novembre 2008

IL CONTROLLO INSUFFICIENTE

“Un mescolatore chiuso, nel senso che è una camera chiusa, è come una macchina impastatrice per fare la pasta… vi si mettono i polimeri e poi le cariche e poi si mescola fino ad ottenere un prodotto omogeneo, una mescola (di gomma)cruda che poi si dà ai clienti.”

Questo mescolatore è il macchinario che è esploso domenica nell’azienda Marconi Gomme nella provincia bolognese provocando la morte del direttore dello stabilimento e di un operaio. Altri tre sono rimasti feriti.

"Vi si stava facendo un esperimento, cioè si stava provando a formare un prodotto non completo…la cosa più sicura che si possa fare…e gli operai non hanno bisogno di alcun tipo di protezione per questo tipo di lavoro".

Tutto questo lo dichiara al giornale il direttore della produzione dell’azienda.

Si è quindi trattato, pare, di un incidente imprevedibile in un’azienda dove le norme di sicurezza, stando al quotidiano, erano rispettate e dove non c’erano mai stati problemi di questo tipo prima . Un evento casuale nella sua tragicità.

A contrastare le dichiarazioni del dirigente quelle, pure riportate nello stesso articolo, di una donna che abita là davanti la quale ha parlato di ‘morte annunciata’.

“C’erano giorni in cui non si respirava, si alzavano nuvole nere che coprivano tutto. Abbiamo chiamato tante volte la Usl, non è cambiato niente.”

Ieri è stato anche il giorno del rinvio a giudizio dei dirigenti della Thyssen-Krupp e quindi l’emergenza nazionale della sicurezza nei luoghi di lavoro e, viene da pensare, anche dei residenti nelle zone adiacenti ai luoghi di produzione, torna in prima pagina quasi oscurando per un giorno altri avvenimenti.


Nel riflettere attorno a quest’ultima tragedia, torna in mente l’incendio alla De Longhi di qualche tempo fa qui in provincia di Treviso. Si alzò una nube così grande da oscurare il cielo per diverso tempo. Si parlò di nube tossica. Si disse che si sarebbe fatta chiarezza grazie alle analisi etc. etc...

Sui risultati di quelle indagini i ricordi si sbiadiscono, non se ne è più parlato più di tanto ed altre emergenze hanno messo in secondo piano quell’evento.

Chi aveva respirato quell’aria, può forse aver avuto dei problemi,ma chi ha più cercato di scavare ed indagare per saperne di più?

Ricordando questo tipo di incidenti, il problema della sicurezza nei luoghi di lavoro diventa una
questione più ampia che va a toccare i luoghi in cui si insediano le industrie.

E non sfugge a nessuno che, in mancanza di un severo sistema di controlli ed ispezioni, in una congiuntura in cui il lavoro diventa una necessità primaria a livello globale, chi lo deve produrre stretto tra problemi del mercato e del credito, cerca soluzioni che siano il meno onerose possibili.

Le conseguenze sono poi nella cronaca quotidiana.

Almeno in questo il nostro paese è tristemente all’avanguardia in Europa.

Fonte: Resto del Carlino del 17.11.08

lunedì 17 novembre 2008

NUOVI DIRIGENTI

In una sua recente intervista il sociologo De Rita affronta il problema di un’Italia che è priva di una classe dirigente che sappia rinnovarsi, rigenerarsi, ringiovanirsi e che prigioniera delle sue stesse logiche, soffoca ogni possibilità di cambiamento.

De Rita vede una società sostanzialmente priva di una rappresentanza adeguata.

Vede però anche i luoghi dove i nuovi dirigenti, da cui può aver origine la rinascita del paese, si formano e attende che qualcuno se ne accorga.

Qui di seguito alcuni passi del suo colloquio. Il testo integrale sarà presto presente nel link ‘approfondimenti’.


…il problema che stiamo affrontando è quello di una logica gerarchico-piramidale, di un sistema antico controllato da una classe dirigente che si annida nella vetta della piramide e manda tutto il resto all'inferno. E' l'effetto di uno Stato accentrato fin dal Risorgimento, che ha prodotto una stratificazione sociale e di potere granitica che non si intacca se non si riesce a cambiare la governance del paese.

….le classi dirigenti sono quelle che conquistano la puntina della piramide in mille modi: con i soldi, i media, la corruzione, la parentela, magari il sesso.Mentre le vere classi dirigenti si fanno in periferia con il policentrismo.

…Credo invece che, alla fine, nelle aziende, come nel sindacato e nelle regioni un po' di classe dirigente si formi, nonostante tutto…

..però negli ultimi anni ho visto crescere fior di manager. Che ne so? Penso alla Merloni, a Caio, a Guerra, a Milani. E a molti altri. Per cui attenti a dire che le classi dirigenti sono tutte vecchie, inefficienti o mignottizzate.
Il circuito però è stretto, è vero. Per stappare la bottiglia bisogna allargarlo di molto quel circuito
".

…ma il problema non è che ci sono i fannulloni, è invece che il vertice della piramide è lì chiuso nella sua punta e a quelli non gli fa fare niente. Se ne esce soltanto passando dalla monarchia piramidale alla poliarchia. Le moderne élite si formano nel policentrismo. O non si formano affatto.

…qualcuno dovrà pur accorgersi prima o poi che nella formazione delle classi dirigenti siamo più arretrati di tutti gli altri…

Da Repubblica del 13. 11. 2008

sabato 15 novembre 2008

IMPARATEVI

Imparatevi è un modo di dire napoletano. Esprime un invito perentorio ad una maggioranza a seguire il buon esempio di comportamento di poche persone.

Imparatevi l'hanno detto ieri migliaia di giovani studenti e ricercatori a Roma non solo al governo del taglia e taglia ma anche a tutti coloro che erano là pronti a gettarsi sullo stereoptipo dello studente che scende in piazza per sfogare la propria rabbia in modo violento etc. etc.

Ancora una volta questo movimento ha dato una lezione di civiltà ai tanti benpensanti che, tranquilli del loro futuro, guardano con qualche fastidio alle proteste giovanili.

Non basta hanno creato un proprio ministro virtuale: nome Anna Adamolo, anagramma di Onda Anomala

Lo si apprende dal blog http://annaadamolo.noblogs.org/

Il nuovo ministro ha un sito www.ministeroistruzione.net/site/, un nuovo «ministero occupato», dove tutti gli Anna Adamolo d'Italia stanno già cominciando a raccontare le loro storie.

Come questa: «Sono Anna Adamolo. Non capisco perché il mio ultimo bambino, che andrà a scuola fra sei anni, dovrà fare la scuola elementare con un maestro solo, mentre sua sorella da quattro anni studia con tre maestri, e sta imparando un sacco di cose».

Chiunque può scrivere al sito (annaadamolo@ministeroistruzione.net) o può telefonare alla segreteria "chiama Anna" (il numero è sul sito).

Fonte: Unità di oggi

venerdì 14 novembre 2008

GIUSTIZIA E VERGOGNA

Stanotte treni carichi di giovani hanno attraversato l’Italia da Nord e da Sud per raggiungere Roma e manifestare oggi per la qualità del loro studio che è il futuro del Paese.

Ieri sera dei giudici hanno inflitto condanne definite lievi anche da giornali conservatori a chi massacrò di botte anni fa altri giovani manifestanti che stavano dormendo in una scuola: la Diaz.

Vergogna italiana che si somma ad altre vergogne su misfatti del passato più recente o più lontano su cui non è mai stata fatta chiarezza o quanto meno giustizia.

Un bisogno di giustizia che era all’ordine del giorno del convegno Anpi di sabato scorso a Roma avente per tema ‘A 65 anni di distanza dalle stragi nazifasciste'.

Tutti i rappresentanti dei partiti d'opposizione presenti hanno chiesto l’istituzione di una Commissione parlamentare sulle stragi nazifasciste.

Quante sono le vittime delle stragi? 10, 20, 30 mila? E chi decise di «sotterrare» insieme ai cadaveri dei massacrati, civili senz'armi e militari che avevano alzato bandiera bianca, anche i fascicoli, completi dei nomi degli assassini?

Chi prese e impose quella decisione agì per ragion di Stato, discutibile fin che si vuole (la Germania doveva riarmarsi in funzione Nato), ma animata da un criterio politico.

L'altro aspetto che influì:non estradare i generali italiani che nei territori aggrediti per ordine di Mussolini avevano gareggiato in ferocia con le Ss e di cui stanno emergendo le tremende responsabilità, è sicuramente da respingere.

Ma questo avveniva 65 anni fa, appunto, sul delta di una guerra assurda che poi ci riportò alla rinascita grazie ai partigiani. Combattevano, soffrivano, morivano, con una speranza vaga che poi si concretizzerà nella Costituzione

Ma non aver cercato quelle risposte, io dico non aver voluto, no non aver potuto, ai giorni nostri diventa una vergogna al quadrato. Se non al cubo.

Altri temi affrontati nel corso del convegno sono stati:
«rinascita dell'antifascismo». Oggi, si è detto, sopravvive a sprazzi e solo per dare risposte, e neanche sempre, al fascismo che non ha mai abbassato la testa. Un triste fenomeno che sopravvive.

I viaggi ad Auschwitz. Bene che i ragazzi e i giovani vi vadano, per capire chi furono i nazisti. Ma perché non portarli anche a Stazzema, a Fivizzano, a Marzabotto per mostrargli di cosa furono capaci i fascisti?

L'altro argomento: Cefalonia. È rimasto in vita l'ultimo dei fucilatori degli uomini della divisione Acqui. Ha 88 anni. La “giustizia militare” italiana ancora non ha deciso se incriminarlo o meno.

Fonte: Il Manifesto 12.11.08

giovedì 13 novembre 2008

LA VOCE CHE ATTIRA LO SGUARDO DEL MONDO

Cosa è il blues?, si chiede lo scrittore afroamericano Ralph Ellison. Il blues è quello che i neri hanno al posto della libertà.

Dopo aver saputo della morte di Miriam Makeba, mi è subito venuta in mente questa frase.

Mama Africa è stata ciò che per molti anni i sudafricani hanno avuto al posto della libertà: è stata la loro voce.

Nel 1963 ha portato la propria testimonianza al comitato contro l'apartheid delle Nazioni Unite.

Come risposta il governo sudafricano ha messo al bando i suoi dischi e ha condannato Miriam all'esilio. Trent'anni d'esilio.

Da quel momento la sua biografia si è fatta testimonianza di impegno politico e sociale, una vita itinerante, come la sua musica vietata.

Nelle perquisizioni ai militanti del partito di Nelson Mandela vengono sequestrati i suoi dischi, considerati "prova" della loro attività sovversiva.

Bastava possedere la sua voce per essere fermati dalla polizia bianca sudafricana.
Ma la potenza delle sue note le conferisce cittadinanza universale fa divenire il Sudafrica terra di tutti. E soprattutto l'inferno dell'apartheid un inferno che riguarda tutti.
…………………….

Mama Africa non combatte con i mezzi della militanza politica ma con la voce. E questo fa paura. Lei arriva alla gente attraverso la sua musica, attraverso successi mondiali come Pata Pata che tutti ballano, che piacciono a tutti, con una forza dirompente e vitale che il governo dell'apartheid come i razzisti di tutto il mondo non sanno come arginare o combattere.

Così, a 76 anni, è venuta a cantare persino in un posto che sembra dimenticato da dio

....lei che per anni aveva lottato e aveva viaggiato cantando per tutta l'Africa e il resto del mondo, voleva venire anche in questo angolo sperduto dove quasi due mesi prima c'era stata una strage di sette africani. Ché per lei erano africani, non ghanesi, ivoriani o del Togo.

....lo stupore con cui ho accolto la dimostrazione di passione e forza di una terra lontana come quella sudafricana che già nei mesi passati mi aveva espresso la sua vicinanza attraverso l'arcivescovo Desmond Tutu.

Invece, grazie alla loro storia, persone come Tutu o come Miriam Makeba sanno meglio di altri che è attraverso gli sguardi del mondo che è possibile risolvere le contraddizioni, attraverso l'attenzione e l'adesione, il sentirsi chiamati in causa anche per accadimenti molto lontani. E non con l'isolamento, con la noncuranza, con l'ignoranza reciproca.

Miriam Makeba.... è morta vicina, vicina alla sua gente, tra gli africani della diaspora arrivati qui a migliaia e che hanno reso propri questi luoghi, lavorandoci, vivendoci, dormendo insieme, sopravvivendo nelle case abbandonate nel Villaggio Coppola, costruendoci dentro una loro realtà che viene chiamata Soweto d'Italia.
Dal Blog di R. Saviano

mercoledì 12 novembre 2008

L'ISPEZIONE CHE NON C' E'

Questo blog ha segnalato con continuità la quotidiana strage nei luoghi di lavoro italiani.

Una tragedia che colpisce migliaia di famiglie perché non ci sono solo i deceduti ma, come in tutte le guerre, anche i feriti, più o meno gravi

A giorni in cui l’attenzione latita perché un uomo morto in un cantiere non fa purtroppo quasi più notizia ne succedono altri in cui tutti riscoprono il problema perchè il numero delle vittime è così alto da far inorridire chiunque.

Dei feriti non si parla quasi mai eppure sono tantissimi. Operai giovani o meno giovani che magari si salvano al prezzo di una invalidità più o meno grave che li accompagnerà per il resto della vita condizionando fortemente l’esistenza propria e quella dei familiari.

Ancor meno si parla di prevenzione vale a dire del modo di ridurre la probabilità che certi incidenti accadano.

Non si dice chi la deve fare, come e quando.

Anche nel nostro territorio i controlli preventivi sono ridotti.Ne parla oggi la pagina locale del Gazzettino:

Nel Veneto Orientale le aziende sono 17.000 ed i controlli 300!!

«Troppo pochi controlli per scongiurare le morti bianche», ha affermato il delegato del sindacato del Portogruarese, Gianfranco Battiston.

«Abbiamo analizzato i dati raccolti con Giorgio Cipolla, direttore dello Spisal locale (il Servizio di prevenzione igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro - uno dei Servizi del dipartimento di prevenzione dell'Asl 10 del Veneto orientale).

Sono emerse delle evidenti e significative carenze nella quantità dei controlli sui luoghi di lavoro del nostro territorio dovute al numero esiguo di ispettori che sono soltanto sei, mentre ne servirebbero almeno il doppio.

Cipolla ha anche sottolineato il bisogno di una maggiore formazione e di mezzi specialistici per fare fronte ai controlli sempre più tecnologici che gli ispettori si trovano ad affrontare quotidianamente».

Battiston si dice anche preoccupato in quanto, sostiene, non c'è un vero programma organizzativo e di collaborazione con i vari organi istituzionali come i Comuni e i Vigili del fuoco: «Cosa che ormai riteniamo indispensabile se si vuole arginare e fermare il fenomeno delle morti bianche», ha affermato il sindacalista.

«Mancano trasparenza e la conoscenza dei dati, elemento primario per fronteggiare un'emergenza che ha assunto proporzioni inaccettabili e non degne di un paese civile.
Di qui l’invito del sindacalista a dibattere il problema nell’ambito della conferenza dei sindaci.
Fonte: Gazzettino di oggi

martedì 11 novembre 2008

MIRIAM PER ROBERTO

Morire sul palco è la fine perfetta per ogni artista. Miriam Makeba è venuta a morire in Italia, ancora una volta in prima linea contro l'ingiustizia, lei che è stata e sarà il simbolo della lotta contro l'apartheid era venuta a Castel Volturno a cantare per Roberto Saviano contro la camorra.

Miriam Makeba appartiene alla categoria rara dei grandi anticipatori, è stata lei, in principio insieme al suo primo marito Hugh Masekela e poi sotto l'ala protettrice di Harry Belafonte, a miscelare i suoni del suo Sud Africa con il jazz e i suoni del mondo una trentina d'anni prima che il mondo scoprisse la World Music.

Non è un caso che il suo soprannome fosse “Mama Africa”. Miriam Zenzi Makeba era nata a Johannesburg nel 1932, quando il Sud Africa era la culla della più brutale segregazione razziale contro la quale si è rivoltata quando, negli anni '50, nonostante fosse già un'artista di successo, riceveva pochi dollari di compenso.

L'occasione di lasciare la sua terra l'ha avuta nel 1959 quando venne in Italia, al festival di Venezia, per presentare Come back, Africa, un documentario contro l'apartheid.

Da lì si è trasferita a Londra dove ha incontrato Harry Belafonte, che l'ha aiutata a trasferirsi negli Stati Uniti e a inserirsi nell'ambiente musicale che sognava da sempre.

Qui la Makeba ha inciso quello che ancora oggi è il suo più grande successo Pata Pata, The click song e Malaika, imponendosi per la sua forte personalità e uno stile per l'epoca nuovo, un mix di scat jazzistico e di canto africano che conquistò il mondo.

Nel 1966 ha vinto il Grammy Award per l'album An evening with Belafonte/Makeba, quando già il governo segregazionista del Sud Africa le aveva ritirato il passaporto e revocato la cittadinanza per punirla di averne denunciato la politica razzista all'Onu.

Quando nel 1968 ha sposato Stokely Carmichael, leader delle Black Panther, la sua carriera negli Usa è stata compromessa e si è trasferita in Guinea.

Nel 1974 era nel cast dello show che ha preceduto il leggendario match tra Muhammad Ali e George Foreman, nel 1987 ha partecipato alla tournèe di Graceland con Paul Simon, nel 1992 ha fatto parte del cast di Sarafina.

In Sud Africa è tornata nel 1990, su invito di Nelson Mandela.

Dal 'Mattino' d2l 10.11.08

lunedì 10 novembre 2008

SPERANZE E PROSPETTIVE

Tra i tanti entusiasmi suscitati dall'elezione di Obama negli USA, c'è la speranza di una svolta nelle politiche ambientali.

Jeremy Rifkin, noto ecologo ed, in economia, grande propugnatore della ricerca ed uso dell'idrogeno, non ha mancato di far sentire la sua voce.

Per lui i 5.000.000 di nuovi occupati che Obama prevede nello sviluppo delle fonti rinnovabili sono una certezza. "Anzi sono solo una piccola frazione di quello che potrà succedere."

"Siamo all'inizio della terza rivoluzione industriale: nel giro dei prossimi trent'anni cambierà tutto, come è cambiato tutto quando il vapore è stato sostituito dall'elettricità."

Il nuovo acronimo simbolo sarà INTERGRID: l'internet dell'energia una rete elettrica interattiva e decentrata ..con cui milioni di consumatori si trasformeranno in piccoli produttori".

Altre idee da lui messe sul piatto della prossima conferenza della conferenza Onu per l'ambiente (Copenhagen 2009) sono:

edifici fasciati di fotovoltaico che, invece di succhiare energia, la produrranno.

motori delle automobili trasformati in piccole centrali

tetti dei capannoni delle industrie che "berranno l'energia del sole e la rstituiranno in rete"

Rifkin ora in Italia, a Rimini per ECOMONDO il salone della sostenibiltà vuole che la Legaccop si butti nella nuova scommessa.

Motivo? "Il mondo della cooperazione conta 800.000.000 di persone nel mondo ed imprese come le coop possono aiutare le piccole comunità di India ed America latina a trovare una forma organizzata di decentramento energetico"

Da repubblica del 8.11.08

sabato 8 novembre 2008

I DUE VERSANTI

Giovani studenti, migliaia, universitari e media sono diventati protagonisti di un nuovo movimento, l'onda e hanno riportato al centro dell'attenzione generale non un falso problema, nomadi o altro, ma una questione essenziale: la qualità della scuola pubblica.

Sono riusciti a far perdere consensi ed energia ad un esecutivo che, contro di loro, voleva usare la forza, stanno riuscendo a far ridiscutere i contenuti, leggi tagli, di una legge dello stato appena approvata.

Non è poco. Dal loro entusiasmo è venuta una ventata di nuova speranza per la nostra democrazia.

Per questo è importante aiutarli, sostenerli in modo che non vengano schiacciati dalla forza degli apparati e dei media loro contrari.

E ancora più necessario appare investire in questa domanda di partecipazione.

..................

Altri giovani italani sono comparsi nei giornali nazionali e anche locali.

Sono i protagonisti di un'indagine conoscitiva della commissione europea sul consumo di droga.

In un quadro generale continentale di aumento dell'utilizzo di sostanze tossiche, i giovani del nostro paese sono al primo posto per uso di cocaina.

A livello locale la Nuova Venezia di ieri parlava di un'indagine Asl nel retroterra veneziano da cui emerge un altro dato, già tristemente noto, l'elevato ma sarebbe il caso di dire, elevatissimo uso di alcol tra i minorenni sia ragazzi che ragazze.

I dati dell'unità sanitaria sono preoccupanti.

Anche qui giovani da aiutare, sostenere, motivare, indirizzare verso obiettivi meno pericolosi per se e per tutti.

venerdì 7 novembre 2008

I RIFIUTI 'ANTIRECESSIONE'

A Capannori (Lucca) il “porta a porta” è consolidato per 26 mila dei 45 mila cittadini, con oltre l’80% di differenziazione.

Dall’avvio del “porta a porta” c’è stata una riduzione dei rifiuti indifferenziati di oltre 10.000 tonnellate.

Grazie alla sola raccolta differenziata della carta nel 2007 si è risparmiato l’abbattimento di 100.000 alberi, il consumo di 2.85 milioni di litri di acqua, l’emissione di 9.100 tonnellate di CO2. Per un termine di paragone, 2.85 milioni di litri di acqua risparmiati equivalgono al risparmio idrico del consumo annuo di 31.647 cittadini.

Nel 2007 sono state raccolte 15.723 tonnellate di materiale differenziato. In Provincia di Lucca il costo medio di conferimento dell’indifferenziato è di 160 euro alla tonnellata. Se queste 15.723 tonnellate fossero finite nel circuito dei rifiuti indifferenziati sarebbero stati necessari 2.515.680 di euro per il loro smaltimento.

La spesa di conferimento agli impianti di riciclaggio delle 15.723 tonnellate è stata invece di 507.688 euro. Inoltre, va considerato che la carta è una risorsa. Infatti, dalla vendita delle 6.439 tonnellate di carta raccolta sono stati ricavati 340.010 euro: il risparmio è di 2.348.000 di euro.

Il “porta a porta” necessita di un numero più elevato di operatori. Dall’inizio di questa raccolta ad oggi ci sono state 30 nuove assunzioni.

Con i risparmi ottenuti dal non dover smaltire i rifiuti indifferenziati, oltre a coprire i costi delle nuove assunzioni, il Comune ha riconosciuto una riduzione della tariffa ai cittadini, pari al 20% sulla parte variabile."
A cura di Marco Boschini, www.comunivirtuosi.org



Adesso le buone pratiche nella gestione dei rifiuti diventano anche volano per lo sviluppo turistico del territorio capannorese.

Un’agenzia di viaggi di Brescia ha infatti promosso un Eco Tour con destinazione ‘Capannori e Toscana’: un ‘pacchetto’ di viaggio della durata di 3 giorni che prevede una visita guidata alla raccolta ‘porta a porta’ realizzata sul territorio e ai luoghi più caratteristici, oltre ad un pranzo in un agriturismo con prodotti Bio.
L’Eco Tour prevede inoltre una visita a Scandicci e a Firenze.

“Si tratta di una nuova e interessante opportunità per il nostro territorio – commenta l’assessore all’ambiente, Alessio Ciacci –. Per la prima volta infatti sono le buone pratiche realizzate dalla nostra amministrazione nel settore ambientale con il ‘porta a porta’ e l’adesione al progetto ‘Rifiuti Zero’ a richiamare turismo a Capannori. Un altro importante riconoscimento alla nostra politica ambientale. All’inizio del prossimo anno ospiteremo già il primo gruppo di turisti ecologisti”.

da: wwww.comune.capannori.lu.it.

giovedì 6 novembre 2008

A PROPOSITO DEI MEDIA : CHE HA FATTO OBAMA?

Obama ha vinto con Internet. Il web ha surclassato la tv. ..... l'universo della rete.. - ha celebrato - .. il successo del giovane candidato democratico come un passaggio fondamentale verso il suo futuro

Un futuro che non è solo fatto di informazione e contenuti mediatici, anche se colpisce il dato del 33% dei cittadini americani connessi on line, e non sintonizzati sulla tv, per conoscere i risultati elettorali (fonte Pew Research),ma soprattutto di partecipazione «dal basso».

Dalle decine di citizen-journalists accreditati alle conferenze stampa, alla rete di sostenitori armati di telecamere e pronti a segnalare eventuali scorrettezze ai seggi.

Obama, attento alle nuove tecnologie per connotazione generazionale, ha impostato gran parte della sua campagna elettorale puntando sulle attitudini del Web 2.0: da Facebook a MySpace, da Youtube ai videogame.
.......

Stando a Wired, la più influente rivista americana sulle nuove tecnologie, è proprio dai social network che possono arrivare le idee più efficaci per curare i mali della nostra società.

Un esempio? Proprio su Facebook è stata da poco inventata Carpool, un'applicazione che permette di trovare qualcuno che fa lo stesso percorso per andare al lavoro e con cui condividere l'auto.

Anche su questo Obama è già in corsa e, al primo punto del suo programma sulle nuove tecnologie scrive:

«Abbiamo bisogno di connettere i cittadini tra loro per impegnarli in modo più diretto nella soluzione dei problemi da affrontare.

Dobbiamo usare tutte le tecnologie per spalancare le porte del governo federale, creando un nuovo livello di trasparenza per cambiare il modo in cui le questioni vengono gestite a Washington e dare agli americani la possibilità di partecipare alle scelte governative». Come? Con il web.
Fonte: Unità di oggi

mercoledì 5 novembre 2008

SERVIZIO PUBBLICO E MANGANELLO MEDIATICO.

Il servizio pubblico dovrebbe essere un concetto ormai consolidato in una democrazia matura.
Laddove esso viene meno, dovrebbero scattare denunce, la gente si dovrebbe indignare, i giornali
riprendere la notizia, amplificarla, suscitare un’ondata emotiva di ribellione in modo che chi ha fatto il disservizio non ci provi più.

Al primo posto sempre e solamente l’interesse di tutti.

Dopo gli incidenti di venerdì scorso a Piazza Navona, a margine delle grandi manifestazioni degli studenti, una coraggiosa insegnante era andata ad una trasmissione serale della rete televisiva nazionale, la 7 , ed aveva denunciato le aggressioni di una banda di destra ai giovani studenti medi che stavano civilmente protestando.

Il giorno dopo sui giornali apparivano versioni diverse, a parte Curzio Maltese su Repubblica e poco altro. Dette versioni venivano riprese in parlamento da un rappresentante del governo che, pochi giorni dopo, parlava di uno scenario opposto rispetto a quanto detto dalla docente a Lilli Gruber.

Lunedì sera la rete televisiva n. 3 presentava delle immagini inequivocabili che documentavano l’esattezza della versione della docente.

La trasmissione ‘Chi l’ha visto?’ ha fatto un servizio pubblico. Ha dimostrato, immagini alla mano, l’oggettività dei fatti e smentito letture di parte dei fatti successi in quella piazza.

Questo lavoro di servizo pubblico non è stato digerito da dei gruppi di destra. L’altro notte una quarantina di persone ha dato l’assalto agli studi televisivi dove viene prodotta la trasmissione ’Chi l’ha visto’.

Incuranti delle telecamere fisse che li riprendevano sono riusciti ad entrare e a fare dei danni.

Squadrismo? Forse lo squadrismo vero era ben peggiore, ma viene il dubbio che qualcosa si stia muovendo in questo senso. E se non ci si cura delle telecamere che ti riprendono, cosa si deve pensare?

Una rete televisiva fa del servizio pubblico e cosa succede? I suoi studi vengono assaliti.
Dove siamo? Pare di essere in un’Italia che non conosciamo o che purtroppo dovremo sforzarci di immaginare, temere e combattere.

Gli squadristi fascisti avevano un’arma, passata tristemente alla storia: il manganello.

Dell’uso nei media televisivi di un simile strumento parla il giornalista Robecchi in un articolo di qualche giorno fa che riportiamo qui sotto. Ancora attualissimo permette di capire il ruolo di una tv che non fa servizio pubblico.

Che bisogno c'è di usare il manganello quando già si impugna un telegiornale?
E' innegabile che il trucchetto del capro espiatorio non solo funziona, ma si allarga a macchia d'olio.

E' passato appena un anno da quando i cattivi da eliminare erano i lavavetri di Firenze.
Dài e dài, come la goccia scava la roccia, la propaganda convinceva tutti che del declino di una città fossero responsabili quattro straccioni. Era un inizio in sordina.

Poi vennero gli zingari, gli stranieri in generale, i senza diritti, i senza garanzie.

Il sistema funziona così bene che ce lo troviamo oggi applicato ai lavoratori dell'Alitalia (per esempio), dipinti ogni giorno come vampiri della loro azienda, gente che fa il nababbo mentre tutto affonda, per cui si sente parlare di assistenti di volo e hostess come si parlasse di Briatore.

Se il capo del governo vede andare in crisi il suo truffaldino piano di «salvataggio», va trovato un colpevole: la Cgil, i lavoratori. Il manganello picchia lì.

Altro esempio, la polemica sui famosi «fannulloni», che ha partorito Brunetta e creato la sensazione diffusa che chiunque lavori per la pubblica amministrazione stia lì a rubare lo stipendio.

Lo stesso succederà tra breve, quando si tratterà di licenziare alcune decine di migliaia di maestre elementari. Si dirà che non sono all'altezza del compito (la Gelmini l'ha già detto), che costano e non producono.

Il manganello mediatico comincerà a lavorare sodo: sono troppe, lavorano quattro ore al giorno, il tempo pieno allontana i bimbi dalle famiglie, eccetera eccetera, finché un sondaggio decreterà che l'80% degli italiani non ne può più delle maestre!

E poi? E poi avanti un altro, la platea dei manganellandi è infinita.

La chiamano modernizzazione, e hanno ragione: prendere l'olio di ricino col telecomando è una bella comodità.
Dal Manifesto del 21.09.08

martedì 4 novembre 2008

LE IMMAGINI E IL CUORE DEL PROBLEMA

Le immagini escono dallo schermo e ti aggrediscono con la loro violenta immediatezza. Una donna corre in uno spazio nudo, disadorno, tra muri vecchi e stanze vuote.

Non ci sono voci, solo rumori e suoni: l’eco dei suoi passi, il respiro affannoso. La telecamera inquadra da troppo vicino il suo sguardo, il suo volto distrutto dall’angoscia, i suoi capelli in disordine. Il tutto ti aggredisce e ti lascia costernato.

Sullo schermo ora appaiono delle foto. Per lo più in bianco e nero.
Sono appese ai muri. Grandi foto di cadaveri. Parzialmente insanguinati. Riprese subito dopo l’esecuzione. Poi altre foto di uomini vivi. La memoria con un po’ di fatica li riconosce: Salvo Lima, Vito Ciancimino, altri meno noti. Parlano, sorridono. Altre si susseguono. Altri morti ammazzati. Il volto sconvolto di una vedova.

Ancora la donna: strappa le foto dai muri, si siede per terra, le lacera, le fa a pezzi. Il mare, il suo rumore, sempre uguale, la donna seduta sulla battigia, raccoglie quello che è rimasto delle foto, le mette in un secchio e vi dà fuoco. Abbandona il secchio ardente alla risacca.

Poi una barca con la donna al largo. Si spoglia, scavalca il bordo e si lascia cadere giù.



Il palcoscenico si illumina, vengono portate delle sedie. Delle persone vi prendono posto.


L’uomo finge di rispondere alla domanda. Racconta, racconta.

Parla di un paese, di una nazione che si distingue da tutte le altre per la sua specificità. Lui da vent’anni vive sotto scorta. Ha visto morire colleghi e conoscenti. Tutti coloro che hanno osato sfidare il mostro non ci sono più. Eliminati.

Parla di numeri. Tanti anni fa un padre di famiglia, lavorando, con la moglie che tirava avanti la casa manteneva i figli, li faceva studiare riuscendo a lasciar loro anche qualcosa in eredità.
Oggi ambedue i genitori lavorano, hanno un figlio magari anche laureato, privo di una prospettiva di futuro. Davanti a lui solo precarietà.
Altre cifre: negli anni sessanta, settanta un dirigente prendeva ogni mese quaranta volte la paga dell’operaio. Oggi quattrocento volte.

Maastricht: la comunità europea ha posto ai bilanci degli stati regole ferree. Non si possono più sottrarre facilmente come prima i soldi al settore pubblico. Quindi bisogna ricavarli dalla spesa sociale. Un magistrato riesce nel suo lavoro, fa condannare, prove alla mano, il malavitoso in tutti i gradi di giudizio. La politica gli trova un posto in Parlamento.

Fa nomi e cognomi. Dice che alle camere non possono sedere condannati o inquisiti. Un lungo applauso copre le sue parole.

Il mostro ha una definizione: rapporto tra mafia e politica. Un intreccio che nessun altro paese europeo conosce e deve pagare. Noi si.

Le minoranze, dice, hanno salvato l’Italia nel passato. Di una minoranza fu la guerra di liberazione. Una minoranza ha scritto la Costituzione, ultima trincea della nostra democrazia.

Luogo: Pordenone. Giornate dedicate alla conoscenza del fenomeno mafioso.
Venerdì 31.10.08. Cortometraggio di Letizia Battaglia. Il magistrato: Roberto Scarpinato, ha scritto con il giornalista Saverio Lodato: IL RITORNO DEL PRINCIPE

lunedì 3 novembre 2008

L'INVENZIONE DELLA 'MINACCIA' E I BISOGNI REALI

Lo aveva scritto dieci anni fa: gli immigrati sono "utili invasori". Il professor Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia dei processi migratori alla Statale di Milano, si gira in mano quel suo libro di allora e ripropone il medesimo concetto:

«Sono necessari, ma non benvenuti».

Perché, professore?

«Abbiamo voluto braccia e sono arrivate persone. Sono indispensabili, ne abbiamo disperatamente bisogno, ma resistiamo a riconoscere a loro cittadinanza sociale».

Cioè l’economia li domanda, ma la società li respinge?

“Guardi che è una mezza verità. L’immigrazione come fantasma inquietante e minaccioso è un’invenzione di chi cerca consenso per altri motivi. L’atteggiamento della gente è più pragmatico, flessibile e disponibile, soprattutto verso le immigrate. Sono le famiglie, in sostanza, ad alimentare l’immigrazione irregolare, se hanno problemi di assistenza agli anziani o ai bambini; e sono le famiglie, giustamente, a fare pressioni per le sanatorie”

E dal punto di vista dell’economia?
«Anche qui le questioni sono complesse. Il ricorso al lavoro dell’immigrato irregolare consente di tenere basso il costo del lavoro, e quindi di far restare in vita attività che altrimenti rischierebbero di scomparire, trascinando nel baratro anche lavoratori italiani. Poi c’è tutta quella domanda che chiamo di lavoro servizievole, cioè miriade di lavori debolmente qualificati, senza i quali la nostra società si fermerebbe».

Per esempio?

«Addetti alle pulizie, custodi, imbianchini, autisti, baby sitter, colf, lavanderie, camerieri, parrucchieri, mense, tavole calde, fast food, bar. Insomma quel proletariato dei servizi senza il quale la nostra economia va in stallo».

Ma sono lavoratori o la loro condizione è vicina a quella degli schiavi?

«No. Sono lavoratori con un livello di diritti inferiori ai nostri. Assomigliano ai meteci della democratica Atene, cioè lavoratori stranieri, tollerati perché utili, ma senza diritti politici. Godono della pensione e dell’assistenza sanitaria ma non hanno il diritto di vivere con la propria famiglia. Il ricongiungimento familiare è un diritto che tutte le Corti di giustizia hanno imposto ai Paesi occidentali. Il Governo italiano recentemente lo ha negato, come fanno i Paesi del Golfo. Il modello che stiamo adottando non è quello degli Stati Uniti o del Canada, ma quello dell’Arabia Saudita».

Senza immigrati che cosa accade?

«L’edilizia va in crisi oppure i costi sarebbero elevatissimi e il rispetto dei tempi impossibile. Le Olimpiadi di Torino non si sarebbero mai fatte, visto che al gioco dei subappalti hanno partecipato più di mille piccole imprese rumene. Le famiglie sarebbero in crisi senza badanti, gli ospedali avrebbero seri problemi. Ma nessuno ha il coraggio di riconoscerlo e anche nell’uso delle parole c’è una violenza simbolica contro gli immigrati».

In che senso?

«Prenda le badanti. Fanno molto di più che badare, fanno vera e propria assistenza, a volte anche medica. Eppure a noi piace solo l’immigrato che lavora duramente, senza osare chiedere maggiore qualificazione. Integrazione nella nostra società deve essere sinonimo di sottomissione. L’immigrato va bene dalle 8 alle 18. Poi deve sparire perché disturba, non lo vogliamo vedere al bar, non lo vogliamo nei parchi nel fine settimana. Ecco perché approviamo la creatività razzista dei sindaci sceriffi».

Si potrà superare questa situazione?
«Credo che un giorno gli immigrati presenteranno il conto …….. uno sciopero degli immigrati metterebbe in ginocchio il Paese».

Il diritto di voto potrebbe migliorare la situazione?

«Credo di sì. Al tempo dell’immigrazione dal Sud verso il Nord industriale si presentavano gli stessi problemi: sicurezza, ghetti, resistenze all’integrazione. Ma i "terroni" votavano e questo ha impedito ai sentimenti più cattivi dell’opinione pubblica di salire ai piani alti della politica. Se gli immigrati potessero votare si accrescerebbe il livello generale di civiltà nel dibattito su molti temi. Sarebbe un incentivo verso una integrazione più rispettosa della realtà dei fatti ed efficace».

Fonte: Famiglia Cristiana del 19.10.08

sabato 1 novembre 2008

RITORNO ALLA 'NORMALITA'

Sabato 1.11.08. Gli studenti praticamente scomparsi dalle prime pagine dei giornali e dei media televisivi.

Meglio 'rimuovere' freudianamente il tutto - strascichi di Piazza Navona e ripercussioni giudiziarie a Bologna a parte - e l'attenzione si sposta su un episodio accaduto mercoledì sera in uno stadio:

un tifoso ruba la sciarpa della Juventus ad un ragazzo che era allo stadio con il padre. Lui interviene in aiuto del figlio con il risultato di venir aggredito a colpi di pietra al volto.

Entra in coma.

Ieri pomeriggio il bollettino medico:
”Il paziente dal tardo pomeriggio di ieri è uscito dal coma. ... Attualmente è cosciente e respira spontaneamente”. Nelle prossime ore ... lascerà la rianimazione per essere trasferito nel reparto di Neurochirurgia dell’ospedale Maggiore."

Non è successo in uno stadio di una favela brasiliana dove la violenza è purtroppo la 'normalita', ma a Bologna, nel civilissimo settentrione del Belpaese.

Non basta.
Licio Gelli da lunedì sera torna in tv a dare lezioni di storia!!!


Fonte: Il Resto del Carlino del 31.10 '08