mercoledì 28 maggio 2008

SANGUE PAZZO

Ieri sera a Pordenone, nella sala Pasolini di Cinema Zero, M. T. Giordana ha presentato il suo ultimo film, proiettato in prima assoluta, fuori concorso, a Cannes una settimana fa.

Titolo dell’opera: ‘Sangue pazzo’ E’ un film girato in due versioni: una per il cinematografo, l’altra per la tv italiana. Parla della vicenda di una coppia di attori famosi durante il periodo fascista, Vicenti e Farida (Zingaretti e Bellucci) che vengono poi al momento della Liberazione fucilati dai partigiani.

Il regista ha voluto spiegare dettagliatamente le scelte fatte.
In primo luogo ha precisato che non ha voluto fare del ‘revisionismo storico’. Per lui non c’è nulla da ‘rivedere’. C’è soltanto il bisogno di riflettere il più oggettivamente possibile sul nostro passato per capirne la complessità.

Di questo passato fa parte la guerra civile che si svolse in Italia sul finire della seconda guerra mondiale.

Giordana definisce la guerra civile, guerra tra fratelli, guerra tra persone dello stesso sangue, come la peggiore delle guerre possibili, perché in queste ultime lo scopo finale e il raggiungimento dell’obiettivo ed il nemico è un ostacolo e non altro.

Nel conflitto civile, invece, il nemico è qualcosa di più: è qualcuno che hai conosciuto, che hai incontrato, che magari ti è stato amico.

La contesa allora si acuisce, diventa viscerale e terribile.

L’Italia ha attraversato tutto questo e non ha ancora chiuso con il suo passato.

Film come ‘Sangue pazzo’ hanno questa intenzione: quella di aiutare le nuove generazioni a conoscere ciò che è successo, presupposto indispensabile per comprenderne il valore storico e le vicende umane di chi vi è stato coinvolto.

Giordana distingue la sua posizione da quella di G. Pansa che con i suoi ultimi libri sembra in competizione ininterrotta con chi lo accusa di revisionismo.
“Tu mi accusi ed io ti scrivo un secondo libro” etc. senza vie d’uscita visibili.

Il regista racconta di essersi documentato con cura sui due personaggi e di aver verificato la loro ‘non partecipazione ad azioni contro i partigiani ed a torture su quelli imprigionati'.

E allora perché ‘giustiziarli’?
E’ il contesto della guerra civile che determina la loro condanna. Finito il conflitto era necessario ‘girar pagina’
E poiché i fratelli nemici erano tantissimi e la vita doveva riprendere, diventava necessario colpire solamente i ’simboli’ del passato regime e dei suoi misfatti.

Una scelta terribile in cui i confini tra il bene e il male sono quasi invisibili.

La coppia di attori conosciuti ed amati dal grande pubblico diventa allora ‘il simbolo’ di una ‘svolta’.
La loro eliminazione permette che tanti possano continuare a vivere nel paese che sta ripartendo.

A margine della presentazione Giordana ha dedicato uno spazio anche al rapporto tra il regime fascista ed il cinema spiegandone la politica:

Il Mussolini giornalista intuisce la potenza dello strumento cinema per generare consenso. Invia allora negli USA un collaboratore fidato con il compito di studiare le tecniche di produzione dell’industria cinematografica di quel paese.

Ne deriva una politica articolata in due branche: l’Istituto Luce per la
Propaganda ed il cinema di svago, più o meno il ruolo che ha la Tv oggi, per avere una non opposizione.

La gente faceva fatica a mangiare, ma al cinema poteva sognare e dimenticare la durezza del quotidiano.

Questo creava popolarità e consenso al regime.

Se ne originò una scuola di cinema che vide la partecipazione di giovani, che poi sarebbero diventati famosi: Rossellini, Antonioni ed altri.

Proprio questa ‘specificità italiana’ permise poi la nascita della grande stagione del neorealismo in cui alla qualità della tecnica di produzione si mescolarono i contenuti della vita e voglia di rinascita di una nazione.

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