venerdì 30 maggio 2008

IL CORAGGIO DI PAOLO

In un momento in cui tanta parte dei messaggi mediatici mette al primo posto in modo ossessivo il tema sicurezza con parole d’ordine tipo ‘pugno di ferro’ , ‘inflessibilità’ o simili, mentre qualcun altro incendia i campi rom, merita sicuramente attenzione una notizia apparsa nelle pagine locali del Corriere.

Rifacendosi ad un libro di Claudio Magris “L’infinito viaggiare”, un regista teatrale Paolo Sorrentino ha scritto una piece e la sta mettendo in scena alla spazio Mil a S. San Giovanni.

Il testo teatrale è costruito sulle vicende autobiografiche di bambini che vivono in contesti sociali difficili, tra povertà e pregiudizi.

Al centro della scena sta una narratrice in abito da sposa: un omaggio a Pippa Bacca, l’artista milanese uccisa in Turchia lo scorso aprile.

Tutt’intorno ci sono delle tende. Dentro a ciascuna tenda sta un ragazzo che racconta una storia che impone attenzione.

Il pubblico è chiamato a muoversi nello spazio, ad attraversarlo, ad entrare nelle tende.

Fin qui forse niente di sorprendente, ma ciò che va sottolineato è la scelta di un cast di attori del tutto insolito:

tra i 63 ragazzi che animano lo spettacolo ci sono gli alunni di due scuole di Vigevano, gli stranieri ospiti della Comunità Oklahoma e della Fondazione Aliante di Milano, gli adolescenti di un quartiere di case popolari di Abbiategrasso, un gruppo di diversamente abili dell’associazione AIAS di Vigevano e i giovani attori della Cooperativa Teatroincontro.

Paolo Sorrentino non si è però voluto fermare qui, ha deciso che, pur essendo rappresentate nel suo spettacolo le fasce sociali più deboli, non bastavano a rappresentare la realtà ed allora è andato in un campo nomadi alla periferia di Milano ed ha convinto alcuni giovani rom a partecipare alla rappresentazione.

“Per quattro mesi ho letto e discusso “L’infinito viaggiare” con questi ragazzi, commenta Sorrentino. «Durante i vari incontri ho raccolto la storia di un diversamente abile che dice di andare a Lourdes non per chiedere un miracolo, ma perché è convinto che la Madonna gli voglia bene.

Di una bambina rom di 8 anni che afferma di aver paura delle maestre “che hanno paura di me”.

Di un clandestino che dopo aver raccontato la storia del suo viaggio vuole conoscere l’attore che la reciterà, perché lui non potrà esibirsi.”

Nel piccolo di uno spettacolo teatrale di provincia si compie il miracolo di un’azione di integrazione sociale tra diversi che nel territorio della nostra nazione sembra impossibile. Viene negata ed ore ed ore di tg e talk show martellano sulla necessità di espellere, controllare, monitorare, reprimere.

Nell’attesa che qualche media decida di esprimersi in modo un po’ più misurato e critico impariamo dal coraggio dell’uomo di teatro che va controcorrente rendendo protagonisti emarginati e gente da emarginare e soprattutto dimostrando la possibilità di forme di comprensione reciproca e coesistenza.

Dal Corriere della Sera del 28.5.06

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