lunedì 26 maggio 2008

DA VERONA A ROMA?

L’ondata emotiva suscitata dall’aggressione naziskin di sabato scorso contro un negozio di bengalesi in un quartiere multietnico di Roma è oggi già scomparsa dalle prime pagine di giornali e tg e derubricata ad azione non politica ma solo xenofoba.

Come dire che non c’è molto da preoccuparsi se una banda di dieci ragazzi con i volti coperti, armati da mazze e spranghe, in pieno giorno in un quartiere pieno di vita e vitalità, assalta un negozio di pacifici immigrati, devastandolo e prendendo a botte i proprietari.

Lo sgomento che accompagna gli episodi che si susseguono in queste settimane di tarda primavera non sembra conoscere giornate di pausa.

Ma lo sconcerto non è solo per le azioni compiute , ma anche per il modo in cui vengono spiegate dai media. Grande clamore all’inizio e poi poco e nulla.
Ben diverso lo spazio dedicato ad un episodio singolo, caso Franzoni, che sembra non perdere mai di vigore mediatico benché la tragedia sia successa oramai diversi anni fa.

Eppure la disapprovazione che si prova per certe azioni di tipo squadristico dovrebbe esser oggetto di attenzione e analisi continua da parte di tg e giornali.

Proprio uno di questi ha pubblicato un paio di settimane fa un approfondimento sull’uccisione di Nicola Tommasoli il primo maggio a Verona.

Andrea, 21 anni studente di legge, dice orgoglioso del lavoro fatto : “Siamo di destra, ci piace l’ordine, la città pulita. Ma non siamo naziskin. Non ci importa nulla del nazismo, del fascismo, di Hitler, Mussolini.”

Lui è uno dei bravi ragazziche hanno ripulito il centro città da immigrati che cercano di vendere qualcosa e da giovani con look diversi dal loro:

cioè senza rayban, senza i giubbetti di pelle nera, i jeans firmati e i capelli corti.

Aggiunge: “Viviamo il nostro tempo. E ci siamo ripresi questa città. Fuori i frichettoni, gli immigrati e tutti i balordi

Di chi ha ucciso Nicola dice: ” E’ stato un incidente. Non volevano ucciderlo, solo dargli una lezione”

Nelle parole di Andrea si trovano quei concetti che sono centrali nell’analisi di A. Touraine, presentata qui sotto venerdì scorso:

la proiezione delle proprie ansie sul diverso e la sua disumanizzazione il toglierli il diritto, in quanto povero o rom o trasandato, di essere persona.

E’ in pratica il meccanismo culturale che permette poi di trovare il coraggio di aggredire in cinque o dieci una persona sola, indifesa, e di sprangarla, avendo come giustificazione un fine ritenuto ‘positivo’

Un pensare in un modo che apre all’azione violenta, che può portare anche alla morte del malcapitato e che non tiene in debita considerazione la spirale che ne può derivare.

E l’assalto al negozio bengalese di Roma sembra esserne la conferma.
Le dichiarazoni di Andrea da Repubblica del 17.5.08

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