martedì 20 maggio 2008

13 ANNI

Ha 13 anni, frequenta la terza media, studente di buona famiglia, al mattino regolarmente a scuola, poi a casa i compiti e, fatti questi, libero di andare in giro e vedere gli amici.

Luogo del ritrovo il parco dove non ci sono solo coetanei ma anche ragazzi delle superiori. In tutto sei sette persone.

Per il tredicenne far parte del gruppo è importantissimo e il diciassettenne che fa un po’ il capo se ne accorge ed inizia a porgli delle condizioni.

O porti qualche oggetto di valore o sono botte e anche il male estremo: l’allontanamento, l’esclusione dal gruppo.

Il giovane tiene troppo a questi ‘amici’ e prende dal portagioie di sua madre un anello che vale tremila E. consegnandolo al capoclan. Costui trova un negoziante di preziosi che gli dà 500 E.

Non passa molto tempo e la madre se ne accorge. Interrogato, il figlio prima nega, poi confessa tutto al padre ed in seguito ai carabinieri.

Ne esce un quadro di ricatti e di soggezione psicologica continua.

Il luogo dove si svolge tutto questo non è il Sud o la grande città ma il paese di Dolo, a due passi da qui.

Sempre qui vicino, stavolta a Musile di Piave un moldavo di 29 anni è stato salvato dai carabinieri, chiamati da un passante, dall’aggressione di quattro italiani che, stanchi di aspettare la restituzione di mille E., lo stavano pestando con un crick (ricovero urgente all’ospedale di Mestre) ed intanto si erano presi il suo orologio e cellulare.

Poco consola il fatto che i quattro siano solo residenti in loco ma di origine siciliana.

Talvolta capita di leggere notizie di episodi di bullismo o di azioni teppistiche e succede sovente di pensarle, sociologicamente, lontane dalla realtà in cui siamo abituati a vivere, collegandone il verificarsi a contesti facilmente immaginabili di degrado sociale, di problemi economici, di tensioni razziali e così via.

I due fatti riportati obbligano invece a rivedere un po’ queste abitudini perché non si tratta di una violenza che colpisce nostri connazionali o compaesani dall’esterno come ad esempio in occasione del delitto di Gorgo al Monticano di un anno fa.

Qui si tratta, nel primo episodio, di un disagio di vita che è presente tra ragazzini che hanno esistenze del tutto normali in contesti sociali in cui non c’è deprivazione di mezzi e, verrebbe da pensare, anche di rapporti interpersonali solidi.

E nel secondo caso di una violenza che vede l’immigrato come vittima di rapporti con italiani che hanno mezzi ben superiori ai suoi.

E’ difficile da accettare, ma il nostro tessuto sociale non pare impermeabile a ciò che succede in tante alte parti d’Italia.
Dal Corriere della Sera (Corriere del Veneto)del 14.5.08

Nessun commento:

Posta un commento