giovedì 29 maggio 2008

'INVASIONI BARBARICHE'

Riceviamo questo contributo il cui testo integrale sarà presto presente nel link "approfondimenti".

Gli zingari non sono 'molti, moltissimi', non dilagano, non ci
invadono.

Sono, in un Paese di circa 56 milioni di abitanti, 100/110.000 (circa il
due per mille della popolazione italiana...) di cui 70/80.000 cittadini italiani
e 20/30.000 cittadini stranieri
provenienti, per l'essenziale, da varie
parti dell'ex Jugoslavia.

Sono pochi, pochissimi quindi e non tendono a
concentrarsi in specifiche parti del territorio. Le loro scelte insediative
si basano piuttosto su strategie di dispersione territoriale
.

Quasi metà di questo piccolo popolo ha meno di 15 anni, meno del 3% supera i 60 anni.
Isolati nelle nostre periferie più degradate, gli zingari muoiono giovani.

I tassi di morbilità e di mortalità sono alti fra gli adulti, altissimi fra i
bambini
.

La scolarizzazione è bassa e irregolare, l'analfabetismo diretto o
di ritorno diffusissimo; la disoccupazione, generalizzata.

Nessun paragone è possibile con la struttura demografica, le condizioni di salute,
la scolarizzazione, l'inserimento al lavoro del resto della popolazione.

Sono arrivati nel nostro Paese in momenti diversi:
i sinti dal Nord, via terra, nei primi anni del Quattrocento;
i rom nell'Italia meridionale, via mare, provenienti dalle zone grecofone del morente Impero bizantino, nella seconda metà del Quattrocento;

gli harvati, dall'est, con le modifiche territoriali della prima guerra mondiale e (già allora!) con le tragedie che
la seconda guerra mondiale aveva creato in Slovenia, Croazia, Istria, Dalmazia.

Più recentemente, a partire dagli anni '60, la crisi economica
jugoslava ha prodotto una ripresa di movimenti dall'est verso l'Italia e,
infine, il precipitare della guerra, delle pulizie etniche e dei massacri un
arrivo massiccio a partire dal 1991.

Definirli 'nomadi' è sbagliato e fuorviante. Il nomadismo, con certe forme e
certe sue regole, è uno dei modi di essere delle comunità zingare
.

Sono numerosissimi invece - nel tempo storico e nello spazio geografico - i
gruppi semi sedentari o compiutamente sedentarizzati
, per esempio
nell'Italia centrale e meridionale, in Spagna, in Ungheria, in molte parti
dell'ex Jugoslavia, nell'impero bizantino e in quello ottomano, a Bassora (Sud Iraq)
sin dal VII secolo.

Meglio definirli ('nominarli', come dicevamo sopra)
zingari, come vuole una tradizione 'gagé' consolidata, o, meglio, con i
sostantivi Rom e Sinti, come si autodefiniscono, seguiti, volta per volta,
da un aggettivo specificativo (harvati, kalderas, xoraxané, abruzzesi,
eccetera).

Sono - in Italia come nel resto del mondo - un popolo, composto
di tante comunità distinte
. Ed è come tali che vanno riconosciuti, nominati,
individuandone le diversità specifiche, comunità per comunità, e i tratti
comuni.

Fonte: Carlo Cuomo -tratto da 'Il calendario del popolo'

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