martedì 4 novembre 2008

LE IMMAGINI E IL CUORE DEL PROBLEMA

Le immagini escono dallo schermo e ti aggrediscono con la loro violenta immediatezza. Una donna corre in uno spazio nudo, disadorno, tra muri vecchi e stanze vuote.

Non ci sono voci, solo rumori e suoni: l’eco dei suoi passi, il respiro affannoso. La telecamera inquadra da troppo vicino il suo sguardo, il suo volto distrutto dall’angoscia, i suoi capelli in disordine. Il tutto ti aggredisce e ti lascia costernato.

Sullo schermo ora appaiono delle foto. Per lo più in bianco e nero.
Sono appese ai muri. Grandi foto di cadaveri. Parzialmente insanguinati. Riprese subito dopo l’esecuzione. Poi altre foto di uomini vivi. La memoria con un po’ di fatica li riconosce: Salvo Lima, Vito Ciancimino, altri meno noti. Parlano, sorridono. Altre si susseguono. Altri morti ammazzati. Il volto sconvolto di una vedova.

Ancora la donna: strappa le foto dai muri, si siede per terra, le lacera, le fa a pezzi. Il mare, il suo rumore, sempre uguale, la donna seduta sulla battigia, raccoglie quello che è rimasto delle foto, le mette in un secchio e vi dà fuoco. Abbandona il secchio ardente alla risacca.

Poi una barca con la donna al largo. Si spoglia, scavalca il bordo e si lascia cadere giù.



Il palcoscenico si illumina, vengono portate delle sedie. Delle persone vi prendono posto.


L’uomo finge di rispondere alla domanda. Racconta, racconta.

Parla di un paese, di una nazione che si distingue da tutte le altre per la sua specificità. Lui da vent’anni vive sotto scorta. Ha visto morire colleghi e conoscenti. Tutti coloro che hanno osato sfidare il mostro non ci sono più. Eliminati.

Parla di numeri. Tanti anni fa un padre di famiglia, lavorando, con la moglie che tirava avanti la casa manteneva i figli, li faceva studiare riuscendo a lasciar loro anche qualcosa in eredità.
Oggi ambedue i genitori lavorano, hanno un figlio magari anche laureato, privo di una prospettiva di futuro. Davanti a lui solo precarietà.
Altre cifre: negli anni sessanta, settanta un dirigente prendeva ogni mese quaranta volte la paga dell’operaio. Oggi quattrocento volte.

Maastricht: la comunità europea ha posto ai bilanci degli stati regole ferree. Non si possono più sottrarre facilmente come prima i soldi al settore pubblico. Quindi bisogna ricavarli dalla spesa sociale. Un magistrato riesce nel suo lavoro, fa condannare, prove alla mano, il malavitoso in tutti i gradi di giudizio. La politica gli trova un posto in Parlamento.

Fa nomi e cognomi. Dice che alle camere non possono sedere condannati o inquisiti. Un lungo applauso copre le sue parole.

Il mostro ha una definizione: rapporto tra mafia e politica. Un intreccio che nessun altro paese europeo conosce e deve pagare. Noi si.

Le minoranze, dice, hanno salvato l’Italia nel passato. Di una minoranza fu la guerra di liberazione. Una minoranza ha scritto la Costituzione, ultima trincea della nostra democrazia.

Luogo: Pordenone. Giornate dedicate alla conoscenza del fenomeno mafioso.
Venerdì 31.10.08. Cortometraggio di Letizia Battaglia. Il magistrato: Roberto Scarpinato, ha scritto con il giornalista Saverio Lodato: IL RITORNO DEL PRINCIPE

Nessun commento:

Posta un commento