giovedì 14 febbraio 2008

TRE ROMENI A TORINO. RAID

È di ieri l'altro la notizia del raid a colpi di spranga contro tre inermi immigrati romeni nel quartiere torinese di Madonna di Campagna. Non è stato il primo raid scaturito dall'odio contro gli stranieri e di certo non sarà l'ultimo. Fin troppo facile biasimare l'intolleranza razziale sempre più diffusa nelle nostre società multietniche. Più interessante, forse, notare che a legare questi episodi non è tanto il contenuto di supposto odio razziale ma la forma. Ossia il raid.
Chi compie un raid lo può fare con l'intenzione di razziare, saccheggiare, rapinare, oppure la scorreria può anche limitarsi all'unico obiettivo di portare distruzione e morte nel campo avverso senza alcuna immediata contropartita che non sia il danneggiamento non definitivo e non risolutivo della vittima-bersaglio.
Il raid colpisce duramente nel cuore del campo avverso per poi però subito ritirarsene. La caratteristica essenziale del raid è che chi lo compie si muove in territorio nemico ma non mira a farne terreno proprio. Anzi, il nichilismo esorbitante insito nella forma del raid finisce con il trasformare in territorio nemico anche il proprio territorio. La violenza del raid alimenta un'inimicizia assoluta e infinita.
Da La Stampa del 13.2.08
( gb)

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