mercoledì 28 gennaio 2009

LA SHOAH ITALIANA

Il libro della Shoah italiana raccoglie le testimonianze di 105 sopravvissuti.

Gli ebrei popolani o sottoproletari di Roma, straccivendoli, venditori ambulanti, commercianti di biancheria, così come quelli borghesi o altoborghesi di Milano o Trieste, imprenditori, medici, professori universitari, albergatori.

Queste voci sono il risultato ultimo di una vicenda che, racconta Pezzetti l'autore, è durata decenni:

agli inizi degli anni Trenta gli ebrei in Italia erano 45mila, l’uno per mille della popolazione; nei lager ne fu deportato un quinto, novemila circa; ne tornarono qualche centinaio;

solo tra fine anni Ottanta e inizio anni Novanta la Fondazione Cdec (Centro di documentazione ebraica contemporanea) cominciò a raccogliere delle testimonianze audio;

ma solamente nel 1992, di fronte a un rigurgito neo-fascista e antisemita - scritte sui negozi del ghetto della capitale - i sopravvissuti cominciarono a manifestare, quasi cinquant’anni dopo, la disponibilità a rompere il silenzio per testimoniare;

così, dal primo colloquio con Rachele Levi, ebrea italiano-rodiota, effettuato il 15 giugno 1995, è cominciato un lavoro che ha toccato, con gli intervistati, tutti i luoghi topici della tragedia, Regina Coeli e San Vittore, la montagna da cui con i passeurs si tentava di fuggire in Svizzera e via Tasso, Auschwitz ma anche Israele.

Perché questo libro sia tremendo non c’è bisogno di spiegarlo.

Il suo apice - così come era nei campi - è nella descrizione del «lavoro» del Sonderkommando, qui per voce di Shlomo Venezia, ebreo di Salonicco, comandato al compito ventunenne, con altri 873 compagni di sventura.

Da pagina 218 a pagina 225 ecco il racconto in prima persona di chi aveva il compito di accompagnare alle camere a gas i candidati alla morte, - poteva capitare ci fosse tra loro il parente, l’amico

Poi la liberazione e il rientro. Il ritorno alla vita. E il problema di come parlare del passato.

E cosa i «salvati» si aspettassero dal futuro. Ci si affeziona a queste voci, ritrovandole da un capitolo all’altro. Si impara a capirne il carattere. Sono colte, come quelle di Luciana Nissim, compagna di prigionia di Primo Levi, e di Liliana Segre, oppure - per lo più - voci semplicissime di ebrei dei ghetti.

Ora, sessant’anni dopo, grazie al loro coraggio, alle loro testimonianze, e alla possibilità che esse ci danno - un po’ - di condividere, è come se loro, i reduci dall’inferno, e noi, vivessimo di nuovo in un mondo comune.

Tullia Fabiani: giornalista Unità

Libro: 'La shoah italiana' Einaudi Editore

Nessun commento:

Posta un commento