venerdì 27 febbraio 2009

PER NON IMBARBARIRE LA NOSTRA CONVIVENZA CIVILE

Appello contro il razzismo

Premessa

Esprimiamo pubblicamente il nostro allarme per quanto sta maturando sul piano istituzionale in riferimento alla marginalità, accompagnato da una crescente indifferenza della società civile, apparentemente dimentica della sua storia e della tradizionale disponibilità all’accoglienza.

Appena ieri migliaia e migliaia di nostri concittadini hanno vissuto in terra di emigrazione in Europa e oltreoceano una storia di rifiuto e di criminalizzazione analoga a quella che ora si abbatte sugli odierni immigrati che percorrono le nostre strade alla ricerca di più vivibili condizioni di vita:

i cognomi dei connazionali emigranti a partire da fine Ottocento sono gli stessi che ritroviamo oggi sulle guide telefoniche del Portogruarese, del Sandonatese, dell’Europa e del mondo.

A spingere lontani dalla patria i nostri nonni sono state le stesse motivazioni che oggi portano da noi i nuovi immigrati: la fame, l’ingiusta divisione delle risorse del pianeta, l’insicurezza sociale e politica.

Chi si esprime con “cattiveria”di fronte a questo nuovo ed antico volto del cosiddetto “diverso”, dimentica la storia e i principi basilari della convivenza civile.

Chi guarda a questi uomini, anche se forniti di regolare permesso, come a dei potenziali nemici, secondo la logica della provenienza geografica, chi teme la loro concorrenza nel lavoro, nei servizi sociali e nella sanità, ignora che si tratta di persone che, in quanto tali, hanno i nostri stessi diritti.

Puntualizziamo quanto segue:

Lavoro: gli immigrati sono una risorsa per la nostra economia e non un pericolo. Essi, oltre a produrre ricchezza per il nostro Paese, pagano tasse e contributi in quantità maggiore di quanto non viene loro restituito in termini di servizi, previdenza e stato sociale.

Clandestinità: preoccupa l’introduzione del reato di clandestinità, nei confronti di moltissimi esseri umani che approdano nel nostro paese e per i quali vanno attivate strategie di legale, civile soluzione, non preventivamente discriminatorie. Essere “clandestini “non è mai una scelta, ma una condizione di vita da cui si vorrebbe uscire nel rispetto di leggi ispirate al senso dell’umana dignità.

Sicurezza: esprimiamo condanna degli episodi di violenza, riferiti spesso, però, in modo enfatico e tendenzioso, trasformati da colpe personali in colpe collettive. La colpa è sempre personale, mai collettiva, cioè riferita superficialmente ad un intero popolo o etnia: è questo un principio cardine del diritto che, se non rispettato, apre inesorabilmente le porte al razzismo di cui c’è inquietante testimonianza nella storia trascorsa.

Ronde e similari: dall’insicurezza e dalla paura, spesso usate politicamente per aumentare il consenso elettorale, non si esce con le ronde alimentate da diversi colori, con l’uso ambiguo di volontari pagati privatamente o con l’impiego dell’esercito, ma con le forze dell’ordine istituzionali.

Salute: i medici sono chiamati a curare e non a denunciare gli ammalati, anche se stranieri e momentaneamente sprovvisti del permesso di soggiorno. A questo sono tenuti dal giuramento di Ippocrate e dall’articolo 32 della Costituzione.
Con la minaccia di denuncia si provoca la fuga dai presidi sanitari di cura e di prevenzione delle malattie infettive. Quest’ultime non conoscono le barriere del colore della pelle e della provenienza geografica e mettono in pericolo la salute di tutti.

Schedatura dei marginali: ci sgomenta l’intenzione di schedatura riferita a barboni, rom e sinti (compresi i bambini) spacciata come utile e salvifica, in realtà suscettibile di essere utilizzata, come è avvenuto di frequente nella storia, come strumento di discriminazione. Costoro rischiano di divenire utili capri espiatori su cui scaricare ben altre responsabilità.

Classi- ponte: neghiamo, sulla scorta della memoria storica che ha abolito ancora negli anni settanta del secolo scorso le scuole speciali, l’istituzione di luoghi separati per bambini stranieri. L’educazione anche linguistica si compie in un ambiente stimolante di accoglienza, attivando strategie didattiche di confronto tra parlanti coetanei, anche perché le diversità, calate in un ambiente culturale corretto, stimolano ed arricchiscono e favoriscono una reale integrazione.

Ricongiungimenti familiari, tassa sul permesso di soggiorno, permesso a punti, diritto di cittadinanza basato sullo ius soli e non, come attualmente, sullo ius sanguinis, diritto di voto, …: auspichiamo che su queste questioni e sulle altre sopra indicate riferite ai problemi cardine della convivenza civile, il nostro territorio trovi spazi di pubblico confronto.


APPELLO
Si chiede all’Amministrazione comunale di Portogruaro di accogliere questa nostra istanza, confermando scelte di inclusione e di uguaglianza fra tutte le persone presenti nel nostro territorio.

Chiediamo al Governo in carica di rivedere provvedimenti suscettibili di favorire discriminazione, odio razziale, disuguaglianza sociale e più insicurezza per tutti.


Proponenti: comitato per la pace di Portogruaro
Zeroguerre
Emergency
Associazione “Nessuno è straniero”
Sindacato C.G.I.L

1 commento:

  1. Ciao, siamo la redazione di Uniroma.tv.

    Dato il tema del tuo blog, forse può interessarti il nostro servizio "Papa Benedetto XVI dice NO alla convivenza",
    ne spiega le sue motivazioni e preoccupazioni rivolte alla famiglia odierna.

    http://www.uniroma.tv/?id=18968

    Ciao, a presto!

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