giovedì 2 aprile 2009

GIANCARLO

Giancarlo, laureato in lettere ha 26 anni e trova un'occupazione precaria presso una sede periferica di un giornale regionale.

Deve occuparsi di cronaca nera. Ha la faccia pulita, modi di fare gentili ma determinati, un corpo esile che contrasta con la risolutezza e forza di carattere.

Ha una ragazza ed un amico: insieme passano qualche bella giornata di tempo libero.

Il lavoro non manca, la quotidianità offre molto per chi deve scrivere di furti, rapine ed omicidi.

Lentamente il giovane, forse futuro giornalista, dal volto da adolescente inizia a rendersi conto che, dietro alla 'nera' di ogni giorno di cui parla, ci sono risvolti ben più inquietanti e difficili da decodificare.

Cerca di capirne di più, ma trova un muro di gomma, qualche mezza parola, segni e messaggi in codice gli fanno capire che con i suoi articoli chiari, lucidi e puliti
sta toccando interessi economici rilevanti nel territorio, in cui gli è capitato di operare.

In quel paesino del napoletano, Torre Annunziata, la malvita è la padrona riconosciuta della vita dei cittadini.

Giancarlo non ne sembra intimorito, capisce che è solo anche se un capitano dei carabinieri gli passa delle notizie ed un giornalista più anziano di un altro settore gli inizia a spiegare come funzionano i rapporti tra potere politico locale e criminalità.

Va avanti con le sue inchieste ed i suoi articoli diventano così scomodi che si trova improvvisamente, casualmente?, trasferito alla sede principale del giornale: Il Mattino di Napoli.

Là deve occuparsi di disoccupati e sindacati.

Fa bene il suo lavoro, ma continua in solitudine a seguire il filone d'inchiesta che
lo aveva affascinato a Torre Annunziata.

Lo chiamano a parlare nelle scuole, dove con candore rivela più o meno tutto quello che ha capito e riceve i primi 'avvertimenti'.

Poi un fatto inatteso lo porta a chiudere il cerchio della sua ricerca.

Ha materiale scottante tra le mani. Qualcuno lo viene a sapere e a 26 anni la sua giovane vita viene spenta a colpi di pistola. E' il 2 settembre 1985.

Il film finisce e nella sala gremita si avverte la commozione generale, i titoli scorrono lenti, nessuno si alza perchè dopo parleranno il regista e l'interprete principale.

Libero di Rienzo, l'attore, è timido e si schermisce, fa capire che è meglio intervistare Marco Risi, figlio dell'indimenticato Dino.

Marco svela particolari della preparazione: la difficoltà a girare alcune scene nei luoghi dove la camorra è regina, l'aiuto avuto dalla famiglia di G. Siani, la gratitudine della ragazza di Giancarlo che tramite il film 'FORTAPASC' ha visto rivivere il suo compagno e la sua lotta solitaria.

Ricorda Risi che nulla è cambiato laggiù dal 1985. Parla di R. Saviano e della vita da recluso che, a 30 anni, è costretto a condurre. Cita la serata che Rai 3, nel deserto e disastro dell'informazione in Italia, gli ha dedicato ed il successo che ha avuto.

Lo stesso favore di pubblico che sembra incontrare il suo film, non certo favorito dal ben più celebre 'Gomorra'.

Gli applausi sono frequenti, le domande sembrano non finire, finchè il conduttore a mezzanotte e passa non decide di augurare a tutti la buona notte, dopo che Risi ha ricordato al pubblico di Pordenone e di Cinema Zero, quanto siano fortunati i friulani a vivere in terre dove la malvita di Torre Annunziata e di tante altre zone del Paese, non c'è.

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