domenica 19 aprile 2009

CIRO UCCISO DAI FASCISTI 18.04.79

... Ed eravamo una comunità di giovani comunisti che viveva in una più ampia comunità di persone, a Torpignattara, in Certosa, alla Maranella, al Pigneto, dentro la quale ancora non si erano frantumati i rapporti ed i legami sociali.

I processi di diffusione dell’egoismo sociale covavano sotto la pelle ma non avevano preso, come sarebbe accaduto a partire dagli anni '80, il sopravvento.


E all’epoca si stava per strada e noi stavamo sulla piazzetta di via dei Savorgnan, insieme a quelli più grandi e si parlava e si ragionava e si raccontava (perché all’epoca c'erano tante cose da raccontare e c’era pure voglia di stare a sentire i racconti).

Erano gli anni di piombo, ogni giorno moriva qualcuno…..

Ma chi era Ciro? Mi concedete la licenza retorica di poter dire che
era un ragazzo che voleva riscattare una vita di minorità sociale e di disagio e che ci stava riuscendo grazie al suo meraviglioso carattere ed alla scoperta della bella politica?

Di quel gruppo di amici io ero il solo ad aver avuto l’opportunità di studiare.

Ma la cosa straordinaria è che dopo tanti anni molti di questi miei amici si sono iscritti alle superiori e da grandi hanno preso la maturità.

Ed è incredibile pensare che Ciro Principessa, un giovane con solo la terza media, sia morto ucciso dai fascisti per recuperare un libro che uno di loro aveva sottratto nella libreria che noi ragazzi avevamo attrezzato nella sezione.

Ciro e la Certosa erano la stessa cosa, e la Certosa era un paese nella città.
Erano i tempi in cui le microcittà esistevano per davvero ancora e non solo negli studi propedeutici al Piano Regolatore Generale.

Erano i tempi in cui Ciro, Ivano, Paolo, Celeste, Danilo mi raccontavano di quando avevano 13 anni e correvano a trovare il «regista» in una baracchetta della borgata degli angeli a due passi da Villa Certosa.

Ed i tempi in cui ancora speravamo ingenuamente in una Italia migliore, criticavamo quell’Italia d’allora ma non sapevamo di quella peggiore che ci sarebbe capitata negli anni a venire.

Ed ero solo quella notte in ospedale insieme alla sorella. Ero accanto a lui quando finì di vivere e in quegli ultimi istanti capì che aveva avvertito, mentre lo carezzavo, la mia presenza.
Nelle cose che ho fatto in seguito non c’è stato momento in cui non abbia pensato a lui.

L’Unità
18 aprile 2009

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