martedì 3 giugno 2008

DISAGIO

Mentre dall’ Onu e dal Vaticano arrivano segnali alle autorità italiane sull’allarme suscitato nelle sedi internazionali dai recenti provvedimenti antiimmigrati ed in particolare dalla norma sulla punibilità dell’immigrazione clandestina, giunge da Mestre una notizia che rimbalza sui quotidiani nazionali:

un’azione dimostrativa della lega Nord e di non ben specificati comitati di cittadini contro la costruzione di un campo nomadi nella terraferma veneziana.

Anche se la notizia si inquadra perfettamente nel clima culturale che si vive in questo momento nel Belpaese, resta comunque dell’imbarazzo a prenderne atto.

Avevano destato sensazione i roghi dei campi rom a Napoli. Ma l’orrore era, come dire, ‘distante’.

Non solo da un punto di vista geografico, ma anche economico-sociale. Il degrado delle periferie della città partenopea non è qualcosa che ha paragoni con il nostro territorio.

Lo stesso dicasi per il problema dei rifiuti.

Gente che fa parte di popolazioni che subiscono insulti quotidiani come la camorra, la monnezza, la disoccupazione non è certo legittimata ad azioni xenofobe, ma se da fuoco a dei campi nomadi vuoti, può venir in qualche modo ‘capita’ anche se non giustificata.

Ma qui a Mestre, dimostrare contro la costruzione di un campo affermando che la spesa toglie risorse agli indigenti locali, lascia di stucco.

Si può capire l’azione politica di chi la pensa in un modo diverso dal centro-sinistra al governo in città.

Ma questo modo di fare opposizione dovrebbe trovare appigli o spunti ben più solidi, che non mancano sicuramente nella terraferma veneziana:

basti pensare alla qualità dell’aria che si respira o alle prospettive per i giovani.

Invece viene contestata la costruzione di una struttura che ha lo scopo di dare uno spazio dignitoso a questi nomadi, di evitare che vadano a disturbare, con il loro sostare qua e là, la quotidianità delle persone.

Con l’assegnazione di uno spazio attrezzato si dà loro un segnale di disponibilità e di apertura che diventa un messaggio di comprensione reciproca, un invito ad una presenza sul territorio che sia compatibile con quella degli autoctoni.

Tutto ciò inoltre non impedisce alle autorità di fare controlli o verifiche e di intervenire in caso di reati.

Ma a chi organizza azioni come quella di Mestre evidentemente tutto questo non sembra interessare.

Pare importante per loro che questi rom non debbano essere presenti in città o nella periferia.

Viene da chiedersi: e dopo? Quando non ci saranno più i nomadi con chi se la prenderanno?

La caccia al diverso di Verona è là ad indicare il punto di non ritorno.

Il disagio culturale che si prova è grande e diventa prioritario cominciare a trovare il modo di rispondere a queste manifestazioni di intolleranza non giustificata che iniziano anche qui.

Nessun commento:

Posta un commento